Interprete che sa bene dosare le sue doti naturali e tecniche, Maria Roveran è una delle attrici della sua generazione considerata tra le più poliedriche, e in pochi anni è riuscita a passare con disinvoltura dal cinema al teatro alla musica dimostrando una propensione forte per le forme artistiche, che si uniscono a una passione sempre più coinvolgente. L’amore per il suo mestiere e per la vita la porta a incuriosirsi continuamente, e a confronti vivi e concreti, armi sicuramente importanti per proseguire nella carriera. E’ già stata co-protagonista di film e commedie di rilievo, e l’intenzione è quella di continuare un percorso che è già ricco di soddisfazioni, al quale dedicarsi con impegno sempre più profuso. Maria Roveran viene dalla provincia di Venezia, e ogni tanto ritorna in quella terra a ritemprarsi, per ripartire con slancio. L’abbiamo intervistata.
Hai cominciato con il cinema, con “Piccola patria” di Alessandro Rossetto. Ma in quegli anni avevi già iniziato a fare teatro con Matteo Tarasco, Vito Mancusi, Eleonora Pippo, Alessandra Panelli. Com’è cambiata la tua vita di ragazza che dalla provincia veneta si è trovata a lavorare nell’ambiente dello spettacolo?
Venire dal mio paese veneziano, Favaro Veneto, non è stato certo un ostacolo, semmai proprio quello assieme ai valori provenienti dalla mia famiglia hanno contribuito a farmi tenere saldamente i piedi per terra, ad avere della concretezza. Ma anche allo stesso tempo ad avere la testa libera, che vuol dire immaginare e sognare. Da parte mia ho affrontato quest’inizio, l’avvicinamento a quest’ambiente, con curiosità e sicuramente tanta emozione.
Ti sei formata al Centro Sperimentale di Cinematografia.
Avevo bisogno di andarmene via da casa, e ho fatto un provino in modo rocambolesco, anche se non sapevo nulla di queste cose. Ma ho sentito l’esigenza di comunicare col mio corpo, la mia voce. Dal Centro Sperimentale ho iniziato una ricerca che dura anche ora, che mi porta a fare moltissime cose, incontrando tantissima gente, e di questo sono grata alla vita, anche se adesso la situazione è questa e ci limita tutti.
Il mondo del cinema come ti è sembrato, e come lo vedi ora, dopo qualche anno e diverse esperienze?
L’ambiente cinematografico è fatto di tante cose, lustrini, stranezze ma anche responsabilità, impegno e molta dedizione. I set cinematografici secondo me accolgono un po’ tutti, perché le difficoltà spesso mettono tutti sullo stesso piano, anche quando lo stress e la fatica si sentono. Io personalmente ho imparato tante cose, come ad esempio mettere se stessi completamente, dare il meglio se l’obiettivo è comune, ed è quello di dare alla luce qualcosa di valore, di qualità. Anche se si litiga, quei litigi possono in questo caso fare solo bene. Non dimentichiamo poi che spesso si incrociano personalità diverse, che alimentano energia. E il set, il cinema, vive alimentandosi di questo.
L’emozione iniziale la si supera o c’è sempre, ogni volta?
Lo direi al plurale, le emozioni. Quelle che provo allo stato attuale, pensando ai festival o al pubblico ogni volta che lo incontro, sono sempre fortissime, e penso sia molto bello provarle. E’ uno stato che c’è sempre, sicuramente.
Finora sia al cinema che a teatro hai sempre interpretato personaggi drammatici. Un ruolo comico, brillante o di altro tipo ti piacerebbe interpretarlo?
Mi piacerebbe davvero poter fare un ruolo d’azione, anche perché mi alleno molto e di continuo nella mia quotidianità. E certamente anche un ruolo brillante perché sono una persona scanzonata e con una certa follia, e sul grande schermo soprattutto si è vista poco questa mia caratteristica.
Nonostante il tuo percorso che si sta rivelando interessante su più fronti, non hai avuto il famoso “sacro fuoco della passione” per iniziare. Ma sei arrivata a recitare anche in una produzione importante come quella della ripresa de “L’opera da tre soldi” di Brecht, con la regia di Damiano Michieletto, nei panni di Polly Peachum. Uno spettacolo davvero imponente con un cast molto importante.
Forse è proprio il fatto di non aver avuto una passione per lo spettacolo a rendermi “particolare” sotto i riflettori o dietro le quinte, infatti la mia vita sembrava fino a un certo punto, come hai detto, dovesse portarmi in altre direzioni. Il mio percorso è nato dalla voglia di contatto umano e dal desiderio di socialità e di espressione che stavo maturando, in un momento confuso della mia vita.
E quell’esperienza col Piccolo Teatro come l’hai vissuta?
E’ stata interessantissima, davvero mozzafiato. Recitare accanto a Peppe Servillo, Rossy De Palma, oltre agli altri colleghi di questa importante produzione, in uno spettacolo grandioso come era “L’opera da tre soldi” è stato bellissimo, che mi ha arricchito sia a livello professionale che umano, nonché musicale. Spero proprio di avere un’altra occasione di lavoro in un progetto simile, sarebbe meraviglioso.
A proposito di musica, sappiamo che hai anche realizzato un album nel 2014 come cantautrice, “Alle profonde origine delle rughe profonde”. Pensi di registrarne prima o poi un secondo?
Sì, prestissimo. In questo periodo di isolamento sto infatti lavorando anche alla mia musica. Con i miei collaboratori stiamo scaldando i motori, e quanto prima lavoreremo anche alla realizzazione di una serie di concerti dal vivo, appena usciremo da questa situazione. Abbiamo appena pubblicato su Instagram TV un video, “Eco”, che di fatto è un incipit dei miei prossimi lavori.
Il tuo aspetto è da perenne ragazzina. Fra un po’ di anni come sarai secondo te?
Pochi giorni fa mi hanno dato sedici anni, diciamo che fra altri dieci spero almeno di dimostrarne ventisei. Si fa per ridere, naturalmente. Per tutto il resto chissà, spero di riuscire sempre a fare con passione quello che amo e che sto facendo ora, questo è sicuro.
Francesco Bettin