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Incontro con Gigi Proietti a cura di Alma Daddario

Gigi Proietti Gigi Proietti

Gigi Proietti si è cimentato per la prima volta quest'estate nel suggestivo e ambito scenario archeologico delle Terme di Caracalla, gestito dal Teatro dell'Opera di Roma, un sito che solitamente ospita lirica e spettacoli di danza, in un recital di pezzi di repertorio, classici e parodie storiche, richiamando il consueto pienone del pubblico di affezionati provenienti da tutt'Italia. "L'idea di partenza – ha affermato a questo proposito l'artista – era quella di riportare questo complesso monumentale alle sue funzioni originarie, che non erano solo quelle di sito termale, ma anche di luogo di incontro, discussione, lettura e spettacolo". Lo abbiamo incontrato durante una pausa del recital.

Dato il pienone, malgrado la crisi, c'è da chiedersi come mai la gente abbia ancora voglia di teatro. E ci sono tanti giovani tra il pubblico.

E' vero la gente ha bisogno di teatralità, soprattutto nei periodi più neri, e questo dai tempi di Aristofane. E i giovani si interessano: vorrebbero partecipare attivamente. Me ne accorgo anche dall'esperienza del Globe, che dirigo da nove anni. Nessuno avrebbe scommesso sul successo di questa iniziativa all'inizio. Io stesso ne sono rimasto stupito, ma la scelta di Shakespeare ha pagato: la mia raccomandazione ai registi è quella di rispettare al massimo la struttura drammaturgica dei drammi originali.

Nel 1978 ha fondato e diretto il "Laboratorio di esercitazioni sceniche", esperienza durata più di 15 anni, conclusasi per mancanza di sostegni istituzionali. Aprirebbe adesso un'altra scuola?

Mi piacerebbe tanto riaprire un laboratorio teatrale, ma vorrei che fosse una scuola aperta a tutti, e non solo a chi abbia disponibilità economica. Vorrei che fosse come una scuola statale, con borse di studio per gli allievi più meritevoli, perchè tutti dovrebbero avere la possibilità di studiare anche i mestieri dell'arte. Il problema è che in Italia manca una legge, e un punto di riferimento che stabilisca i rapporti tra istituzioni e teatro, oggi più che mai. E confermo che dalla mia esperienza i giovani sentono il bisogno della teatralità. Malgrado la mia scuola sia chiusa oramai da sedici anni, riceviamo ancora richieste di informazioni da gente che vorrebbe iscriversi.

Come spiega il motivo di tanto successo?

Nella formula: era una scuola che metteva a disposizione l'esperienza di grandi attori, che si confrontavano con gli studenti.

In molti Paesi europei le istituzioni promuovono la formazione teatrale anche nelle scuole. Come è possibile che da noi, pur essendo considerati un Paese "culla della civiltà", questo non accada?

Gli italiani sono i primi denigratori di se stessi. Non sanno valorizzare i loro beni e il loro patrimonio culturale e artistico, figuriamoci quello teatrale. In paesi come la Gran Bretagna c'è grande considerazione e rispetto per il teatro, che viene insegnato anche nelle scuole dell'obbligo. E questo genera cultura, consapevolezza, rispetto, utili per la crescita di un individuo che sia libero di pensare e agire, e ribadisco, responsabilizzato. Gli insegnanti hanno il dovere di spiegarlo ai giovani: per diventare grandi attori, ma anche grandi manager, uomini politici, dirigenti, operai o qualunque altra cosa, bisogna impegnarsi seriamente, e non pensare a scorciatoie facili.

Fra cinema, teatro, televisione: quale di questi mezzi trova più vicino alle sue corde in questo periodo della sua vita?

Il teatro è sempre il mio mare: me lo gestisco in tutti i sensi, come attore, regista, direttore artistico. E' qualcosa che malgrado gli anni che passano e l'esperienza, mi da sempre una grande emozione. La sera della prima di uno spettacolo, sia come interprete che come regista, mi crea sempre uno stato d'animo di tensione. Ci vuole forza, e coraggio: non è un'impresa semplice fare teatro.

Cosa ne pensa della situazione italiana attuale, sia in campo artistico che politico?

La situazione attuale riflette una triste cosa, che noi italiani purtroppo non ci amiamo, come ho detto prima, e questo è il risultato: il disfacimento di tutto. L'amore comporta rispetto, e se ci si rispetta questo si riflette in quello che produciamo in tutti i campi. Parlo del rispetto per l'individuo, ma anche per l'arte e per la nostra storia. Il mio augurio è che questo stato di cose cambi. Per quello che riguarda la politica...lasciamo stare.

Ultima modifica il Giovedì, 21 Marzo 2013 15:53
La Redazione

Questo articolo è stato scritto da uno dei collaboratori di Sipario.it. Se hai suggerimenti o commenti scrivi a comunicazione@sipario.it.

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