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Mercoledì, 09 Ottobre 2013
Pubblicato in Locandine

CLOTURE DE L'AMOUR

L’autore e regista Pascal Rambert è un protagonista di spicco della scena francese dagli anni ’80. Con la pièce Clôture de l’amour, che ha debuttato al Festival di Avignone nel 2011, ha vinto in Francia il premio della critica 2012 per la “Miglior creazione di un testo teatrale in lingua francese” e il Gran premio della drammaturgia 2012. Lo spettacolo è stato tradotto e rappresentato in tutto il mondo. Dopo essere stato rappresentato nella sua versione originale francese a Modena, nell’ambito del Festival Vie, edizione 2012, Rambert dirige in questa occasione due attori italiani, Luca Lazzareschi e Tamara Balducci. Direttore del parigino Théâtre de Gennevilliers, esploratore curioso del mondo, Rambert prosegue con Clôture de l’amour la sua personalissima indagine scenica. In una grande stanza bianca, una donna e un uomo si parlano attraverso due lunghi monologhi - che non arriveranno mai a farsi dialogo - interrogandosi sulle ragioni della fine della loro storia d’amore. Il flusso ininterrotto di parole, le domande-risposte che si scatenano e la respirazione bloccata creano una sorta di maratona tra paura e liberazione: è proprio lì, nel mezzo del momento doloroso, che Pascal Rambert ci porta, senza temere di disturbare, di creare dubbio, di immergerci nei meandri di una storia che porta inesorabilmente alla rottura.

Mercoledì, 09 Ottobre 2013
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IL RITORNO A CASA

Sin da quando ho visto la prima londinese, quasi 50 anni fa, ho desiderato mettere in scena Il ritorno a casa. È forse il lavoro più cupo di Pinter, che tratta dei profondi pericoli insiti nelle relazioni umane e soprattutto nel rapporto precario tra i sessi. La giungla nella quale si combatte è, naturalmente, la famiglia. I comportamenti formali, più o meno stabili, si tramutano in aggressività fatale e violenza sessuale quando uno dei fratelli con la sua nuova moglie ritorna dall’America. Tutte le ossessioni sessuali maschili in questa famiglia di serpenti si proiettano sull’unica donna presente. Nelle fantasie degli uomini, e nel loro comportamento, viene trasformata in puttana e non le rimane che la possibilità della vendetta, assumendo quel ruolo e soddisfacendo la loro bramosia più del previsto. Come sempre nei finali di Pinter tutto rimane aperto. L’immagine finale mostra la donna imponente, con gli uomini frignanti e anelanti ai suoi piedi e nessuno sulla scena e nell’uditorio saprà quello che può accadere. È un lavoro esclusivamente per attori. L’iniziativa di questo allestimento è partita dai membri del cast de I Demoni, che era abituato ad un lavoro di stretta interazione. Speriamo, quindi, con il nostro lavoro di poter essere all’altezza dell’opera.
Peter Stein

Mercoledì, 09 Ottobre 2013
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L'AMORE E' UN CANE BLU

In un paese dove la passione è scomparsa ovunque, nei legami sentimentali come in quelli con la propria comunità (un tempo chiamavasi politica). Dove il caos regna principesco sia nei rapporti economici che in quelli affettivi: un uomo si perde. Si perde in una notte assolutamente e terribilmente magica sull’altopiano del Carso. Una terra che non conosce anche se c‘era nato a poco più di 300 metri. Tra grotte, fiumi sotterranei, rovi e pietre questo sarà per lui l’unico luogo dove ormai vivono ancora le fiabe degli amanti perduti e delle passioni tradite. Questo spettacolo è un diario, un disegno, diventerà un film, per ora un concerto visionario popolare lirico e umoristico. Narra di un tragico smarrimento e di una comica rinascita.
“Io sono un uomo che non deve chiedere più… anche perché da un po’ di tempo mi dicono sempre di no” (aforisma dell’autore). Paolo Rossi

Mercoledì, 09 Ottobre 2013
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LA GRANDE MAGIA

Continuando il lavoro di approfondimento sulla drammaturgia di Eduardo del primo dopoguerra, la Compagnia di Teatro di Luca De Filippo propone La Grande Magia, commedia tra le meno rappresentate del grande drammaturgo napoletano, messa in scena solo dallo stesso Eduardo con la sua compagnia e poi da Giorgio Strehler con il Piccolo Teatro di Milano dal 1985 in poi. A chi gli chiedeva cosa avesse voluto dire con La Grande Magia, Eduardo rispondeva che aveva voluto esprimere che “la vita è un gioco, e questo gioco ha bisogno di essere sorretto dall’illusione, la quale a sua volta deve essere alimentata dalla fede… Ogni destino è legato ad altri destini in un gran gioco eterno del quale non ci è dato scorgere se non particolari irrilevanti” (“Il Dramma”, marzo 1950). Il tema sostanziale de La Grande Magia è il rapporto tra realtà, vita e illusione: il Professor Otto Marvuglia fa “sparire” durante uno spettacolo di magia la moglie di Calogero Di Spelta per consentirle di fuggire con l’amante, e fa poi credere al marito che potrà ritrovarla solo se aprirà con totale fiducia nella fedeltà di lei la scatola in cui sostiene sia rinchiusa.

Mercoledì, 09 Ottobre 2013
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THE END

Oggi la morte non esiste. Non se ne parla. Non la si affronta, né la si nomina. È un tabù. La morte viene occultata, nascosta. La consideriamo come qualcosa che non fa parte della vita.
Non basta sapere che la vita ha un ciclo, che i propri genitori invecchiano, che ammalarsi è possibile. La morte rimane tale. Uno spettro scuro di cui abbiamo infinitamente paura. In modo estremamente tragico. In modo estremamente comico. Invecchiare come ammalarsi non è consentito. Il mito dell‘eterna giovinezza dilaga. Ci stiamo trasformando in un mondo di Dorian Gray. Vecchi e malati vivono separati dal resto della popolazione. Anche i morti per definizione vivono separati dai vivi. Il modo in cui viene affrontata e trattata la morte oggi è profondamente bruciante e carico di contraddizioni. È una combustione lenta e sotterranea, forse per questo più dolorosa e non cicatrizzabile. Ogni tanto riesce a zampillare all’esterno prima di tornare a scorrere sotto traccia. Coperta da una cenere che non è mai in grado di spegnerla. Ma che si ostina a relegarla nell‘alveo di un individualismo che nega una sua elaborazione collettiva.

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