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"Wish List" di Katherine Soper al Royal Court Theatre, London. -di Beatrice Tavecchio

Erin Doherty in Tamsin Carmody e Joseph Quinn in Dean Carmody in "Wish List". Foto Jonathan Keenan Erin Doherty in Tamsin Carmody e Joseph Quinn in Dean Carmody in "Wish List". Foto Jonathan Keenan

Wish List di Katherine Soper
Regia di Matthew Xia, scenografie di Ana Inés Jabares Pita. Royal Court Theatre, London, 10 gennaio- 11 febbraio 2017

Il Royal Court Theatre di Londra, è il teatro sperimentale per eccellenza, quello che negli anni cinquanta ha prodotto lavori e lanciato drammaturghi poi di fama internazionale, come Arnord Wesker, John Osborne, Samuel Beckett, e poi Ann Jellicoe, Howard Brenton, David Hare, seguiti da Caryl Churchill, Athol Fugard, Mark Ravenhill, Simon Stephens e che per primo ha messo in scena i difficili lavori di Sarah Kane, una delle scrittrici più provocanti sui temi della società contemporanea. Un teatro che non ha paura di prender rischi o di offendere sia il pubblico che le istituzioni dicendo quello che è sentito come vero. Un teatro che si definisce 'teatro d'autore...Attraverso i drammaturghi, il Royal Court è all'avanguardia nel creare un teatro vivace, allertante, provocatorio su quello che succede adesso, in questo momento'.
Bene, ora c'è una nuova autrice Katherine Soper, giovanissima, che nel 2015 ha vinto con Wish List The Bruntwood Prize for Playwriting, la più grande competizione europea per giovani drammaturghi. Per inciso il 5 giugno 1917 è la data finale per The Bruntwood Prize for Playwriting 2017 aperta a tutti gli aspiranti scrittori dai sedici anni in su. Informazioni ed aiuto su writeaplay.co.uk
Il lavoro è stato rappresentato al Royal Exchange Theatre di Manchester dal 24 settembre 2016 ed è ora al Royal Court al Jerwood Theatre Upstairs, un teatro in soffitta, con poco più di cento posti su panchetti tutt'intorno a uno spazio rettangolare. Scomodi, ma il pubblico ha seguito senza cedimenti, ipnotizzato, la rappresentazione di meno di due ore, senza intervallo. La scrittura di Wish List (La lista dei desideri) è sobria, compatta, in un inglese colloquiale. I temi sono quelli che si incontrano per esserne direttamente coinvolti o per sentirli dibattuti dai media, dai conoscenti, dai politici. Temi che stanno venendo a galla nell'Inghilterra post Brexit ma che in realtà erano presenti ancor prima del referendum: ulteriori tagli alla spesa pubblica, in particolare al sistema sanitario ed ai finanziamenti per l'assistenza sociale, la volontà del governo di ridurre il numero di persone a carico dello stato, inclusi i disabili, il problema della mancanza di provvigioni per i malati di mente, la penuria di lavoro per i giovani. Temi difficili da rappresentare e non certo di puro intrattenimento. Katherine Sober lo fa rappresentando un fratello, Dean, l'attore Joseph Quinn, con problemi mentali ed una sorella, Tamsin, l'intensa e bravissima Erin Doherty, che lottano per sopravvivere in questa società. Tamsin trova lavoro in un centro d'imballaggio, dove deve imballare almeno quattrocento scatole all'ora. Siamo alla catena di montaggio di Chaplin o di Fo, ma trattata diversamente. L'accento è sulle false promesse, sui questionari che pretendono auto confessioni e ripensamenti su come migliorare la propria efficienza lavorativa, sul falso aiuto che copre malamente i raggiri del padrone per ottenere i suoi fini. Allo stesso tempo, Tamsin si occupa del fratello che ossessivamente si mette il gel e si taglia i capelli, che si auto lesiona, che ha bisogno di lei per vestirsi, per mangiare e per tutto. I servizi sociali gli tagliano le sovvenzioni, perché non è fisicamente disabile. Tamsin che aveva trovato un po' di sollievo nell'amicizia di un giovane, Luke, l'attore Shaquille Ali-Yebuah ottimo nel suo ruolo, rinuncia a lui per restare vicino al fratello. In questa saga il sentimento prevalente è quello di compassione della sorella verso il fratello, di estrema delicatezza nei suoi confronti. Di disperazione contenuta, di volontà di non soccombere, di sogni, anche se spezzati, di pura amicizia. Momenti positivi scanditi da risa e da canzoni, dal condividere una sigaretta in due o un kitkat, dal regalo di una candelina. Una delicatezza di sentimenti squisita in un dramma che però non accetta compromessi con la realtà. La fine è sobria e non cede a facili vie d'uscita. Infatti rimane solo il coraggioso, caparbio perseverare nella lotta della vita.
Con questo lavoro, così intricato da poter essere paragonato ad una musica dove vari filoni si intrecciano, senza mai obliterarsi, nel creare una melodia, Katherine Sober ci dà un dramma estremamente ben scritto, fluido, dove tragedia e commedia convivono, la cui umanità soffusa di sofferenza e di coraggio non copre la verità del messaggio.

Ultima modifica il Venerdì, 20 Gennaio 2017 09:15

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