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Della passione del teatro - Luca Micheletti, l'eredità e la realtà de I Guitti, Molière e Ibsen di Nicola Arrigoni

Claudia Scaravonati e Luca Micheletti in "Tartufo", I guitti. Foto E. Mereghetti Claudia Scaravonati e Luca Micheletti in "Tartufo", I guitti. Foto E. Mereghetti

Della passione del teatro
Luca Micheletti, l'eredità e la realtà de I Guitti, Molière e Ibsen
di Nicola Arrigoni

Una storia lunga oltre un secolo, l'eredità di un mondo teatrale che affonda le sue radici nelle grandi famiglie di capocomici e nel teatro dei Carri di Tespi. Storia e presente sono un tutt'uno per la compagnia I Guitti della famiglia Micheletti, gruppo rinato a metà degli anni Settanta del secolo scorso, guidato da Adolfo Micheletti, gruppo che ora trova nuova spinta creativa e voglia di essere grazie alla vulcanica creatività di Luca Micheletti. «Il nucleo della compagnia è formato da una 'famiglia d'arte' del Teatro girovago italiano: Micheletti-Zampieri, una delle pochissime superstiti, che è in arte dall'Ottocento, da quando cioè, nel 1888, inizia la 'dinastia comica' Giuseppe Zampieri, consolidata poi da Pietro Luigi Micheletti e Lina Zampieri, genitori di mio papà Adolfo Micheletti – spiega Luca Micheletti -. Dopo qualche decennio di stanca la compagnia viene poi rifondata nel 1975 dai miei genitori Adolfo Micheletti e Nadia Buizza col proposito di recuperare l'antica tradizione 'guitta' alla luce della nuova temperie sperimentale degli anni '70: Nel corso del tempo ha proposto una peculiare reinterpretazione dei classici. Ad Adolfo, direttore della compagnia e capocomico, si sono affiancati negli anni anche il fratello Luciano, la madre Lina Zampieri, gli zii Luciana, Armando e Aldo Zampieri e, infine io e i miei fratelli Marco, io e Stefano».

PEER GYNT di Micheletti - dalle prove - ph. L. Condorelli

Parlare di teatro per Luca Micheletti (Ubu come miglior attore non professionista nel 2011 per La resistibile ascesa di Arturo Ui) è come parlare di casa. Oggi il giovane Micheletti sta lavorando per rilanciarne l'immagine e l'estetica, tendendo forte l'attenzione ai grandi testi, ma guardando anche alla formazione e intessendo importanti collaborazioni produttive come quella con il Franco Parenti di Milano partner nell'ambizioso progetto del Peer Gynt e il Centro Teatrale Bresciano, per cui l'attore di Travagliato ha realizzato La metamorfosi da Kafka e Mephisto di Klaus Mann. «Dinastie capocomicali oggi in Italia si contano sulle punta delle dita di una mano – racconta Luca Micheletti -. E' un mondo perduto, impensabile oggi, nella sua storia più simile alle vicende della grandi famiglie circensi che al teatro come lo intendiamo oggi. Forte di questa tradizione non senza un suo fascino, I guitti proseguono la loro strada per questo ho voluto fortemente la messinscena del Tartufo di Molière in cui mio padre, mia madre io e i mie fratelli torneremo a recitare tutti insieme».
Attenzione ai grandi testi della tradizione ma con un piglio registico contemporaneo e con la consapevolezza che l'autarchia teatrale ha poco futuro e che è indispensabile inserirsi con professionalità nel sistema teatrale italiano, ma con in più una storia importante alle spalle. In questo contesto si pone il lavoro che Luca Micheletti insieme a Federica Fracassi ha allestito al Teatro dell'Argot di Roma, Rosmersholm di Ibsen. «Rosmersholm è il dramma dell'inazione, del presente svuotato, dei fantasmi che vincono sui viventi. È luogo dell'anima e castello dei destini incrociati. È un horror in forma di seduta psicanalitica: forse il più palpitante 'copione del terrore' uscito dalla penna di Ibsen – spiega il regista e attore -. Ho scelto di recuperare la riduzione che Massimo Castri realizzò per soli due : Toni Schirinzi e Piera Degli Esposti attori agli inizi degli anni Ottanta. E proprio Castri ebbe a scrivere che Rosmersholm era 'uno scontro tra due astrazioni che non tien conto del concreto storico (il capitalismo che produce da un lato repressione istintuale e dall'altro ideologia). Tra due astratti non può esserci dialettica. Non possono produrre che morte; e la loro tragedia è tale solo fino a un certo punto, è tragicommedia».

Luca Micheletti - Federica Fracassi - Rosmersholm - i guitti - ph. L. Condorelli

In un certo qual modo sia Rosmersholm che Peer Gynt poema epico irrapresentabile si richiamano e mettono in scena l'impossibilità di stare al mondo, l'essere o il chiamrsi fuori dal mondo. «Se nel giovane Ibsen la lotta per la ricerca di se stessi prende la forma esplicita di una cruda fantasia iniziatica e soprannaturale come il Peer Gynt, un dramma della maturità come Rosmersholm inietta l'astrazione sottopelle, la confina nei sogni, anzi negli incubi di Rebekka e Rosmer: incarnazioni simboliche di due estremi opposti che finiscono per confondersi e annientarsi – continua -. Per questo non si capisce Ibsen se non si va al di là del concetto di realismo che fa fraintendere il genio di Ibsen e lo zavorra a tessa. Ho cercato di problematicizzare l'apparente realismo della maturità ibseniana e ciò attraverso la lettura e la messinscena di una prima parte del Peer Gynt giovanile, una coproduzione che lega il Teatro Franco Parenti e il Ctb. Insieme a me ci sono Federica Fracassi, Anna Maria Guarnieri e Alessandro Pezzali, Alessia Pintossi». Un testo impossibile da mettere in scena, un lavoro complesso che per Luca Micheletti si è tradotto subito in sfida che troverà la sua realizzazione a gennaio al Parenti di Milano e a maggio a Brescia. «Peer Gynt è un'opera-mondo di grandioso respiro poetico e teatrale, una pietra miliare nella storia della drammaturgia moderna, un 'Faust norvegese' con protagonista un giovane outsider che vive nel suo universo di fiabe e leggende, narrategli dalla madre Aase nell'infanzia – spiega Micheletti-. Nel violento e avventuroso scontro con il mondo reale, egli sperimenterà la differenza fra autenticità e finzione, esplorando tumultuosamente i rapporti con il femminile, con la realtà storica e sociale, con la fede e le forze oscure, in un lungo viaggio di formazione tutto teatrale, fondato sulla potenza e le insidie dell'immaginazione».
Non pago del ruolo di attore, regista e drammaturgo, il vulcanico Luca Micheletti guarda al futuro e per un attore il futuro è trovare nuovi adepti alla causa, offrire a chi vuole intraprendere il mestiere occasioni formative. Per questo Luca Micheletti ha dato vita alla scuola estiva Belfort Theatre Campus, un progetto che ha lega teatro e territorio, in questo caso territorio di Piuro, Valchiavenna, Bregaglia. «Il percorso didattico si inserisce all'interno di una collaborazione decennale della compagnia I Guitti con l'Associazione Italo-Svizzera per gli Scavi di Piuro – racconta l'ultimo rampollo della dinastia capocomicale dei Micheletti -. Dopo il coinvolgimento di decine di artisti, sette copioni originali (oggi raccolti in un libro, Scenari di Belfort, Sedizioni 2017) e altrettante messe in scena, nell'occasione del cinquecentesimo anniversario della Riforma luterana, grazie al sostegno degli enti locali e la collaborazione con il Festival Florio Vive di Soglio, l'estate scorsa abbiamo dato vita al Belfort Theatre Campus, scuola di formazione per attori professionisti. L'esito è stata una suggestiva Tempesta da Shakespeare. Al campus mi piacerebbe affiancare un piccolo festival». Il tartufo di Molière in scena il 27 novembre a Manerbio al teatro Politeama, a Travagliato il 2 dicembre e il 3 a Flero, poi a gennaio Peer Gynt di Ibsen sono i prossimi appuntamenti che attendono il vulcanico Luca Micheletti, un attore che forte delle proprie radici sceniche e familiare non teme di osare e ha deciso di abitare il teatro come una casa dalle cui finestre interrogare il mondo e aprirsi al mondo.

Ultima modifica il Domenica, 26 Novembre 2017 22:56

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