domenica, 28 aprile, 2024
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"Le Jeu de Robin et Marion". Il medioevo edulcorato del Teatro Starinnyj di San Pietroburgo. -di Massimo Di Vincenzo

(Fig.6 Aleksandr Benois, schizzo del sipario per lo «Starinnyj teatr» di San Pietroburgo, 1907. Carta su cartone, gouache, acquerello, inchiostro, bronzo). (Fig.6 Aleksandr Benois, schizzo del sipario per lo «Starinnyj teatr» di San Pietroburgo, 1907. Carta su cartone, gouache, acquerello, inchiostro, bronzo).

Esprimo apertamente il mio sdegno per i soprusi della polizia, di cui sono stato testimone a Pietroburgo, il 4 marzo,
e non riesco a dedicarmi in pace a un lavoro creativo quando il sangue bolle e chiama alla lotta.1

Le parole dell’attore e regista Vsevolod Mejerchol’d, indirizzate al drammaturgo Anton Čechov nel 1901, ci permetteranno di considerare ancor meglio questa oasi creativa nella quale, pochi anni dopo, si era racchiusa e protetta la compagnia del Teatro Starinnyj di San Pietroburgo.

Prima di entrare nello specifico rappresentativo vorrei spiegare rapidamente che cos’è il Jeu de Robin et Marion e di cosa parla. Il testo è una pastorella drammatica risalente alla seconda metà del XIII secolo, scritta e musicata dal troviero Adam de la Halle.2 Molto probabilmente la sua messa in scena è avvenuta a Napoli intorno al 1283 alla presenza della regnante corte angioina. La trama di questo gioco è semplicissima. Il contadino Robin ama la pastora Marion. Un nobile cavaliere di nome Aubert tenta più volte di sedurla, rovinando il loro amore. Ma la scaltrezza e l’audacia della giovane protagonista manderà in fumo i suoi piani. Una volta ristabilito l’equilibrio affettivo i due innamorati decidono di festeggiare la loro unione con giochi, canti e balli assieme al resto della comitiva. Scritta in dialetto piccardo, una delle varianti dell’antica langue d’oïl, questa semplice pièce oltre a donarci uno spaccato di vita campestre colmo di energia giovanile e musica monodica, risulta essere una delle più antiche testimonianze del teatro laico francese. Per quanto riguarda la storia delle sue rappresentazioni novecentesche spicca, per originalità teatrale e vocazione per l’antico, quella avvenuta nel 1907 presso il Teatro Starinnyj di San Pietroburgo. 

Questo nuovo spazio teatrale, voluto dal regista e drammaturgo Nikolaj Nikolaevič Evreinov, è stato attivo soltanto per due stagioni. La prima dal 1907 al 1908 e la seconda dal 1911 al 1912. Due sole stagioni, intervallate da una pausa, che non impedirono al progetto Starinnyj  di essere riconosciuto dagli storici come una delle idee artistiche più interessanti e fruttuose nella Russia dell’inizio del XX secolo. Per esempio, lo stile russo così detto “tradizionalismo teatrale”, nel quale si reinventavano le atmosfere delle opere del passato in cui visse l’autore, generalmente viene attribuito al regista Mejerchol’d mentre invece il promotore spetta all’impresa dello Starinnyj sin dal suo debutto. Originalità teatrale e vocazione per l’antico, dicevo, atte a rilanciare l’arte drammatica nelle sue forme più antiche. In effetti, Evreinov, come direttore artistico, si pose il preciso compito di studiare, ricostruire e rappresentare il sistema teatrale del passato per esemplificarlo in due cicli ben precisi. Il primo, nella stagione 1907-1908, riguardante il teatro religioso del medioevo francese e il secondo, stagione 1911-1912, il teatro spagnolo del Cinque-Seicento. A conferma di ciò, basterebbe guardare lo stemma del teatro, realizzato nel 1907 dal pittore Ivan Bilibin, in cui vi è sintetizzata chiaramente questa missione (fig. 1).

fig 1
Fig. 1. Logo del Teatro Starinnyj, nel cartiglio scritto in cirillico старинный театр, illustrato da Bilibin nel 1907 contenente la maschera della tragedia greca, il diavolo del dramma medievale e la mascherina della Spagna del Siglo de Oro).

Ritornando quindi alla pastorella del poeta e musicista Adam de la Halle, questa, tanto si presentava perfetta a colmarla con ogni sorta di teatralità, attrasse così tanto il regista Evreinov da volerla in cartellone sin dalla prima stagione. E fu così che, forte del suo credo drammatico, combinando quindi tutte le arti dello spettacolo, recitazione, musica e danza, il regista Nikolaj Evreinov poteva debuttare giocando con il suo amato “teatro teatrale” (fig. 2).

fig 2
 (Fig. 2. Locandina della prima stagione dello Starinnyj Teatr iniziata il 7 dicembre del 1907. Nella colonna di sinistra, il terzo titolo in basso, troviamo scritto in cirillico: игра о робене и марион. Ovvero, il Jeu de Robin et Marion tradotto in lingua russa dello storico Evgenij Aničkov). 

Alcune immagini, come il bellissimo bozzetto scenico e le fotografie dagli attori in posa, ci confermano quanto nella messa in scena di Evreinov prevalga un gusto favolistico «atteggiato a commedia di bambole, con attrezzi giocattolo e gesti meccanici»3  (figg. 3-5).

fig 3
(Fig. 3. Bozzetto scenografico del pittore Mstislav Dobužinskij raffigurante alcune azioni sparse del Jeu. Da destra, l’ingresso del Cavaliere con il falcone in mano; al centro di spalle, Robin mentre chiama i suoi cugini Gautier e Baudon posti dietro la loro abitazione; a sinistra, seduta vestita di bianco, Marion tra le sue pecorelle. Nel gruppo mancherebbero due personaggi, Peronnele e Huart. La figura in piedi dietro a Marion farebbe suppore a una citazione. Ovvero, l’autore Adam de la Halle mentre mostra la sua opera scritta).

Lo studio, la ricerca e la didattica prima di andare in scena. Con questo intendo dire che agli attori, oltre alle prove, venivano date delle lezioni volte a far conoscere i costumi, le usanze, la musica e la pittura medievali. Questi insegnamenti erano diretti dal professore Evgeny Anichkov, critico e storico letterario russo specializzato nel folklore e nella mitologia slave. Tale training attoriale, qualora ci fosse bisogno ribadirlo, non mirava affatto a una completezza rappresentativa stanislavskijana, se così posso dire. Tale fu la vocazione di Evreinov alla teatralità antinaturalistica che decise di rifiutare attori professionisti ed esperti alla moda, perché temeva che la resa scenica di questa categoria sarebbe stata l’ordinaria consuetudine di uno stanco naturalismo «dove tutto avviene come nella vita, dove i personaggi parlano con lentezza spiegando quello che fanno, con una quantità di scene intercalate, non prevedute dall’autore e che ritardano l’azione».5

fig 4
(Fig. 4. Questa che vediamo non corrisponde a un’azione precisa del Jeu, sembrerebbe piuttosto un tableau vivant per consentire al fotografo una stampa senza sfocature o quantomeno non mossa. Come nel bozzetto scenico ravvisiamo qui il grande cavallo di legno praticabile, e due elementi scenici bidimensionali come   l’alberello e l’abitazione di Gautier e Baudon, goticamente stilizzati come nelle miniature presenti nel manoscritto A).

Gli scenografi e i costumisti che collaborarono in questa prima stagione facevano parte di un gruppo artistico denominato Mondo dell’arte, «Mir iskusstva», nel quale si esprimeva un gusto del bello tra art nouveau e simbolismo. Tra questi vi erano figure importantissime come il pittore Aleksandr Benois, che, naturalizzato italiano, lavorò anche come pittore e scenografo per il teatro dell’Opera di Roma (1927-32), nonché direttore degli allestimenti scenici del teatro alla Scala di Milano (1938-70),6 lo scenografo Mstislav Dobužinskij, che per il Jeu oltre alle scene curerà anche i costumi, nel 1909 realizza per Stanislavskij la scenografia per Un mese in campagna di Ivan Turgènev. Il regista moscovita si rivolse proprio a lui perché sapeva evocare benissimo «le squisitezze delle dimore campestri dei nobili russi nell’Ottocento».7  Alcuni di questi artisti, successivamente all’esperienza dello «Starinnyj teatr» (o anche parallelamente), daranno il loro importantissimo contributo nelle scene e nei costumi di opere fondamentali per la storia dello spettacolo russo, sia di prosa sia coreutico. Alcuni esempi: il pittore Ivan Bilibin, incisore del logo del «Teatr» (fig. 1), realizzerà nel 1909 le scene per il Gallo d’oro di Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov; il già citato Aleksandr Benois (scritto anche Benuà), che per lo Starinnyj crea un magnifico sipario con figure allegoriche (fig.  6), nel 1913 firma per il regista Konstantin Stanislavskij le scene de Le malade imaginaire di Molière e della Locandiera di Goldoni. Sempre nello stesso anno lo vediamo collaborare come scenografo al Petruška di Igor Stravinskij. Puro talento ben espresso nelle parole di Lo Gatto: «Se le scene ebbero in Benuà un rinnovatore artistico ciò fu dovuto alla sconfinata forza immaginativa, che gli diede la possibilità di creare scene piene di atmosfera sempre adatte al luogo dell’azione, in cui la monumentalità trovava il suo correttivo nel colore».8 

fig 5
(Fig. 5. Un altro tableaux dove si può riconoscere un’azione precisa. Questo è il momento in cui la comitiva sta giocando a a san Cosma. L’attrice Natal’ja Butkòvskaja, in ginocchio al centro,  interpeta una Marion offerente. Dietro di lei c’è Gautier, che finge di essere san Cosma. Alla loro sinistra c’è Peronnele, un’altra pastora amica di Marion. Alla destra di questa troviamo Baudon affiancato da Robin mentre tentano di far ridere la giovane pastorella).

La testimonianza di uno spettatore alla prima del «Igra o Robene i Marion», può esserci utile per farsi un’idea dell’effetto che il sipario di Benois produceva sul pubblico dello «Starinnyj», dove, assieme all’impatto iconico, vi era anche una suggestiva atmosfera sonora:

Lentamente, si alzò il magnifico sipario di Alexandre Benois con le sue figure allegoriche che concretizzavano così, felicemente,
sotto molti aspetti, l’idea del teatro medievale; si alzò, aprendo davanti a noi l’ingresso di un qualche regno sconosciuto e
vetusto, dal quale ora, da un momento all’altro, saremo colpiti da immagini di un’estrema, ignota bellezza… La cerimonia è iniziata.9

Un brevissimo elenco, quello sopra, che testimonia ugualmente quanto sia stato importante l’elemento iconico-teatrale nello «Starinnyj». Un’avanguardia, che, per il regista e direttore 

artistico Evreinov, divenne dunque non solo un concetto estetico ma anche una filosofia di vita teatrale richiamando i criteri dello spettacolo nelle epoche di maggiore prosperità teatrale. 

Il Teatro antico, lo «Starinnyj teatr» di Nikolaj Evreinov, come spero di aver esemplificato, si è distinto quindi non solo come avvenimento culturale originale ma anche, e non si fatica nel riconoscerlo, come uno dei fenomeni più sorprendenti nell’arte drammatica russa di quegli anni ma che, nello stesso tempo, non si può non notare di essere totalmente scollato dal suo contesto sociale. In effetti, mentre «la cultura russa sull’orlo dello sfacelo si affanna» e la popolazione dell’intero Impero zarista batte i denti piombando verso l’abisso, la missione storico-ricostruttiva del Teatro Starinnyj, poteva essere avvertita, ieri come oggi, come un rifugio teatrale lontanissimo dalle problematiche espresse dal nascente Soviet.

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  1 Mejerchol’d 2001, p. 35.

 2 Per un approfondimento sull’autore, sulle fonti manoscritte dalle quali sono stati pubblicati saggi critici e adattamenti teatrali vedi Piattelli 1959, De Merolis 1996, Brusegan 2004, Di Vincenzo 2023. 

 3 Ripellino 1974, p. 157.

 4 Si tratta di uno dei tre manoscritti contenenti la pastourelle di Adam de la Halle. Il titolo riportato è Mariage de Robin & de Marote, databile verso la seconda metà del xiv secolo.  Ms. A fr. 166 Bibliothèque Méjanes di Aix-en-Provence.

 5 Lo Gatto cit. p. 209.

 6 Fonte Treccani.it: http://www.treccani.it/enciclopedia/aleksander-nikolaevic-benois/ 

 7 Ripellino, cit. p. 69.

 8 Lo Gatto 1963, vol. i, p. 283.

 9 Traduzione dal Russo per gentile concessione di Marialidia Rossi. In «Naše nasledie» [La nostra eredità], n. 93-94, 2010. Rivista russa, sito: http://www.nasledie-rus.ru/podshivka/9407.php 

 

Ultima modifica il Mercoledì, 08 Novembre 2023 11:01

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