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Ljubimov, creativo e diabolico regista ci ha lasciato. - di Mario Mattia Giorgetti

Juri Ljubimov Juri Ljubimov

Il primo incontro. Ero in Giappone, a Shizuoka, ospite del festival di teatro, organizzato da Tadashi Suzuki. Tra i tanti spettacoli in programma c'era anche uno spettacolo di Juri Ljubimov, prodotto dal Teatro Taganka di Mosca.

Non ricordo il titolo. Forse "I Demoni" di Dostoyevsky? Non importa. Una cosa certa era che io conoscevo la fama di Lyubimov che era tanta anche in Italia sia per l'attività svolta a Bologna, sia per le sue regie alla Scala. Ero interessato a vedere lo spettacolo pur sapendo che la lingua russa sarebbe stata una barriera. Invece, la messa in scena di Ljubimov era talmente ricca di soluzioni sceniche, di immagini sorprendenti, potente, con azioni di grande tensione. Interpreti portati al massimo delle loro capacità. Insomma, fui folgorato. E capii perché lo spettacolo era in programma ad un Festival in Giappone: ogni spettatore poteva essere coinvolto emotivamente dalle scene create da Ljubimov, senza l'ausilio della lingua.Fui tanto folgorato che poi oltre ad un ampio servizio volli dedicargli la copertina di Sipario. Un suo primo piano assoluto con una espressione spiritata, magnetica, diabolica, impressionante.
Alla fine dello spettacolo, come è di consuetudine, Suzuki organizza un dopo teatro a base di bocconcini sfiziosi di pesce, che gli invitati insieme agli attori fanno sparire in un batter d'occhio.
In quell'occasione Suzuki presentò Ljubimov alla stampa ospite. Grazie alla moglie Katalin, che parla bene l'italiano, ebbi modo di dialogare con lui: un vero fiume di parole, di pensieri, di ricordi italiani mi furono offerti da questo signore nei modi, ma energico nell'esprimersi. Morale. Decidemmo di tenerci in contatto.
Ecco che arriva il secondo incontro, voluto da me, e non dal caso. Per Rai International stavo realizzando una serie di puntate sul successo della Commedia dell'Arte nel Mondo. Avevo deciso di intervistare i grandi registi internazionali per chiedere loro l'influenza creativa dei Comici dell'Arte nel teatro contemporaneo. Tra grandi, oltre a Ljubimov, c'erano Suzuki, Eugenio Barba, Luigi Squarzina, Dario Fo, Maurizio Scaparro, e tanti altri celebri registi.
Arrivare a Mosca e raggiungere il Teatro Taganka, luogo mitico per me, fu una grande emozione. Entrare nello studio di Juri l'emozione fu ancora più grande. Vedere una parete piena di firme illustri, a dimostrazione di quanti grandi personaggi avessero frequentato quello studio, mi dava l'impressione di sentirmi niente. Lui, Ljubimov, dietro una scrivania abbastanza piccola fu di una totale disponibilità impressionante; e l'intervista per la televisione fu una lezione di teatro; e quanto era informato sul fenomeno della Commedia dell'Arte. Il rapporto tra noi si rinforzò grazie a Katalin, vera padrona di casa per l'accoglienza.
Il terzo incontro è stato un dono di Dio. Avevo appena ricevuto il premio del Pubblico per lo spettacolo "L'Ultima notte di Giacomo Casanova", di Stefano Massini, al festival di Almada/Lisbona che, tramite Katalin, Juri mi fece sapere che mi voleva con questo spettacolo al Taganka. Pensavo che fosse uno scherzo. Invece la cosa era seria. Nel febbraio del 2010, a pochi mesi dalla rappresentazione in Portogallo, mi trovavo di nuovo al cospetto di Juri. Per ragioni di costi, portai con me poche cose di scena: il costume, e altri piccoli oggetti che uso durante l'interpretazione. Il resto lo trovai nel sottopalco del teatro; e, nonostante il gran timore di essere mal giudicato dal grande regista, riuscì a realizzare una scena improvvisata di tavoli e pannelli: funzionò a meraviglia. Juri mi fece recitare questo lungo monologo, un'ora e venti, in versi, in lingua italiana senza i sottotitoli. Solo l'incoscienza può giustificare questa mia scelta. Che dire? Fu un successo inimmaginabile, con Ljubimov che dalla platea correndo mi raggiunge sottopalco, mi stringe le mani; poi si gira verso il pubblico e alza le nostre mani in segno di vittoria. Mi commossi talmente che le lacrime non si vergognarono a farsi vive. Pensai, troppo generoso, troppo.
E fu lì, in quel momento, che ebbi la conferma che dietro a quegli atteggiamenti burberi, in Ljubimov palpitava un cuore infantile, umano. Non vi dico l'accoglienza all'indomani: fui ricevuto nel suo studio dove, come ho già detto, ero entrato tanto tempo prima sentendomi piccolo,piccolo; volle che opponessi la mia firma sulla parete, alla presenza di personalità che avevano assistito allo spettacolo. Ecco un altro elemento da sottolineare: la riconoscenza.
La fatica che feci per trovare un piccolo spazio sulla parete dove imprimere con timidezza il mio nome.
Katalin per la fiducia che si era creata tra noi non perdeva occasione per contattarmi. Infatti, mi arrivò l'invito ad assistere allo spettacolo "Miele" tratto dal poema in versi di Tonino Guerra, di cui Ljubimov aveva grande stima. Spettacolo indimenticabile sia perché il regista ne aveva fatto un vero affresco della vita dei campi della regione emiliana, sia perché aveva messo in luce la storia di questi due fratelli anziani che si ritrovano: uno che ha speso la vita in città e l'altro che è rimasto fedele alla campagna. Due mondi a confronto, testo emblematico da cui Ljubimov trasse tanta ispirazione creativa. Spettacolo che mi catturò e che Katalin mi delegò perché venisse portato in Italia. Avevo trovato già una soluzione presso il teatro Duse di Bologna, che in quel periodo stava cambiando gestione, quando Katalin mi fece sapere che Juri si era dimesso dalla direzione del teatro, per incompatibilità con gli attori che, ormai, attratti dai guadagni televisivi, vivevano il teatro come una seconda attività, con poco tempo a disposizione. E questo per Juri era un tradimento al Teatro e perciò si era dimesso.
L'ultima volta che ho avuto il piacere di abbracciarlo è stato ad una serata in suo omaggio svoltasi in una villa prestigiosa di Roma dove fui invitato a dare una mia testimonianza. Quante belle cose furono dette su di lui. Quanta stima, ammirazione, circolò nell'aria quella sera, in un salone ricco di grandi affreschi: immagini all'altezza del personaggio che si stava festeggiando. Di un grande.

JURI LJUBIMOV NELLA CYCLOPEDIA

Ultima modifica il Mercoledì, 08 Ottobre 2014 16:29

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