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Il teatro detonatore di voglia di socialità. -di Nicola Arrigoni

“Ci dicono di stare chiusi in casa/ guardando scemi la televisione/ che il senso della vita è consumare/ di soldi e fama avremo una occasione/ Ma siamo qui sentite stiam cantando/ del paese nostro la memoria/ colmiamo il vuoto con le nostre voci/ per fare della vita un’altra storia”: recitano le prime due strofe di Noi siamo qui, canzone composta da Antonio Tassinari su ritmo e melodia di una murga portena, il ritmo del carnevale di Buenos Aires. “Fare della vita un’altra storia”, cantare la memoria di un luogo e di una comunità, recuperare il senso di appartenenza attraverso il linguaggio del teatro: sono questi alcuni tasselli dell’esperienza  del Gruppo Teatro Comunitario di Pontelagoscuro, in provincia di Ferrara, esperienza raccontata e documentata nel volume a cura di Greta Marzano ed Erica Guzzo, Un’avventura utopica. Teatro e trasformazione nell’esperienza del Gruppo Teatro Comunitario di Pontelagoscuro, pubblicato da Titivillus (pagine 281, euro 18).

Teatro sociale – la definizione è più che consolidata – è un fare teatro che s’innesta in una comunità, o meglio che cerca attraverso il linguaggio della scena di ricreare un collante comunitario andato perduto. Questa è l’azione politica ed estetica portata avanti da Antonio Tassinari e dal suo gruppo di cittadini/attori. La storia del Gruppo Teatro Comunitario di Pontelagoscuro è recente e al tempo stesso antica, si rifà al 2006, ma affonda le sue radici nel Teatro Nucleo fondato da Cora Herrendorf e Horacio Czertof, nato nel 1974 a Buenos Aires e poi nel 1978 approdato in Italia a Ferrara. L’esperienza di attore e animatore culturale di Tassinari si spiega solo con la storia del Teatro Nucleo che proprio a Pontelagoscuro trovò la sua sede. L’esperienza del teatro comunitario in Argentina, a seguito della dittatura militare, come strumento di riattivazione delle relazioni sociali rappresenta la matrice del Teatro Nucleo prima e poi del Gruppo Teatro Comunitario

Entusiasmador è il termine con cui si definisce il promotore attivo di una comunità che cerca nel teatro una forma di resistenza e trasformazione sociale. Questo è stato Tassinari un entusiasmador che ha restituito a Pontelagoscuro la sua memoria di comunità, paese divenuto quartiere di Ferrara. “L’idea di partenza è quella di tornare a ripensare il concetto di quartiere come a uno spazio vitale, e non come a un dormitorio. La volontà delle comunità teatrali è quella di rendere la strada un luogo abitabile e uno spazio di incontro e partecipazione”. E questo è accaduto con l’azione di Tassinari a Pontelagoscuro in continuità con l’azione poetica di Teatro Nucleo, con l’adozione delle forme di teatro comunitario mutuate dall’esperienza argentina e nella consapevolezza – pensando alla rappresentazione di spettacolo – che: “uno spettacolo teatrale può essere perfetto, politicamente corretto, moralmente irreprensibile, ma se non trasforma, se non apporta un cambiamento tangibili nelle relazioni sociali, è omologato al sistema di ingiustizia e degrado culturale al quale il teatro invece vuole opporsi”. 

Ciò che ha messo in moto il Gruppo Teatro Comunitario di Pontelagoscuro è la possibilità di recuperare la voglia di fare comunità, di costruire relazioni, recuperando la memoria infranta del quartiere/paese dal bombardamento nella seconda guerra mondiale che distrusse la comunità di Ponte, alla ricostruzione postbellica, dalla mutazione della popolazione al fatto di essere diventato un quartiere periferico della città. Questi aspetti hanno fatto da scenario e sostanza all’azione teatrale di Tassinari e dei suoi attori/cittadini e alla realizzazione de Il Paese che non c’era, il primo lavoro della compagnia che raccontava la vita di Ponte dalle origini ai giorni nostri; Gran Cinema Astra ripercorreva i momenti emblematici della storia d’Italia dal dopoguerra agli albori del Sessantotto e poi La Patria Nuova, un affresco dell’immigrazione nelle Americhe. Tutti i lavori sono partiti dalla memoria, dai materiali messi a disposizione dagli attori/cittadini in nome di una condivisione di esperienza che ha unito più generazioni e ha saputo fare del teatro la festa della comunità. Su questo indirizzo si è mosso anche il gruppo Donne comunitarie che ha condotto un’esperienza similare sotto la guida di Cora Herrendorf, fondatrice del Teatro Nucleo. Ciò che fuoriesce dall’esperienza del Gruppo Teatro Comunitario di Pontelagoscuro è la consapevolezza che il teatro è in grado di travalicare i confini tracciati, fa un passo in avanti, si affaccia oltre e si configura come un nuovo modello sociale possibile. 

In questa tensione a ipotizzare un nuovo modello sociale proprio grazie al teatro si pone l’esperienza maturata nel territorio mantovano dal 1995 ai giorni nostri ben documentata dal quaderno del Centro di Cultura e iniziativa teatrale Mario Apollonio, Ti amo. Il teatro sociale e di comunità nel territorio mantovano, curato da Claudio Bernardi, Alice Chignola e Laura Aimi, pubblicato da eduCatt. (pagine 192, 9 euro). Si tratta di un volume a più voci che ai contributi di analisi teorica sulle dinamiche e sulla realtà del teatro comunitario affianca le testimonianze di chi ha partecipato, condotto, agito laboratori e occasioni performative partendo dal Comune di Viadana per interessare buona parte delle terre dei Gonzaga. L’allargamento dell’esperienza dal sociale al comunitario è espressa chiaramente con quello stupore che da sempre accompagna le esperienze di drammaturgia della socialità. “Partendo dall’esperienza di trovare modi efficaci per integrare persone disabili nella scuola dell’obbligo e nella società, si scoprì, cammin facendo, che il disagio di pochi è in realtà il disagio di molti e che la causa principale del malessere e del malvivere è la caduta verticale della capacità di stare bene insieme, di cooperare per un vantaggio comune, di partecipare alla vita pubblica e civile”. E’ questa consapevolezza che ha mosso le iniziative di animazione teatrale nelle case di riposo, piuttosto che nelle scuole, oppure gli interventi nel mondo dell’associazionismo a Castel Goffredo, a Viadana e via discorrendo. Teatro, animazione, festa, recupero dei vissuti, momenti performativi, valorizzazione della memoria perduta e da condividere sono alcuni dei tasselli dell’agire del teatro di comunità in luoghi del disagio sociale e della separatezza che diventano miccia detonante per la quotidianità. Tutto ciò contribuisce a ricreare un tessuto di socialità che va ben oltre il momento performativo o festivo. L’esibizione passa, la manifestazione ha termine ma ciò che resta è il meccanismo, è la curiosità di scoprire l’altro da sé, in una parola di dire ‘Ti amo’. E non è poca cosa…

Greta Marzano ed Erica Guzzo, Un’avventura utopica. Teatro e trasformazione nell’esperienza del Gruppo Teatro Comunitario di Pontelagoscuro, Titivillus, pagine 281, euro 18.

Claudio Bernardi, Alice Chignola e Laura Aimi, Ti amo. Il teatro sociale e di comunità nel territorio mantovano, eduCatt, pagine 192, 9 euro.

Ultima modifica il Venerdì, 10 Ottobre 2014 18:48

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