Carlo Maria Pensa, drammaturgo, critico teatrale, giornalista, nonché segretario della Fondazione Teatro Carlo Terron, è morto giorni or sono, all'età di 92 anni.
Della sua morte, che abbiamo appreso per caso da un nostro collaboratore, per i media, la notizia della scomparsa di un uomo di cultura, che ha passato la vita a offrire il suo contributo di professionista che opera per il bene della collettività, non è argomento appetibile come può essere, giustamente, un volto noto di un artista. Ma per chi opera nell'ambito della teatro è giusto che sappia che Carlo Maria Pensa ci ha lasciato, serenamente, circondato dagli affetti familiari, preparati alla sua uscita di scena, poiché la sua età era entrata nell'area del traguardo della vita. E quindi non deve sorprendere la sua dipartita, anche se produce dolore per chi l'ha conosciuto, frequentato, condiviso iniziative, progetti.
Come drammaturgo, stimato e rappresentato, ha prodotto testi in prevalenza in dialetto milanese, essendo egli un lombardo sensibile alla protezione e a nutrirsi della forza del suo dialetto.
Come critico teatrale, cattolico sincero, la sua presenza è stata dominante: non perdeva occasione per dare il suo contributo di sapere su quotidiani quali "Il Corriere Lombardo", "La Notte", "Famiglia cristiana", "Libero".
Per Sipario ha collaborato alle edizioni delle pubblicazioni del teatro di Carlo Terron, alla raccolta e sistemazione di tutte le sue critiche.
È stato uomo anche della Televisione Italiana, lavorando a fianco di Terron, durante il periodo in cui Terron era direttore del settore Prosa, collaborando ai famosi "Venerdì del teatro", in cui si sono affermati attori che poi hanno dominato la scena italiana.
Gli attori tutti lo amavano perché era uno di quei critici che non mancava di sottolineare il lavoro degli interpreti, con la sua scrittura chiara, priva di ipocrisia; e da buon giornalista forniva al lettore gli elementi necessari per incorniciare gli eventi di spettacolo, evitando, come oggi molti fanno, esibizionismi intellettuali per primeggiare sul lettore.
Uomo di poche parole, schivo, signorile nel porgersi; era puro, ligio, rispettoso alla sua militanza di critico teatrale; non compromesso o intrecciato con il sistema produttivo teatrale, ha lasciato un vero patrimonio di recensioni che arricchiranno la memoria del nostro teatro.