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FESTIVAL VERDI 2018, BUSSETO TEATRO VERDI - "UN GIORNO DI REGNO", regia Massimo Gasparon. -di Federica Fanizza

"Un giorno di regno", regia Massimo Gasparon. Foto Roberto Ricci "Un giorno di regno", regia Massimo Gasparon. Foto Roberto Ricci

Festival Verdi 2018, Busseto Teatro Verdi, sabato 13 ottobre

UN GIORNO DI REGNO
Melodramma giocoso in due atti su libretto di Felice Romani (con revisioni di anonimo)
dalla farsa Le faux Stanislas di Alexandre-Vincent Pineux-Duval
Musica
GIUSEPPE VERDI
Edizione critica a cura di Francesco Izzo
The University of Chicago Press, Chicago e Casa Ricordi, Milano
Personaggi Interpreti
Il cavalier Belfiore MICHELE PATTI
Il barone di Kelbar GIULIO MASTROTOTARO
La marchesa del Poggio GIOIA CREPALDI
Giulietta di Kelbar DIANA ROSA CARDENAS ALFONSO
Edoardo di Sanval MARTIN SUSNIK
Il signor La Rocca MATTEO D'APOLITO
Delmonte RINO MATAFÙ
Il Conte di Ivrea ANDREA SCHIFAUDO
Maestro concertatore e direttore FRANCESCO PASQUALETTI
Regia, Scene, Costumi, Luci MASSIMO GASPARON
da un progetto originale di PIER LUIGI PIZZI per il Teatro Regio di Parma, 1997
Movimenti coreografici GINO POTENTE
Maestro del coro ANDREA FAIDUTTI
ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO COMUNALE DI BOLOGNA
Allestimento del Teatro Regio di Parma per il Teatro Giuseppe Verdi di Busseto
In coproduzione con Fondazione Teatro Comunale di Bologna
In collaborazione con Concorso Internazionale Voci Verdiane Città di Busseto

Un giorno di regno di Giuseppe Verdi. Un tentativo di opera comica del giovane Verdi in un genere musicale che poco gli si confaceva.
Proseguono a Busseto nel raccolto e storico Teatro Verdi (termineranno con domenica 21 ottobre) le rappresentazione di Un giorno di regno, seconda opera di Giuseppe Verdi, datata 1840. Melodramma giocoso in due atti su libretto di Felice Romani, così riporta il sottotitolo completo, esercitazione in un genere che doveva tener fede al modello comico rossiniano e alle giocosità di Bellini e Donizetti. L'opera fu un fiasco totale, tanto che fu ritirata la sera stessa del debutto avvenuto nel settembre del 1840 al Teatro alla Scala. Verdi la scrisse con il dolore nel cuore per l'immatura scomparsa della moglie Margherita Barezzi e dei suoi due figli su un libretto di Felice Romani abbastanza datato, scritto nel 1818, il cui svolgimento viene riassunto così "E' noto come il giovane Stanislao, re di Polonia, fosse vicino a perdere il trono e la vita; nel momento di maggior pericolo un generoso cavaliere rappresentò le parti del Monarca, il quale (allontanati in questo modo gli sguardi de' suoi nemici) riuscì a giunger salvo in Varsavia ove trovò difensori e la Dieta in suo favore. Su questo semplice fatto venne ordito il presente Melodramma". Non è così semplice la vicenda, storica, del libretto che, come prescrive la struttura dell'opera comica, questa si deve arricchire di incroci amorosi, finzioni, travestimenti, agnizioni finali e concludersi con un catartico "e vissero felici e contenti". Rimane un tentativo questa composizione; per Verdi questo mondo strampalato è estraneo alla sue esperienze di vita e forse in questo risiede uno dei motivi principali della non riuscita dell'opera. Eppure il progetto di rilancio del titolo iniziato con l'edizione critica a cura di Francesco Izzo e con la riproposta della messa in scena del progetto originale di Pier Luigi Pizzi per il Teatro regio di Parma del 1997, sta offrendo una nuova vita a questa recondita composizione, affidata, in questa Festival 2018, alle voci emergenti del concorso Voci verdiane Città di Busseto, supportate da professionisti che dei ruoli buffi sono maestri. Per riapparire sul palcoscenico ristretto del Teatro di Busseto, l'allestimento di Pizzi è stato reinventato da Massimo Gasparon, che risulta a tutti gli effetti titolare, in locandina, di regia scene costumi e luci "da un progetto originale" del Maestro senza però togliere nulla dal progetto originale, strutture sceniche, coreografie, compresa l'esposizione gloriosa di prosciutti e forme di parmigiano che fanno la loro gloriosa comparsa nel secondo atto. Come il gioco di controluci e silhouette da cui emergono i vivaci costumi originali e gli essenziali i movimenti coreografici di Gino Potente incentrati su un sapiente gioco di mani. Forse rispetto a ciò che si può vedere rispetto alla rappresentazione originale di vent'anni fa (ampiamente documentata in video), Gasparon propende verso una amplificazione della farsa, ma senza scadere negli eccessi di una comicità fine a se stessa. Spettacolo che, proprio perchè riadattato in un ambito ristretto, risulta più compresso e in questa situazione ambientale, la struttura musicale emerge nella sua preponderanza di stile grazie alla capace direzione di Francesco Pasqualetto, attento a gestire voci e orchestra, quella del Teatro Comunale di Bologna, capace nel far emergere le diverse reminiscenze dei maestri compositori predecessori Verdi: Rossini, Bellini e Donizetti, che nel melodramma giocoso hanno lasciato tracce indelebili. Voci giovani, come quella del mezzosoprano Diana Rosa Cardenas Alfonso, Giulietta, innamorata ma impertinente nella sua scelta di cuore, gradevole e uniforme nel fraseggio. Martin Susnik, Edoardo di Sanval, suo innamorato, appare un poco timoroso nella tessitura acutissima che Verdi gli riserva; meglio nella prima parte dell'opera, nel corso della cabaletta del secondo atto si scompone vocalmente, ma riprendendosi poi prontamente nel proseguo e concludendo più che dignitosamente la sua prestazione. Ben impostata la Marchesa del Poggio del soprano Gioia Crepaldi, soprano vincitore del primo premio nell'ultimo Concorso Voci Verdiane Città di Busseto che, con sorprendente autorità, esibisce una vocalità sicura e disinvolta. Tra i protagonisti maschili Michele Patti disegna un Cavalier Belfiore con una forte presenza scenica e vocale, ben coadiuvato da Giulio Mastrototaro che si conferma consumato attore da palcoscenico dando vita ad un Barone di Kelbar di sapiente contenuta comicità, mai sopra le righe, e da Il signor La Rocca (Tesoriere) di Matteo D'Apolito pienamente convincente sia nel canto che nella recitazione. Completavano il cast della rappresentazione del 13 ottobre Rino Matafù (Delmonte) e Andrea Schifaudo (Conte d' Ivrea). Molto bene il Coro del Teatro Comunale di Bologna, preparato da Andrea Faidutti. Pubblico prevalentemente internazionale, di provenienza svizzera tedesca con qualche presenze inglese e qualche italiano sparso per la galleria, che si diverte e applaude con convinzione a questa, riscoperta di un "altro" Verdi.

Federica Fanizza

Ultima modifica il Mercoledì, 17 Ottobre 2018 22:11

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