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Drodesera 2011 di Nicola Arrigoni

Grimmless Grimmless Regia Ricci/Forte. Foto Mirella Caldarone

Dalla 'Catastrofe' ci salverà il teatro...
Drodesera 2011 racconta il presente e invita a reagire

C'è un senso di 'catastrofe' imminente che attraversa il nostro tempo presente e a questo senso di fine dei tempi, di apocalisse inevitabile ha dato voce Drodesera che come sempre si dimostra un festival-laboratorio in grado non solo di guardare all'estetica del teatro, ma anche all'etica della scena, ovvero a quei comportamenti della creatività che in un certo qual modo dicono di noi, raccontano il nostro presente e la nostra disperazione. Non è dunque un caso che l'edizione 2011 di Drodesera si sia titolata Catastrofe, una catastrofe che paradossalmente - nell'incontro di diverse generazioni teatrali - non inclina alla disperazione, ma piuttosto all'ironia spiazzante e difensiva ma anche ad un bisogno di contatto vero, ad un'urgenza di interloquire. Ecco perché nel riferire di Drodesera 2011 non ci si può limitare a elencare gli spettacoli in cartellone o a sintetizzarne le caratteristiche estetiche dei singoli, ma è obbligo cronistico e critico decifrare il perché quegli spettacoli contribuiscano a definire il 'senso' di Catastrofe e come mai alla disperazione si sostituisca il desiderio di relazione.

E' questo che si è avvertito nel viaggio scenico e performativo proposto dal festival che ha messo insieme le ultime due generazioni di teatro, passando da Teatro Sotterraneo per sostenere l'estetica di Anagoor, offrendo all'Accademia degli Artefatti una sorta di monografia e non dimenticando quella che è la compagnia del momento, Ricci/Forte, il tutto tendendo fede ad un importante e consistente sforzo produttivo che ha dato ossigeno e forza a gruppi o singolarità come Dewey Dell, Codice Ivan, Alessandro Sciarroni, Motus, Pathosformel, solo per citare alcuni. Ed è l'aspetto produttivo e laboratoriale che sta dietro a Drodesera Centrale Fies a dare al festival trentino una coesione e compattezza invidiabile, a farne un unico ma sfaccettato pensiero agito sulla contemporaneità. La catastrofe di cui si diceva è la catastrofe della mancanza di orizzonti, è la condanna al narciso, all'impossibilità di uscire da sé perché non c'è altra prospettiva del sé.

My Arm

Così in My Arm dell'Accademia degli Artefatti su testo di Tim Crouch con Matteo Angius ed Emiliano Duncan Barbieri è un monologo in cui un trentenne racconta la propria noia e quella universale, in cui in un dialogo con video e musica si gioca lo spiazzamento di una generazione senza uno spazio al mondo dove stare. La storia è raccontata direttamente al pubblico, in un interloquire continuo, un chiamare in causa lo spettatore che non può limitarsi ad essere lì a guardare ma deve pretendere per sé uno spazio attivo, una partecipazione vera al dialogo che è il teatro. Ed è qui il sottotesto non solo di My arm dell'Accademia degli Artefatti, ma di buona parte del festival: l'urgenza di creare una relazione, la consapevolezza che quanto accade in scena non è mero fatto estetico ma se ha un valore deve avere una forza propulsiva, deve smuovere, provocare comportamenti e condivisione, quindi essere etico. E' questa urgenza di interrogare il pubblico, meglio di dialogare con lo spettatore e di condividere i pensieri agiti in scena che ha contraddistinto l'edizione 2011 di Drodesera, quasi a indicare che il senso di catastrofe di cui si diceva si possa evitare, attutire se non sconfiggere proprio lo sforzo di mettersi in ascolto e in dialogo, in una parola rispondendo alla convocazione laica e politica del teatro.

Gms_ What The Hell Is Happiness?

E questo interrogare e interrogarsi sul mondo, sulle nostre contraddizioni è quanto ha proposto Codice Ivan nel suo esilarante Gms_ What The Hell Is Happiness? Ciò che accade nel divertente bisogno di leggere il nostro vivere quotidiano espresso dai ragazzi di Codice Ivan è la messinscena di una condizione, è l'azione di un pensiero sul mondo, un mondo effimero e in cui il senso di felicità sfugge, in cui la meta felicità non solo è difficile da raggiungere – questo sarebbe normale – ma è quasi impossibile da concepire. Usando il teatro di situazione, facendo riferimento alla tradizione degli happening o degli agit-prop, usando la semantica del teatro e dell'arte figurativa Codice Ivan mette insieme non tanto uno spettacolo, ma un atto di denuncia, un racconto ironico del nostro disorientamento e lo fa chiamando in causa lo spettatore con quei cartelli che pongono domande e danno risposte al limite dello sberleffo. Ricci/Forte raccontano invece la violenza del mondo, l'impossibilità della fiaba in un teatro fisico e pornografico, urlato, mosso tutto dal corpo. Ed è questo che accade in Grimless, ovvero la fiaba che si fa ossimoro, i colori caldi e infantili del mondo fiabesco prestati al racconto cinico di un mondo in cui etica e morale non hanno patria, in cui l'agire violento e sessuale è l'unico orizzonte possibile. Grimless utilizza la struttura del 'catalogo è questo', ovvero dell'elencazione e messa in atto di situazioni di ordinaria disperazione, di quotidiana violenza da parte di un gruppo di giovani in cerca di un loro orizzonte, un orizzonte con non ha fondale, non ha profondità neppure quando i corpi nudi di Anna Gualdo, Valentina Beotti, Andrea Pizzalis, Giuseppe Sartori e Anna Terio si dipingono d'oro e celebrano i 150 anni dell'Unità d'Italia, un paese delle fiabe che ha poco di favoloso e troppo di catastrofico. L'accoglienza di Grimless è trionfale, il pubblico è da concerto rock, la coppia Ricci/Forte si conferma di culto, col suo teatro ad alta tensione emozionale, più volto a solleticare la pruderie voyeristica degli astanti che un'effettiva elaborazione critica del pensiero sul mondo contemporaneo.

Joseph

A proposito di voyerismo è parsa paradigmatica la performance di Alesandro Sciarroni, danzatore e performer interprete di Joseph, un gioco teatrale che usa la tecnologia informatica per ampliare le forme del corpo, per distorcerne le fattezze, costruire doppi fantasmatici, dialogare con un altro sa sé che è proiezione dell'identico sul video. Alessandro Sciarroni volto allampanato, barba e corpo esile, occhiale con montatura da nerds è comico nel suo porsi, è irridente. E il pubblico in sala si trova a spiarlo dal vivo e attraverso il video, in un confronto fra realtà e costruzione dell'immagine divertente e leggero. Ma gli sguardi sono destinati a moltiplicarsi quando il suo esibirsi davanti alla web cam viene condiviso in rete con altri internauti in cerca di contatto e così fra risate e un po' di inquietudine gli sguardi s'intrecciano e l'impressione di un occhio di vetro che ci spia in continuazione è solo parzialmente lenita da un sorriso fra il divertito e l'enigmatico. E allora il senso di catastrofe permane, dà un po' di angoscia ma a Drodesera la via indicata è quella della condivisione, della reazione allo statu quo attraverso il contatto vero del teatro, l'incontro di corpi veri e vivi, di menti attive. E non è poco con i tempi che corrono...

Ultima modifica il Mercoledì, 20 Marzo 2013 13:32
La Redazione

Questo articolo è stato scritto da uno dei collaboratori di Sipario.it. Se hai suggerimenti o commenti scrivi a comunicazione@sipario.it.

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