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Teatralny Koufar - Minsk, Bielorussia di Claudio Fachinelli

Teatralny Koufar Teatralny Koufar

Il Teatralny Koufar è un festival internazionale di teatro universitario che si tiene ormai da diversi anni a Minsk, in Bielorussia. Nell'ottava edizione, svoltasi fra la fine di settembre e l'inizio di ottobre, c'era anche una scuola superiore di Maribor, in Slovenia: la Prva gimnazija. Non so come vi si fossero intrufolati, ma non era la prima volta, e avevano anche già vinto diversi premi.

Guidava il gruppo Andreja Kovac, una giovane donna dallo sguardo intelligente ed ironico, regista, ma anche, nei modi e nei rapporti con i ragazzi, bonaria e complice sorella maggiore.

Nel contesto umano del festival, costituito da giovani attori ed attrici a volte prestanti e fascinosi, già proiettati verso una dimensione professionale, questa disordinata banda di adolescenti spiccava anche per l'aspetto, per una normalità fatta anche di corpi e volti non canonici.

Per la prima volta dopo molti anni, mi spiega Andreja, il gruppo si era cimentato con Shakespeare, col Sogno di una notte di mezza estate, ed aveva ottenuto il premio per i migliori costumi (disegnati da Ivana Matuzovic, già allieva della scuola, oggi apprezzata costumista e creatrice di burattini), dal taglio spiritoso e ricco di fantasia che, in alcuni casi, esaltava con consapevole ironia un fisico non aitante né slanciato, sortendo un accattivante effetto spettacolare. Ma molte le soluzioni registiche felici: il frenetico rincorrersi notturno delle due coppie, amplificato da un moltiplicarsi di presenze; il tenero, reiterato tentativo dei due focosi ma imbranati amanti di sciogliere i complicati lacciuoli del corsetto delle ragazze, da queste puntualmente rintuzzato. Originale l'idea – non ho memoria di soluzioni di questo tipo – di rinunciare ad una protesi asinina per l'artigiano Bottom, ed evocarla con sapienti, magici gesti modellanti del folletto Puck. Degna di nota anche la riduzione drammaturgica, che restituiva in meno di un'ora l'intreccio dell'intera vicenda, senza tradirne la magia onirica.

Ma ancora più sorprendente è stato apprendere le modalità con cui il gruppo aveva lavorato a scuola, che rivelavano una sorprendente attenzione da parte dell'istituzione – in uno stato, la Slovenia, che non brilla certo per floridezza economica – da suscitare invidia.

"Il nostro ginnasio," mi dice Andreja, "ha centosessanta anni di vita, un'impostazione classica, con latino, greco, filosofia, ed una grande attenzione alle arti. L'attività teatrale è extra-curricolare ed autonoma, ma è sostenuta economicamente dalla scuola e da fondi comunali e governativi. Non c'è selezione: prendiamo i ragazzi che scelgono questa attività così come ci arrivano, e cerchiamo di sviluppare il loro talento. Ogni gruppo ha un coordinatore: un regista, un attore professionista, uno studente di accademia d'arte drammatica, o anche un ex allievo dei nostri corsi, che li incontra un paio di volte alla settimana, per due ore. Ma, sotto debutto, si lavora tutto il giorno, e i ragazzi sono giustificati dall'assenza alle lezioni".

"Di solito", mi spiega ancora Andreja, "non lavoriamo direttamente sul testo teatrale. La prima metà del corso è dedicata ad improvvisazioni sul tema che tratteremo: a seconda dei casi, le tecniche più diverse, da Lacan al Butoh. Poi affrontiamo il testo, ma senza fissare i ruoli. In questo modo, ognuno prova diversi personaggi, e solo l'ultimo mese si assegnano le parti. Anche le funzioni scenotecniche sono svolte dagli studenti, dal disegno delle luci, ai puntamenti, alla fonica, e così pere il materiale pubblicitario, le locandine. I ragazzi seguono laboratori con scenografi, costumisti, coreografi, che li aiutano anche nella preparazione degli spettacoli. In tal modo sono loro gli autori a pieno titolo della drammaturgia, come dimostrano nelle interviste che, prima del debutto, rilasciano alle radio e alle televisioni locali.

All'interno della scuola c'è un piccolo palcoscenico. In un anno i ragazzi ci lavorano fra le 300 e le 500 ore, fra prove, rappresentazioni, ma anche la pulizia, la sistemazione degli spazi e l'assistenza agli altri gruppi. Per quelli del primo e all'ultimo anno, per riguardo ai loro studi e agli esami, l'orario è ridotto, ma siccome il teatro è considerato parte integrante della loro formazione, loro hanno la possibilità di programmare le interrogazioni.

I giovani attori con cui ho parlato sembrano entusiasti della loro esperienza.

"Mi sono innamorato del teatro, e non saprei immaginare che altro fare nella vita. Il teatro è libertà allo stato puro", dice Timon.

"Le ore che passo sulla scena sono le più belle della settimana. Lì posso fare ciò che, forse, non farei mai nella vita reale", aggiunge Neza.

"Presentare un personaggio al pubblico, e sentire che con la tua interpretazione lo stai affascinando," mi dice Tina con passione, "ti dà una sensazione unica".

Per Petja "... fare teatro vuol dire stare con gli amici, trovare stimoli per gli studi futuri, allargare i miei orizzonti culturali; ma soprattutto vivere un'esperienza che non ha uguale nella scuola".

Alcuni di loro pensano ad un futuro possibile mestiere come attori, ma Andreja mi rassicura: "La chiamiamo 'scuola di teatro', ma il nostro obiettivo principale è etico ed educativo: vogliamo che i ragazzi, sulla scena, si aprano alle minoranze culturali e religiose, ai gay; che il teatro sia il luogo ove lasciarsi andare, condividere segreti e difficoltà, che a loro sarebbe difficile comunicare ad altri; che per loro la scena sia un luogo rassicurante, in cui esprimere se stessi".

Ultima modifica il Giovedì, 21 Marzo 2013 08:23
La Redazione

Questo articolo è stato scritto da uno dei collaboratori di Sipario.it. Se hai suggerimenti o commenti scrivi a comunicazione@sipario.it.

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