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(CINEMA) - “A Beautiful Day” di Lynne Ramsay. Nel labirinto visionario del dolore

"A Beautiful Day” di Lynne Ramsay "A Beautiful Day” di Lynne Ramsay

A Beautiful Day - You Were Never Really Here
di Lynne Ramsay
Con Joaquin Phoenix, Ekaterina Samsonov, Alessandro Nivola,
Alex Manette, John Doman
USA, Francia 2017

Nel labirinto visionario del dolore

Joe (Joaquin Phoenix) è un ex veterano di guerra che per vivere lavora come sicario, specializzato in particolare nella lotta contro il traffico sessuale di giovani donne e contro la pedofilia . La sua vita scorre tutto sommato ordinatamente tra la spietata violenza delle sue azioni e i momenti i cui accudisce la madre anziana, fino al giorno in cui riceve l'incarico di ritrovare e salvare Nina (Ekaterina Samsonov), la figlia di un senatore che è stata rapita e inserita nel giro della prostituzione minorile, al servizio di uomini potenti e perversi. L'impresa però si rivela molto più pericolosa e articolata di quanto Joe potesse immaginare e sconvolgerà completamente la sua vita. You Were Never Really Here ( il cui titolo italiano è A Beautiful Day) è un film straordinario, realizzato con una regia e una sceneggiatura impeccabili che esplora i meandri della psiche dei suoi personaggi. Il disperato tentativo di Joe di salvare Nina è al contempo una lotta per redimere se stesso dai propri fantasmi. Joe si identifica in Nina e lei in lui. Sono accomunati dalla claustrofobia di un trauma, da quella sensazione di soffocamento che vediamo spesso Joe autoinfliggersi volontariamente con dei sacchetti di plastica,e dal conto alla rovescia che scandisce le loro paure. Sono stati entrambi totalmente indifesi, hanno conosciuto il male e ne sono rimasti segnati. Nina è lo specchio di Joe, ma lei può essere ancora salvata, e forse tramite lei anche lui. Sono anime sole che si trovano e che devono combattere contro un mondo crudele e violento. Lei è l'immagine di una sublime bellezza innocente e pura di cui tutti desiderano nutrirsi sottomettendola.
Joe è vittima di due traumi: uno più recente causato dalla terribile esperienza in guerra ed uno più remoto, che lo ha turbato fin dall'infanzia, ovvero i maltrattamenti fisici e psicologici che lui e la madre hanno subito dal padre. Un fattore comune è evidente: la sofferenza femminile. Nella mente di Joe immagini di donne morte o disperate si alternano a quelle della madre nascosta sotto un tavolo per sfuggire alla furia del marito. La dicotomia maschile-femminile gioca un ruolo fondamentale nella storia e nella psicologia del protagonista, che vive il conflitto interiormente e in prima persona. Le urla del padre che lo rimprovera di essere una femminuccia riecheggiano continuamente. Joe è dovuto divenire maschile, brutale, violento, ma la sua sensibilità si intravede costantemente e la sua fragilità ci tocca l'anima. Il Femminile che è in lui, lo yin cinese, emerge soprattutto quando si specchia negli occhi di Nina, indifesa come lo era stato lui da bambino. Fondamentale il rapporto con la madre, ormai anziana e fragile, ma anche vitale ed eccentrica. Un'interpretazione quella di Judith Anna Roberts che commuove profondamente. Il rapporto tra madre e figlio è molto forte. Per quanto Joe si voglia fingere forte e duro la accudisce amorevolmente e pazientemente, e probabilmente nelle donne che salva rivede lei e il suo dolore. I dialoghi tra di loro sono molto belli e restituiscono un rapporto madre-figlio inusuale ma credibile e coinvolgente.
Joe è continuamente sedotto dalla morte, istinto potente che aleggia nel suo spirito e lo spinge a desiderare di farsi del male. Capiamo subito che è un film di corpi che soffrono, a cui la cinepresa si avvicina costantemente, a volte con primi piani, altre mostrando il corpo e celando il volto, come nella sequenza d'apertura, dove seguiamo le azioni di Joe senza che per un po' ci venga mostrato nella sua interezza. Un film di cicatrici, come quelle che segnano inesorabilmente il suo corpo, e di sangue. Perturbante, introspettivo, toccante. Lynne Ramsay riesce a fondere violenza ed eleganza in un equilibrio perfetto. Una regia potente che non esita a soffermarsi su dettagli disturbanti, ma che al contempo rivela la sensibilità femminile della sua regista e sceneggiatrice. Joaquin Phoenix, attore che da sempre fornisce grandi interpretazioni, stupisce ancora una volta con una performance eccezionale, giustamente premiata a Cannes e meritevole di un eventuale Oscar. L'immedesimazione è totale e l'attore ha stravolto il proprio fisico per aderire allo stato emotivo del personaggio. Riesce a rendere tutte le complesse sfaccettature del personaggio con grande profondità, sostenendo il peso della sua mente disturbata e calandosi in un lago di dolore, come lo stesso Joe farà letteralmente durante il film. Morte e rinascita. Meglio sprofondare nella propria oscurità o lottare per ritrovare una luce perduta?
La sceneggiatura di Lynne Ramsay, anche questa premiata a Cannes e tratta dal romanzo Tu non sei mai stato qui di Jonathan Ames, è lodevole, non necessariamente per la sua originalità nella trama, che rievoca quella di grandi film come Taxi Driver e Léon, seppur ancora più stratificata, ma semplicemente per la sua bellezza e per la capacità di rendere così efficacemente la complessità psicologica di un personaggio immerso in un mondo brutale che violenta e uccide l'innocenza. La regia è sofisticata, imprevedibile, accurata. Il film una perla preziosa da non perdere. Il titolo originale, You Were Never Really Here, rende il carattere allucinatorio della visione distorta di un protagonista vittima dei propri fantasmi interiori, che invadono la realtà rendendo indistinguibile il reale dall'illusorio.
A contribuire all'ottima riuscita del film sono anche la sublime fotografia di Thomas Townend e la magnifica colonna sonora di Jonny Greenwood (ex chitarrista dei Radiohead divenuto uno dei migliori compositori di colonne sonore).
You Were Never Really Here è un film che turba e sconvolge interiormente per la sua potenza introspettiva e visiva e che con grande maestria ci immerge nella psiche di un personaggio perseguitato dai propri demoni interiori e in lotta contro se stesso e il mondo. Gli scambi di sguardi tra Joe e Nina ne sintetizzano la poesia. Una poesia del dolore, del precipizio, dell'uomo che annega nelle acque dell'oscurità, ma anche della rinascita e di una nuova luce.

Corinne Vosa

Ultima modifica il Martedì, 15 Maggio 2018 09:08

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