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(CINEMA) - "The Escape" di Dominic Savage. - Un viaggio di rinascita

"The Escape" di Dominic Savage "The Escape" di Dominic Savage

The Escape
di Dominic Savage
con Gemma Arterton, Dominic Cooper
Gran Bretagna, 2017

Un viaggio di rinascita

Le giornate di Tara (Gemma Arterton) sono una lenta inevitabile agonia fatta della sostanza della monotonia della vita quotidiana: deve assolvere i suoi compiti di madre e moglie impeccabile con il sorriso sul volto, senza lasciar trapelare la sua sofferenza interiore, dedicandosi ai due figli piccoli, occupandosi di tutto ciò che concerne la casa e soddisfacendo il marito Mark (Dominic Cooper), un bell'uomo che si dedica al suo redditizio lavoro e si aspetta che lei dia il meglio di sé nel resto. Ogni risveglio porta con sé un atto di sacrificio: si ritrova immediatamente tra le braccia di Mark, uomo molto passionale e carnale, che ogni mattina desidera fare l'amore con la moglie, e convinto che lei voglia altrettanto, senza guardarla negli occhi, senza riuscire a capirla, le rende difficile negarglielo. Ma durante l'asso sessuale Tara si sente come morire, e i suoi occhi disegnano un grido di dolore, versando alle volte lacrime. Mark non è cattivo, ma non riesce a vedere i segni della disperazione della moglie. La ama ed è convinto che la loro sia una famiglia perfetta: "Siamo fortunati viviamo una vita speciale. Stare bene insieme non è da tutti".
In effetti per molti aspetti dall'esterno potrebbe sembrarlo: vivono nell'agio economico, sono rispettati da tutti, i loro due figli seppur capricciosi, come tutti i bambini d'altronde, sono belli, sani e pieni di energia, Mark è un marito fedele e presente e sessualmente desidera così tanto la moglie perché lei è l'unica donna della sua vita, il suo grande amore. Ma Tara avrebbe bisogno di qualcuno in grado di capirla realmente, perché vive un disagio profondo che non può condividere con nessuno, un segreto indicibile: non è più felice. Vive nella finzione, adattandosi al suo ruolo e soffocando ogni giorno le sue vere emozioni. Subisce l'irascibilità del marito, che quando commette un errore le rivolge parole poco carine, e che lei col tempo ha iniziato a percepire troppo diverso e privo di sensibilità in aspetti della vita che per lei contano, l'arte ad esempio.
Tara è come se recitasse continuamente una parte, non riuscendo più a ritrovare se stessa e a sentirsi libera. Desidera un oltre, ma come trovarlo intrappolata nei suoi doveri di moglie e madre? Come placare un'insoddisfazione lacerante? Come essere se stessa in questa interminabile messa in scena?
Così il suo cambiamento si fa evidente anche agli occhi del marito, il quale prova a rimediare e venirle incontro ma invano. Ormai qualcosa si è spezzato e Tara ha bisogno di una rottura radicale. Un giorno nella totale disperazione fugge da casa e prende un treno per Parigi, la città dei sogni. Qui ritrova l'incanto della vita, dimentica tutto e si abbandona a un paradiso di sensazioni travolgenti, dove Arte, Beatitudine e Bellezza la prendono in sposa. Un nuovo inizio è alle porte?
Significativa a livello simbolico la visione dei sei arazzi medievali del ciclo La dama e l'unicorno, da cui Tara era rimasta affascinata fin da quando era ancora a Londra. Si dice che ognuno di questi arazzi rappresenti un senso. Ma qual'è il sesto senso? A un certo punto ci viene fornita la risposta: il desiderio, come reca scritto l'arazzo stesso. L'appagamento dei cinque sensi, la soddisfazione del più autentico e profondo desiderio che è in noi... l'estasi. Parigi è tutto ciò. Ma basterà per scordare il passato e le persone un tempo amate? Tara dovrà capire se il presente dell'attimo sia sufficiente per generare un futuro o se i fantasmi del passato siano troppo potenti per rinchiuderli in una zona oscura da dove non rechino disturbo. Potrà reinventarsi totalmente? O forse sentirà la nostalgia di ciò che ha perso?
Insoddisfazione, intolleranza alla routine, insofferenza verso i propri figli, baratro esistenziale, un rapporto di coppia che esplode e disintegra tutto... Parigi. Difficile non pensare a Revolutionary Road e alla April di Kate Winslet. Ci si chiede: cosa sarebbe successo se April fosse riuscita a fuggire a Parigi? Alle volte per ricominciare a vivere bisogna compiere un estremo atto di coraggio, e forse solo dopo è possibile capire cosa conta realmente. Per Tara questa fuga è fondamentale per salvarsi da quella lenta morte interiore che condannò April, quel male chiamato anche depressione.
Gemma Arterton ci regala un'interpretazione eccezionale, dimostrando di essere un attrice dalla grande sensibilità e capace di cimentarsi in tutte le sfumature dell'animo umano. D'altronde lei è il film, e la sceneggiatura rende inevitabile che il ruolo della protagonista sia coperto da una grande attrice, mentre allo stesso tempo la regia insiste sull'efficacia degli espressivi primi piani del viso di lei.
Si distingue positivamente anche Dominic Cooper, in un ruolo meno semplice e scontato di quanto si possa pensare, in cui si amalgamano ingenuità, pragmatismo, carnalità, istintività, tenerezza e fragilità.
D'ora in poi Tara chi vedrà guardando la propria immagine riflessa? Più volte nel film uno specchio riflette il suo volto sperduto o addolorato, e lei si osserva, come cercando di capire chi è realmente, cosa vuole, e qual'è l'antidoto per l'infelicità. Lo scoprirà? Forse. Se esiste. Se è possibile essere del tutto felici.

Corinne Vosa

Ultima modifica il Mercoledì, 27 Giugno 2018 10:24

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