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CINEMA - Festa del Cinema di Roma - "Millennium – Quello che non uccide" di Fede Alvarez. - Il ritorno di Lisbeth Salander

"Millennium – Quello che non uccide" di Fede Alvarez "Millennium – Quello che non uccide" di Fede Alvarez

Millennium – Quello che non uccide
di Fede Alvarez

Con Claire Foy, Sylvia Hoeks, Sverrir Gudnason
Gran Bretagna, Germania, Svezia, Canada, USA. 2018

Il ritorno di Lisbeth Salander

Sono trascorsi quasi dieci anni dall'uscita in sala del film svedese Uomini che odiano le donne, in cui a interpretare per la prima volta Lisbeth era Noomi Rapace e così negli altri capitoli della trilogia svedese, La ragazza che giocava con il fuoco e La regina dei castelli di carta. Seguì il remake americano del grande David Fincher, Millennium - Uomini che odiano le donne (nella versione originale The Girl with the Dragon Tattoo) dove fu passato il testimone all'intensa Rooney Mara, che con successo si misurò con questo personaggio già divenuto iconico. Oggi è il turno dell'inglese Claire Foy, vincitrice del Golden Globe per The Crown, ma che vanta anche nella sua filmografia preziose collaborazioni con registi quali Chazelle e Soderbergh, protagonista in The First Man e Unsane. L'attrice interpreta Lisbeth in Millennium – Quello che non uccide (il titolo originale è The Girl in the Spider's Web) ultimo attesissimo capitolo di questa fortunata serie cinematografica, presentato in anteprima mondiale alla Festa del Cinema di Roma. Il film è il primo adattamento del recente bestseller omonimo di David Lagercrantz, scrittore che ha raccolto il testimone di Larsson.

Lisbeth Salander, personaggio principale dell'acclamata serie di libri Millennium creata da Stieg Larsson, è una vera e propria figura di culto, un'icona femminile forte e fragile allo stesso tempo, costretta fin da bambina ad imparare a nuotare nelle acque dell'oscurità per colpa della crudeltà maschile. Nella sua figura sono incarnate tutte le violenze fisiche e psicologiche subite da ogni donna, il suo look dark- punk simboleggia un dolore di vivere quasi insostenibile, che trova espressione nella vendetta e nel desiderio di giustizia. Quello che non uccide si apre su un momento fondamentale del passato di Lisbeth, una sorta di crocevia determinante per il suo futuro. Le atmosfere gotiche e tetre mettono da subito in risalto l'esperienza del regista Fede Alvarez nella cinematografia horror, costruendo uno stile elegante riconducibile a questo genere ed efficace per esprimere visivamente le inquietudini emotive della protagonista e la brutalità della realtà in cui vive. Una Lisbeth Salander quella di Claire Foy sempre più dalle fattezze eroiche: una moderna eroina dark, una Catwoman vendicatrice della violenza sulle donne, una versione femminile di Batman. È un hacker professionista che riesce a compiere l'impossibile grazie alla sua intelligenza e tenacia, ma soprattutto una donna che porta sulla schiena il tatuaggio di un enorme drago nero, specchio della sua anima tormentata e piena di rabbia. La prima mezzora del film annuncia una prospettiva tutto sommato affascinante, un cambiamento imponente nel registro stilistico della serie Millennium: dal noir cupo scandinavo a un raffinato blockbuster che porta sullo schermo le atmosfere e le ambientazioni svedesi in una chiave molto più spettacolare. Il problema però è nel come, dal momento che l'intensità e la poeticità del primo atto si disperdono in un action movie esasperato e affatto credibile, privo dell'autoironia dei film su James Bond e quasi più irrealistico di quelli della DC.
La bellezza del personaggio di Lisbeth è nella sua complessità psicologica, ma questo bisogno frenetico di azione ed effetti spettacolari distrugge la concretezza e tangibilità del mondo di Millenium, nonché la sua poesia intimista. Tutta la parte centrale del film, il cosiddetto secondo atto, è esasperata e caotica; l'espressività di Claire Foy, che fornisce un'ottima interpretazione, in parte sopperisce alla debolezza della sceneggiatura e della regia, ma ovviamente non è sufficiente. Una regia che dopo un buono ed incisivo inizio si indebolisce sempre più, perdendo le proprie peculiarità stilistiche e rischiando di conformarsi agli altri spy movie. Verso il finale, nel terzo atto, qualcosa cambia nuovamente e Fede Alvarez sembra ritrovare se stesso, recuperando il recuperabile e creando momenti intensi e visivamente suggestivi.
Dato lo scarso lavoro di approfondimento dei personaggi, o almeno della maggioranza, l'ottimo cast non viene sfruttato al meglio. Mikael, legato a Lisbeth da un amore platonico impossibile, era un personaggio molto più centrale negli altri film della serie, mentre qui il suo utilizzo appare quasi superfluo, nonostante a interpretarlo sia Sverrir Gudnason, che recentemente ha interpretato magistralmente Björn Borg. Interessante, anche se forse un po' troppo forzato, il ruolo di Camilla Salander, interpretata da Sylvia Hoeks, la protagonista di La migliore offerta di Tornatore. Camilla, estremamente pallida e con la sua veste rossa, simboleggia il passato che torna a far visita a Lisbeth, l'inconscio, il rimosso. Una donna che vive negli inferi della morte e per sopravvivere ne è divenuta la dea.
Vedendo Quello che non uccide si percepisce il bisogno di una maggiore compenetrazione tra intimismo e spettacolarità, autorialità ed epicità, una miscela difficile da trovare ma niente affatto impossibile, come ci ha dimostrato Nolan con la trilogia del Cavaliere Oscuro. Forse Alvarez avrebbe dovuto di più apprendere da predecessori come lui l'importanza di portare avanti in ogni punto della narrazione uno stile e delle atmosfere che siano espressione dell'Io profondo del personaggio.

Corinne Vosa

Ultima modifica il Domenica, 28 Ottobre 2018 21:51

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