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(CINEMA) - "Stanlio e Ollio" di Jon S. Baird. Eravamo le colonne

"Stanlio & Ollio" di Jon S. Baird "Stanlio & Ollio" di Jon S. Baird

Stanlio e Ollio  (Stan & Ollie)
di Jon S. Baird
Con Steve Coogan, John C. Reilly, Nina Arianda, 
Shirley Henderson, Danny Huston
USA, Gran Bretagna 2018

Eravamo le colonne

Siamo ad Hollywwod nel 1937. Stan Laurel (Coogan) e Oliver Hardy (Reilly) sono all'apice del successo ma Stan morde il freno: è convinto che il loro produttore, Hal Roach (Huston), li sfrutti e che lui – vero creatore delle gag del duo - dovrebbe avere un ruolo creativo più evidente; così, poiché il suo contratto è in scadenza, durante la lavorazione de I fanciulli del West, lo affronta con decisione, mentre Oliver è molto più prudente perché, pur guadagnando molto, le donne e le scommesse lo depauperano costantemente. Hal non sente ragioni ma, quando Laurel conclude un vantaggioso accordo per loro due con la 20th Century Fox, il pavido Hardy non si presenta alla firma del contratto. 16 anni dopo, i due sono in Inghilterra per una tournee teatrale ma il loro impresario inglese, Bernard Delfont, poco convinto delle loro possibilità di raccogliere ancora pubblico, li fa recitare in teatrini minori e li alloggia in squallidi alberghetti. Dopo una serie di recite a teatri semivuoti, Delfont tenta la carta di promuovere il loro spettacolo con interviste e presenze a manifestazioni popolari. E' un trionfo. Il pubblico inglese, finalmente avvertito della loro presenza sulle scene, affolla i teatri, tantoché a Londra si apre per loro il prestigioso Lyceum Theatre, che esaurisce i posti disponibili con due settimane di prenotazioni. Ora i due sono felici; hanno ritrovato il loro pubblico e alloggiano al Savoy, dove li raggiungono le loro mogli, Lucille Hardy (Henderson) e Ida Laurel (Arianda). Lo scopo principale della massacrante tournee (sono entrambi anziani e, anche a causa di antichi problemi di alcolismo, malandati), però, è quello di incontrare il produttore inglese Harold Miffin, per conclude l'accordo per un film comico su Robin Hood, alla cui sceneggiatura Laurel lavora continuamente. Miffin è però irraggiungibile e, quando Stan, rotti gli indugi, va da lui e, dopo una lunga anticamera, fa irruzione nel suo ufficio – tra le proteste della receptionist (Stephanie Hyam) – trova solo la responsabile di produzione (Susy Kane) che gli comunica seccamente che il film non si farà. Lui non ha il coraggio di dirlo all'amico ma ad un party in loro onore, loro (anche un po' insufflati dalle mogli che si sopportano poco) cominciano a litigare: Oliver ha saputo che Stan è ancora offeso del suo comportamento di 16 anni prima – e soprattutto che lui abbia girato il film Zenobia con Harry Langdon (Richard Cant) come partner – e, a sua volta, lo rimprovera di essere arido, dedito solo al lavoro e di non volergli bene. Continuano ad esibirsi, senza rivolgersi la parola fuori dal palcoscenico sino a che, durante la premiazione in un concorso di bellezza, Oliver ha un attacco di cuore. L'amico lo soccorre e lo porta in albergo e qui il medico (Roger Ringrose) che lo visita lo diffida dal continuare a recitare: il suo cuore è troppo affaticato. Lui decide di ritirarsi e lo comunica, con dolore, a Stan. Questi vorrebbe, a sua volta, interrompere gli spettacoli ma Delfont lo convince a continuare con un comico inglese, Nobby Cook (John Henshaw), che ha un buon successo. Lui accetta ma la sera del debutto, il direttore del teatro (Tony Sedgwick) è costretto a restituire i soldi dei biglietti: Laurel non se la sente di andare avanti senza Hardy. Mentre prepara le valigie, entra in stanza Oliver che gli comunica che, a dispetto delle prescrizioni mediche, ha deciso di riprendere la tournee, che, come da contratto, prosegue in Irlanda. Sul traghetto Stan trova il coraggio di dirgli che il film non si farà più ma Oliver lo rassicura: la aveva capito benissimo. Ora sono a Dublino e Oliver è assai provato ma non rinuncia, a sorpresa, a chiudere lo show con il mitico balletto de I fanciulli del west, At the ball, that's all.
Osvaldo Soriano, nel suo Triste, solitario, y final aveva sottolineato la tristezza del loro declino e alluso sottilmente ad un loro relazione. Il film di Baird – e lo script di Jeff Pope (Philomena) ispirata al libro biografico di A.J.Mariott Laurel & Hardy – The british tour – anch'esso pervaso di malinconia non riprende del tutto il tema ma la litigata con i toni di due vecchi amanti, l'uno risentito per un vecchio tradimento (il film "dell'elefante", cioè Zenobia) e l'altro che gli rinfaccia di non averlo mai davvero amato, e, soprattutto, la tenerissimo zoomata che riprende Stan entrato nel letto dell'amico malato per scaldargli le mani raccontano qualcosa di assai simile all'amore. Stanlio & Ollio erano, va ricordato, quanto di più simile a due melanconici clown il cinema abbia mai presentato; le loro gag erano divertentissime ma anche crudeli: in almeno due film Ollio (I diavoli volanti) o tutti e due (Ronda di notte) muoiono e, comunque, erano maltrattati, spesso con violenza invalidante, da un mondo che non accettava il loro essere infantili, inadeguati, in una parola "diversi". Il film è ben attento a non caricaturare i due personaggi ma, pur raccontando il declino, i tic e la grandezza di due artisti (grazie anche alla eccezionale bravura di Coogan e Reilly), ha continui rimandi alle loro trovate: il baule che cade dalle scale come il pianoforte de La scala musicale, le gag di Stan per intrattenere la receptionist del produttore inglese e le due mogli, impressionantemente ricalcate su Mae Bush e Dorothy Christy, le attrici che impersonano mogli virago de I figli del deserto. Stanlio e Ollio è uno dei migliori film biografici sulla vita di comici (i precedenti su Chaplin e Buster Keaton, ad esempio, erano molto più freddi ed illustrativi) e merita il buon successo che sta avendo. Notazione finale: mi ha intenerito sentire, durante la proiezione, un bambino ridere di gusto ad una delle loro gag. La loro comicità è davvero eterna.

Antonio Ferraro

Ultima modifica il Martedì, 07 Maggio 2019 08:08

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