Le tre tragedie raccontano l'uccisione di Agamennone da parte della moglie Clitemnestra (Agamennone), il matricidio di Oreste (Coefore) e la sua liberazione dalle Erinni, dee che puniscono gli omicidi all'interno del nucleo familiare, la loro conversione in Eumenidi, dee benevole, e l'istituzione dell'Areopago da parte di Atena (Eumenidi). La pesantezza di un copione ricalcato sul testo di una trilogia tragica rimane, ma viene alleviata dalla scelta di utilizzare, oltre alla recitazione, il ballo, il canto ed effetti speciali moderni come il tappeto rosso sangue reso da una luce proveniente da sotto il palco. Le coreografie catturano l'occhio dello spettatore e riecheggiano di mistico e di "barbaro". I canti, dell'Agamennone soprattutto, sono suggestivi, alcuni però, come quelli del terzo atto, stonano con l'atmosfera e non risultano altrettanto efficaci. Da non sottovalutare la potenza espressiva di Elisabetta Pozzi, Clitemnestra, e Gaia Aprea, Cassandra, che arricchiscono la rappresentazione.
Nonostante le possibili critiche, l'Orestea funziona e può essere apprezzata grazie alle scelte innovative del regista Luca De Fusco.