La storia tratta di una giovane esposta, Antonia, che fin dai primi anni in convento impara quanto la vita sia difficile, subendo anche molestie da una compagna.
Dopo l'affidamento però, una realtà diversa e affascinante le si presenta davanti ed abituandosi alla vita di paese cresce sempre più bella. Accusata di usare la propria malia per sedurre i giovani che impazziscono per lei, si concede a diciannove anni soltanto ad un camminatore, di età maggiore di lei ma di inferiore spessore morale.
Quando strani eventi iniziano a manifestarsi in paese, il parroco locale accusa Antonia di stregoneria al Sant'Uffizio. Ascoltati i testimoni, torturata l'inquisita, ricevute le risposte che voleva sentire, il vescovo la condanna al rogo. È l'11 settembre 1610 quando, dopo il gran fuoco, il paese festeggia la liberazione dal male.
La bellezza del testo trova un solido appoggio nella grande abilità della Giagnoni che, non più abituata a un finale tragico per i propri spettacoli, come ha affermato lei stessa, è capace comunque di emozionare il pubblico fino alle lacrime.
L'ingiustizia di un passato che ci appare ora così lontano è in realtà più che attuale: la stessa attrice lo sottolinea a fine spettacolo, mostrandosi convinta e speranzosa che un giorno la discriminazione verso il sesso femminile cesserà.