Il coreografo, infatti, pensando alla sua cultura e alle sue origini albanesi, colloca questa storia d'amore universale nel contesto dei regimi totalitari dei paesi dell'Est, ambientandolo in una Verona immaginaria e dal leggero gusto futurista. Nella particolare rilettura del coreografo, leggermente diversa dalla versione originale del 1990 sia per quanto riguarda le scenografie di Enki BIlal, sia per le coreografie che si sono evolute attraverso la forte complicità con i danzatori della compagnia, l'intramontabile conflitto tra Montecchi e Capuleti non è più giustificato da una semplice faida tra famiglie, ma da una profonda differenza di classe sociale. La famiglia di Giulietta fa parte della classe dirigente di un regime totalitario, dotata quindi di potere e privilegi, mentre la famiglia di Romeo appartiene al popolo dissidente e ribelle, povero e sottomesso. Il movimento, estremamente descrittivo e caratterizzante, di stampo neoclassico, permette allo spettatore la netta distinzione di ruoli contrapposti: se per i Capuleti la danza è prettamente di ispirazione militaresca, fredda e austera, quella dei Montecchi si presenta più esplosiva e istintiva, ricca di salti e virtuosismi.L'imponente musica di Prokof'ev si sposa perfettamente con le coreografie "belliche", enfatizzando la forza e la fisicità di risse combattute a colpi di manganello e la tragicità delle violente morti dei ribelli. Commoventi e intensi sono invece i passi a due tra Romeo e Giulietta: il loro amore cresce a passi di danza insegnando loro a conoscersi e concedersi attraverso un continuo intreccio di timidezza, passione e dovere, dove il movimento diventa parola ed emozione, disperato punto di incontro, fisico e sentimentale, tra i due amanti cui amore sarà sinonimo di morte. Il susseguirsi di sequenze sistematicamente ripetute sottolinea le intenzioni e i sentimenti dei personaggi coinvolgendo in una sottile angoscia lo spettatore, completamente ipnotizzato dal perfetto connubio tra danza, musica e scenografia.