Luciano Carratoni presenta
BALLETTO DI ROMA
Direzione Artistica Francesca Magnini
coreografia Fabrizio Monteverde
personaggi e interpreti
Otello Vincenzo Carpino
Desdemona Roberta De Simone
Cassio Riccardo Ciarpella
Iago Paolo Barbonaglia
Emilia Azzurra Schena
La compagnia
Paolo Barbonaglia, Cecilia Borghese, Lorenzo Castelletta,
Vincenzo Carpino, Riccardo Ciarpella, Roberta De Simone
,
Monika Lepisto, Mateo Mirdita, Kinui Oiwa, Eleonora Pifferi,
Azzurra Schena,
Giulia Strambini, Simone Zannini, Stefano Zumpano
coreografia e scene Fabrizio Monteverde
musica Antonin Dvořák
maitre e assistente alla coreografie Anna Manes
costumi Santi Rinciari realizzati da Sartoria Tailor's & Co
light designer Emanuele De Maria
Teatro Quirino Vittorio Gassman dal 30 aprile a 5 maggio 2019
Otello è tutto e il suo contrario. È fiducia e gelosia. Gioia e dolore. Pena e brio. Chiarezza e oscurità. Verità e inganno. E per finire: fiducia e diffidenza. Shakespeare non ha rappresentato solo il mito dello straniero malvisto da una società non disposta a condividere i suoi valori o a metterli in discussione. Ha inscenato due visioni diverse dell'uomo. Differenti concezioni dello spirito e dei sentimenti.
Desdemona, figlia di una società che ha reso finzione ed ipocrisia abiti quotidiani, s'innamora del Moro in quanto prode e valoroso soldato che non necessita di travestimento perché di sé non ha vergogna. Otello non è uomo da tollerare sfumature. I colori incerti lo infastidiscono. E di questa incapacità nel vedere e valutare le diverse gradazioni del mondo e delle persone, Iago approfitta. Reputando Otello un sempliciotto facile da ingannare e muovere come un puparo le marionette, egli ordisce una trama di visioni distorte. È il dubbio, a questo punto, a prevalere su tutto. Così facendo, Otello non vede più con i suoi occhi. Diviene d'un tratto incapace di giudizio. E sarà questa sua miopia, questo suo limite a indurlo ad uccidere Desdemona, creduta infedele e perciò meritevole di morte.
Tale accordo di passioni e sentimenti contrapposti non avrebbero potuto incontrare abito migliore delle musiche di Dvořák. Quell'insieme di note così mitteleuropee, austriache e boeme al contempo, che rammentano le guglie dello Stephansdom viennese o il Ponte di pietra di Praga protagonista dei racconti fantastici di Perutz, simboleggiano al meglio l'alternarsi delle contraddizioni su cui Otello cresce e si avviluppa.
Fabrizio Monteverde ha reso tutto ciò attraverso due modelli coreografici fondamentali. Uno contraddistinto da movenze e prese decise, passionali, dotate di forza pur senza risultare violente. L'altro di abbracci che si trasformano in carezze, di sospiri che preludono ad elevazioni, che raffigurano la levità dello spirito dell'uomo nell'atto in cui vive un puro sentimento d'amore.
L'influenza nefanda di Iago sul Moro, si traduce in passi di danza del primo che, lentamente, Otello fa suoi senza avvedersene. È questo l'attimo preciso in cui il Moro perde la purezza mostrata al suo ingresso in scena, vestito solo di una vestaglia deputata a coprire un corpo nudo e ad abbracciare e far sua la bella Desdemona.
Vincenzo Carpino (Otello) e Roberta De Simone (Desdemona) hanno dato vita a stupendi passi a due: precisi, senza indecisioni, essenziali e al contempo ricchi di sottintesi. Tanto l'uno quanto l'altra hanno danzato con coordinamento e misurata sensualità. Altrettanto buono lo Iago di Paolo Barbonaglia la cui mimica mefistofelica ha dato al personaggio la giusta dose di melliflua cattiveria senza cadere nel manierismo.
Questo Otello tradotto in danza ha badato molto all'interiorità dei protagonisti, alla loro psicologia. Ha saputo mantenerli in quel limbo della psiche dove bene e male si confondono. Dove il buio non è solo assenza di luce.
Pierluigi Pietricola