balletto in tre parti
musiche: Edvard Grieg
coreografia: Renato Zanella
regia: Beppe Menegatti
scene: Cristian Biasci
costumi: Elena Mannini
con Egon Madsen, Alessandro Molin, Alessio Carbone, Carla Fracci, Mario Marozzi
orchestra e corpo di ballo del teatro dell'opera
direttore d'orchestra: Peter Tiboris
Roma, Teatro dell'Opera, dal 7 al 11 novembre 2007
Fracci si, Fracci no; Fracci che domina la scena del balletto, e con la sua incombente personalità l'opprime. Fracci bersaglio degli strali di Roberto Bolle che però torna al Teatro dell'Opera di Roma, dove la Fracci da tempo dirige il Ballo, già il 3 dicembre in un gala di riconciliazione. Fracci che vestirà, a breve, al Teatro Massimo, i panni della nobildonna palermitana Franca Florio, in un balletto encomiastico di Luciano Cannito. Fracci ovunque...
Eh però, bastava vederla morire o svaporare , nel 'Peer Gynt' allestito a Roma, da Renato Zanella (coreografia) e Beppe Menegatti (regia) per ammettere come nel tu per tu con la scena, a settant'anni insospettabili, Fracci possa essere non meno che grandiosa.
Polverizzando ogni distinzione tra balletto e danza, lei agisce morendo nei confacenti panni di Ase, la madre asprigna ma credulona di Peer, in un serrato dialogo tra peso del corpo e suo abbandono. Coi capelli sciolti, i lunghi pepli alla Duncan, la sciarpa impalpabile, espone il suo personalissimo modo di respirare musicalmente, o di respirare tout court, segreto inconfessato di tutta la grande danza e dello stare in scena.
Ibsen, nelle trascinanti musiche con canto di di Edvard Grieg, dirette sul podio da Peter Tiboris, ha ispirato una delle più corpose produzioni coreutiche recenti da teatro d'opera; un balletto che illustra le gesta amorali del personaggio ibseniano più che penetrare del tutto nel suo celebre motto "ti basti essere come sei", e con quadri nello stile 'Excelsior' di Ugo Dell'Ara: Peer in Africa, mercante di schiavi, in lotta con belve e scimmie o in manicomio. Ma l'insieme è appassionato. Con crescente attenzione si inseguono le diverse età dello spaccone norvegese in viaggio, restituite da altrettanti danzatori . Alessio Carbone, primo ballerino dell'Opéra di Parigi, è un brillantissimo Peer giovane dai caratteri mediterranei, un "danzatore" speciale; Alessandro Molin (Peer maturo) è seducente e il sessantacinquenne Egon Madsen, Peer ormai vecchio nel rientro a casa, si rivela toccante sospettando il proprio fallimento esistenziale, surclassando la morte per abbracciare, dopo la celebre canzone di Solveig, quella ragazza che lo ha sempre atteso e ora gli si avvinghia al collo.
Nello spazio dal chiarore abbacinante, sul quale planano disegni e quadri (Munch compreso), molta forza l'hanno l'Uomo in Nero, ovvero la coscienza di Ibsen (Mario Marozzi), i Trolds e il loro capo (Guido Pistoni). Peer si intrattiene con questi fiabeschi personaggi ingravidandone la principessa (una splendida Gaia Straccamore). All'intensa Solveig (Sara Loro) s'accosta la sposa rapita da Peer (Kristine Saso) e l'arabeggiante Anitra (Myrna Kamara) in una zona femminile della compagnia romana, avvenente e preparata, cui la scuola Fracci evidentemente si addice.
Marinella Guatterini
La danza in Italia è soprattutto memoria di un grande repertorio, riproposto in forme nuove e perciò, grazie a Dio, vivo. Raramente si dà vita a spettacoli di nuova creazione, per le remore imposte dal contenimento dei costi e, diciamolo, dalla scarsa curiosità del nostro pubblico. Al Teatro dell'Opera di Roma l'eccezione è di casa, l'ex novo figura sovente nei programmi. In questo scorcio di stagione ci viene offerto con Peer Gynt un ghiotto assemblaggio di quanto a teatro, nella musica e con l'arte figurativa è stato espresso su questo personaggio delle saghe norvegesi: manco a dirlo, da Ibsen, da Grieg e persino da un poco noto contributo di Edvard Munch. Il collante è un balletto guidato da un emigrante di lusso, Renato Zanella, ormai stabile a Vienna dove si fece già una fama coreografan do le danze dei Concerti di Capodanno. A presiedere, da regista, la nascita della novità multiforme è Beppe Menegatti, molto versato nei trasversalismi storici che recuperano le influenze reciproche fra le arti. In questo caso influenze e intrecci tutti interni alla tradizione norvegese. Ibsen scrisse il «Peer Gynt» come poema lirico, indotto poi a farne un dramma, per il quale volle da Grieg le musiche di scena. E il già maturo connazionale, che pure non affrontò mai il teatro, gli fornì un vero florilegio di armonie contrastate, fini invenzioni melodiche, sempre funzionali al racconto scenico, nei momenti lirici delle presenze femminili, nell'evocazione del folclore contadino, nella forte espressività del melologo. Col balletto di Zanella il racconto delle peripezie del libertario protagonista alla ricerca di se stesso si fa agile nella ripartizione in brevi scene dove la materia musicale si attaglia efficacemente all'azione. E il corpo di ballo dell'Opera vi 'recita' con levigata brillantezza sentimenti collettivi e caratteri individuali nello stile neoclassico elegante e fluido di Zanella. Tra i molti che spiccano c'è l'anima e la guida di questo complesso in ascesa, la sempreverde Carla Fracci, e Gaia Straccamore e Alessio Carbone. Nella cornice scenografica di Cristian Basci compaiono le maxi immagini dei disegni di Munch, carichi di un teso espressionismo che fa da contrappunto visivo a una rappresentazione sontuosamente essenziale, impreziosita dai costumi fantasiosi di Elena Mannini. Molto attento nel concordarsi al palcoscenico il direttore d'orchestra Peter Tiboris.
Toni Colotta