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ROMEO E GIULIETTA 1.1 - coreografia e regia Roberto Zappalà

"Romeo e Giulietta 1.1", coreografia e regia Roberto Zappalà. Foto Serena Nicoletti "Romeo e Giulietta 1.1", coreografia e regia Roberto Zappalà. Foto Serena Nicoletti

coreografia e regia Roberto Zappalà
interpreti Maud de la Purification, Antoine Roux-Briffaud
cura dei testi Nello Calabrò
luci e costumi Roberto Zappalà
musica Pink Floyd, Elvis Presley, Luigi Tenco, José Altafini, Mirageman, John Cage, Sergei Prokofiev
produzione Scenario Pubblico/Compagnia Zappalà Danza – Centro di Produzione della Danza, coproduzione Orizzonti Festival Fondazione, in collaborazione con Le Mouvement Mons Festival
Al Teatro Elfo Puccini per il festival MilanOltre, l'1 ottobre 2017

www.Sipario.it, 18 ottobre 2017

Romeo e Giulietta 1.1 (la sfocatura dei corpi)

Battito cardiaco. Foschia. Musica dei Pink Floyd. Lei, su una piccola bicicletta gira per il palcoscenico. Lui, con una maschera subacquea boccheggia come a parlare a dei pesci immaginari dentro un ideale acquario che accentua la visione circostante e un senso di sordità. Entrambi indossano scarpe da ginnastica, pantaloncini e t-shirt colorati. Sono Romeo e Giulietta, giovani ignari l'uno dell'altro. Soli. Ingenui nel loro gioco isolato, nel loro mondo sognato. Luci colorate e roteanti da discoteca animano improvvisamente la scena. È la festa di casa Capuleti, che evoca presenze invisibili. Lui rotea le braccia, lei ferma guarda in alto. Quindi movimenti scomposti attraverso i quali si scrutano. Sulle note della canzone Love me tender (di Elvis Presley), tenera dichiarazione d'amore, tenendo un faro puntato i due si illuminano a vicenda, a turno e sempre a distanza. Ancora una canzone, sussurrata da lei: "Caro maestro..." (di Luigi Tenco). E un'altra: "Rosa, che bella rosa..." (di Josè Altafini). Quindi un mambo sul quale ballare con sul viso delle eleganti maschere carnevalesche. All'illuminarsi della scena subentrano le note pianistiche di John Cage, contrappunto ai movimenti del duo ora catturato dentro una striscia di luce che, dal rosso, trascolora al verde, al bianco, cogliendoli in pose lente, come ubriachi o estatici. L'improvvisa luce accecante da fondo li sfoca ulteriormente facendoli muovere a tentoni. Poi delle voci nell'etere (citazioni dal film Harry a pezzi di Woody Allen). Corse e cadute, attraversamenti in diagonale, generano una sorta di competizione e di corteggiamento. Con le dita delle mani simulano un cannocchiale come per mettere a fuoco la visione circostante. S'incrociano gli sguardi, si siedono a terra togliendosi le scarpe, e si avvicinano al centro. È così che si rivelano l'uno all'altra, in uno spazio sempre più ravvicinato, in una messa a fuoco che li fa incontrare e svelare. Il silenzio subentrato cede il posto alla musica di Prokofiev. Distesi a terra, spalla contro spalla e con le teste, toccandosi come a volersi fondere, danno l'impulso ad un intreccio di gambe, di braccia, di corpi che rotolano, che si scoprono, che si amano. Sull'onda, da qualche tempo in atto, del recupero di un patrimonio coreografico della danza italiana che ha lasciato un segno nel tempo, si inserisce il Romeo e Giulietta 1.1 di Roberto Zappalà, il primo del progetto Antologia che prevede la ripresa di altri lavori del repertorio che hanno segnato la sua ricca e importante attività. «Una revisione che è anche e soprattutto un rinnovamento», spiega Zappalà. Il coreografo catanese dà così spazio al riaffiorare della memoria, al riemergere di una storia da mantenere e conservare ma arricchendola di un nuovo tempo, da rileggere e rimodellare, serbando sì la sua origine, quel momento creativo unico e irripetibile eppure ancora riproducibile, per ridare forma e ulteriore linfa ad un passato non lontano di cui si nutre sempre il presente. Questa nuova versione si discosta da quella del 2006 oltre che nel primo titolo, La sfocatura dei corpi, anche nella scenografia (all'epoca pareti di plastica trasparente e due tribune frontali per il pubblico), e, naturalmente, nei nuovi interpreti, un doppio cast, diverso e complementare, costituito dai superbi Maud de la Purification e Antoine Roux-Briffaud, e da Gaetano Montecasino e Valeria Zampardi. A tracciare e sintetizzare la celebre storia d'amore scespiriana bastano solo i due amanti e i loro corpi vibranti, morbidi e tesi, ansimanti e impetuosi nel loro avvinghiarsi, distanziarsi e ricongiungersi. La narrazione è nei loro stessi corpi, dentro i moti del sentimento che evocano, nel cercarsi e non trovarsi, nello scoprirsi e riconoscersi in quella messa a fuoco anzitutto dell'anima, prima che fisica, che dà luce alla loro consistenza di amanti, colti nel crescere irrequieto dello stare al mondo. È questo disagio intimo e sociale ad accomunarli. Lo vinceranno nel sigillare un amore sempre più forte, spogliandosi pudicamente in controluce e rimanendo in biancheria intima color carne: una "nudità" che è preparazione alla fine. Ad essa giungeranno in una sfibrante, appassionata sequenza di rotolamenti dentro rettangoli di luce cangiante, fino al quadrato finale della tomba, che non segna la loro morte. Nel finale, mutevole, che li vedeva sollevare estatici le braccia e indicare col dito in alto la rinascita a una nuova vita, c'è ora (nella versione vista a MilanOltre, rispetto al debutto di Catania a Scenario Pubblico) un continuo rimandare il trapasso, un voler capitolare prima o dopo a favore l'uno dell'altra. Ed è un abbraccio che sembra non finire mai. Per poi uscire di scena. Perché Zappalà, in ultimo, fa di questo bellissimo Romeo e Giulietta 1.1, un inno alla vita.

Giuseppe Distefano

Ultima modifica il Venerdì, 20 Ottobre 2017 00:37

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