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ROMEO E GIULIETTA - coreografia Jean-Christophe Maillot

"Romeo e Giulietta", coreografia Jean-Christophe Maillot. Foto Alice Blangero "Romeo e Giulietta", coreografia Jean-Christophe Maillot. Foto Alice Blangero

Balletto in tre atti.
Musica di Sergej Prokof'ev
Coreografia di Jean-Christophe Maillot

Scene: Ernest Pignon-Ernest
Costumi: Jérôme Kaplan
Light designer: Dominique Drillot

Con: Anna Blackwell, Victoria Ananyan, Alexis Oliveira,
Simone Tribuna, Alvaro Prieto, Cristian Assis e Les Ballets de Monte-Carlo.

Orchestra del Teatro La Fenice
Direttore: Nicolas Brochot

VENEZIA, Teatro La Fenice, dal 12 al 16 dicembre 2018

www.Sipario.it, 22 dicembre 2018

"In man [...] grace and rude will", Romeo e Giulietta alla Fenice

Nella corteccia tenera di questo fragile fiore
risiedono veleno e potere medicinale;
perchè se lo si annusa ogni parte del corpo
si infiamma di allegria,
se lo si assaggia ogni senso si blocca insieme al cuore.
Nell'uomo, come nelle erbe, sono accampati
due opposti sovrani, grazia e incontinenza:
e dove il peggior predomina, presto il cancro mortale
divora la pianta.
William Shakespeare, Romeo e Giulietta

Sulla tormenta anima di Frate Lorenzo e sulla sinistra luce che ammanta il personaggio si incardina la versione coreografica della nota tragedia shakesperiana riletta da Jean-Christophe Maillot nel 1996. Quantunque il coreografo abbia esplicitamente inteso affrancarsi dall'idea di parafrasare l'opera di Shakespeare, è altresì vero che il segmento che il drammaturgo e poeta inglese dedica a Frate Lorenzo sembra qui riletto pressoché pedissequamente quale punto di vista originale e specifico della creazione sulle punte. Un profilo, questo, che manifesta quanto l'irrazionalità dell'umana natura non può trovare argine nell'intento, nobile, di acquietare le turbolenti acque delle due nobili famiglie veronesi. L'intemperante ed impulsivo moto d'amore non ammette il dominio etico e su tale riflessione, filtrata dallo sguardo inquieto del Frate, è modulato il racconto di Maillot ripreso al Teatro La Fenice di Venezia con la troupe monegasca.
Nella versione del coreografo francese, com'è noto, è in ombra il conflitto sociale come pure la violenta ed esacerbata tensione sebbene tale scelta non induca a celare una convincente dinamica di movimento affidata al corpo di ballo, in particolare nella lettura coreografica del conflitto fra le due famiglie. Un tassello di rilievo, questo, che si coniuga con l'interpretazione goliardica, gaia e giocosa scelta per descrivere in coreografia il rapporto tra Romeo, Mercuzio e Benvolio in un breve passaggio del primo atto affidato, nell'ultima recita veneziana, rispettivamente a Simone Tribuna, George Oliveira e Daniele Delvecchio.
Ad una non sempre uniforme danza dei cavalieri segue l'identità peculiare dei due protagonisti: se trascinante ed irresistibile è la verve consegnata da Simone Tribuna al suo Romeo, ponderata appare, di converso, la Giulietta di Victoria Ananyan. Lieve e graduale è l'approssimarsi alla piena condivisione nel primo pas de deux che offre l'opportunità di lambire pennellature ariose ampiamente agguantate nell'ultimo pas de deux in cui è pieno ed appagante l'incontro che suggella un amore accostato, attraversato, vissuto.
Un vocabolario, quello pensato per i due amanti di Verona, che sovverte taluni codici della danza accademica per prediligere, di converso, il dialogo - qui considerevolmente reso - fra plurimi tratti dell'arte tersicorea adottando, per di più, il fortunatissimo leitmotiv coreografico ralenti nei segmenti cardinali del balletto. Da sottolineare, vieppiù, che il medesimo rallentamento dell'azione e della manifestazione coreica è adottato per le morti di Mercuzio e Tebaldo incorniciate nel noto turbinio musicale qui vissuto in una vigorosa e tempestosa lacerazione dell'animo. Un tormentoso rito funebre di imponente tempra coreografica è ciò che dona April Ball nei panni di Lady Capuleti.
È poetico l'epilogo del racconto di Maillot: il simbolismo che ammanta il tulle rosso accomuna l'ultimo rivolo di sangue di Romeo e la tragica fine di Giulietta percorrendo il senso e il vettore irrinunciabile di un amore che, nelle parole del Bardo, è follia tranquilla, fiele soffocante e tenerezza consolatoria.

Vito Lentini

Ultima modifica il Venerdì, 28 Dicembre 2018 13:48

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