Balletto in tre atti
Musica di Sergej Prokof’ev
Coreografia di Kenneth MacMillan
Supervisione coreografica di Julie Lincoln
Scene di Mauro Carosi. Costumi di Odette Nicoletti. Luci di Marco Filibeck
Con: Claudio Coviello, Agnese Di Clemente, Timofej Andrijashenko, Nicoletta Manni, Jacopo Tissi, Martina Arduino,
Nicola Del Freo, Alice Mariani, Navrin Turnbull, Linda Giubelli
e il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala diretto da Manuel Legris
Orchestra del Teatro alla Scala
Direttore: Timur Zangiev
MILANO, Teatro alla Scala, dal 24 giugno al 7 luglio 2023
“Chiamami soltanto amore”, Romeo e Giulietta alla Scala
Pochi mesi dopo la première londinese furono memorabili le tre recite scaligere del 1965 del balletto che Sir Kenneth MacMillan creò per narrare la storia dei due amanti di Verona. Con il Royal Ballet diretto da Sir Frederick Ashton Margot Fonteyn e Rudolf Nureyev, in illo tempore, incantarono il pubblico milanese che, però, dovette attendere trent’anni prima di ritrovare in scena l’estro creativo del coreografo britannico applicato al titolo di Sergej Prokof’ev. Solo nel 1995, infatti, Romeo e Giulietta secondo MacMillan tornò alla Scala e in quel caso con Alessandra Ferri e Julio Bocca.
Oggi lo spettacolo è riproposto dopo sette anni dalle ultime recite con cinque cambi di cast nel corso delle nove recite previste fino al 7 luglio. Claudio Coviello e Agnese Di Clemente sono i protagonisti della prima rappresentazione. Romeo gode, con il primo ballerino della compagnia milanese, di giovanissima vivacità e amabile temperamento. Coviello nei panni del più bel ragazzo di Verona squaderna i molteplici sensi e significati dei movimenti e delle azioni pensate da MacMillan come pure autentica prossimità con la Giulietta di Di Clemente. In debutto nel ruolo la ballerina solista padroneggia con disinvoltura la preziosa capacità di magnetizzare quell’attoriale sguardo di Coviello mai in eccesso e sempre privo di inappropriate sdolcinature, è autenticamente naïve con la Nutrice di Serena Sarnataro, lineare l’esecuzione tecnica bilanciata con la sfida interpretativa. Con Marco Agostino Tebaldo vive di virile e risoluta determinazione, Benvolio giova della tempra di Mattia Semperboni e Christian Fagetti è un Mercuzio che sembra richiamare i tratti di una stilizzazione espressiva pura, elegante e spontanea: degna di menzione la sua morte che chiude il secondo atto.
Nettamente distinta la curvatura interpretativa ritrovata in scena nel cast della quarta rappresentazione: Nicoletta Manni gioca con sottile ironia nel primo atto e nel prosieguo regala al suo Romeo quel sorvegliato romanticismo che garantisce, in ogni momento, un fine, naturale e disinvolto afflato d’amore: su questa linea si leggono i noti passi a due d’amore. Timofej Andrijashenko è “giovinetto molto costumato e gentile”: sembra che il primo ballerino scaligero abbia inteso regolare la sua interpretazione di Romeo sulle cinquecentesche parole di Matteo Bandello. In lui, infatti, scorgiamo classe e verve raffinatissima: doti, queste, che consentono al primo ballerino scaligero di conquistare la sua Giulietta garantendo un’interpretazione mai affrancata da vigore tecnico. Qui Domenico Di Cristo è un ammiccante Benvolio e Stefania Ballone un’oculata Nutrice.
Un debutto sul podio degno di menzione è quello del giovanissimo Timur Zangiev: la sua bacchetta regala accuratezza e nettezza negli accenti come pure sontuoso lirismo.
Convince ancora una volta l’allestimento del 2010 firmato da Mauro Carosi per le scene e Odette Nicoletti per i costumi in linea con la lettura coreografica di MacMillan che, pur nella numerosità delle scene diluite nei tre atti, ha avuto il merito di rendere armonico il dialogo tra leggerezza, dramma, tragedia, dono di sé e misura di un gesto coreografico mai scevro da senso, espressione e significato.
Vito Lentini