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TRIO CONCERTDANCE - coreografie varie

Alessandra Ferri e Herman Cornejo in "Trio ConcertDance". Foto  Lucas Chilczuk Alessandra Ferri e Herman Cornejo in "Trio ConcertDance". Foto Lucas Chilczuk

Coreografie: Herman Cornejo, Russell Maliphant, Wayne McGregor,
Angelin Preljocaj, Fang-Yi Sheu, Demis Volpi

Musiche: J.S. Bach, Frédéric Chopin, Nils Frahm, Philip Glass, György Ligeti, W.A. Mozart, Erik Satie, Domenico Scarlatti
Ideazione luci: Clifton Taylor
Costumi: Natalia Stewart
Trio ConcertDance è coprodotto da AF DANCE LLC
The Joyce Theater's Stephen and Cathy Weinroth Fund for New York
The Jerome Robbins Foundation, Natalia e Veronica Bulgari
Witness è commissionato da New York City Center Fall for Dance Festival edizione 2016
Direzione di scena e company manager: Leticia D. Baratta
Pavia, Teatro Fraschini, 30 gennaio 2019

 www.Sipario.it, 1 febbraio 2019

Una raffinata ed elegante confezione in dialogo, tra musica e danza, ha accolto il numeroso pubblico del Teatro Fraschini di Pavia nell'unica data prevista per "Trio ConcertDance". Alessandra Ferri, star ed étoile internazionale del balletto è ritornata in scena sul territorio nazionale, con il principal dancer dell'American Ballet Theatre Herman Cornejo, unendo forze, idee e glamour in un sodalizio vincente arricchito dalla presenza del virtuoso pianista Bruce Levingston, il quale non ha prestato la sua arte solo ad accompagnare musicalmente le sei celebri creazioni ma ha dato letteralmente vita ad un autentico concerto, ponendo in luce, il suo essere speciale esecutore facendosi così da "trait d'union" fra una esibizione tersicorea e l'altra, donando maggiore linfa ad un evento ben amalgamato grazie alle sue ondeggianti mani posate sui tasti al pari di leggiadri passi di danza. Un musicista internazionalmente riconosciuto come uno dei maggiori esecutori di musica contemporanea. Le partiture scelte hanno spaziato tra differenti compositori, rendendo la serata attraente, permettendo altresì che l'empatica sensualità tra i danzatori si mutasse in un rimando esteticamente inappuntabile. I due assoli si sono distinti particolarmente in quanto hanno visualizzato i ballerini come entità libere nella loro personalità artistica, facendo risaltare la purezza del talento con mutevoli esplorazioni sul tessuto coreografico. La somma dei tre artisti, formanti il team, ha trasformato l'immagine del "pas de deux" in un momento efficiente di comunicazione, elevando le esibizioni della Ferri in un atto d'amore rivolto al palcoscenico, e al proprio percorso, avvalorato dalla capacità di infondere ad ogni piccolo gesto un eloquente significato colmo di grazia. Nel brano di Russell Maliphant, "Entwine", la Ferri e Cornejo empaticamente scivolano via con soave fluidità sugli accenti musicali della "Metamorphosis Two" di Glass; il loro stringersi, avvinghiarsi, rotolarsi addosso è apparso come un fiume in piena, sortendo un effetto di bellezza ed equilibrio. In "Flair" di Demis Volpi, sulla "Musica Ricercata n. 2" di György Ligeti, i due ballerini hanno dato sfoggio della loro maestrìa disegnando delicati ed evanescenti "port de bras" in un'immaginaria tavolozza che a sua volta li ha avvolti languidamente. Il danzatore argentino, non solo nelle vesti di esecutore ma anche di coreografo, ha portato in scena l'assolo "Momentum", dando sfoggio di solida e possente tecnica idealizzato dall'Etude n. 16 di Philip Glass. Alessandra Ferri nell'assolo "Senza tempo" di Fang-Yi Sheu ha trasformato in un incedere riflessivo verso e con la luce, un qualcosa di religioso, un delicato momento dove la danza si è trasformata in un rito sacro ben sposando la realtà alla terza dimensione, tra energia e materia, riuscendo a dare l'oggettiva caratura anche ad un minuscolo cenno, avvalorata dalla musica di Bach nella trascrizione di Gyorgy Kurtag "Gottes Zeit ist die Allerbeste Zeit". Wayne McGregor ha firmato "Witness" scolpendo nella coppia ogni afflato, ogni presa di mano, ogni alzata e ogni rilascio rendendoli così intimi e così autentici in una sinfonia di corpi veementi. Ferri Cornejo Un estratto da "Le Parc" di Angelin Preljocaj, su musica di Mozart nell'Adagio dal Concerto in la maggiore n. 23, K. 488, ha chiuso il sipario con i giusti tempi - razionale e romantico - dando meno importanza alla tecnica prorompente ma ritagliando un "annodato" dal fraseggio netto e privo di ogni orpello che non fosse quello dell'espressività interpretativa. La scelta delle coreografie, che a detta di Alessandra Ferri variano da spettacolo a spettacolo secondo l'ispirazione che il luogo dona a loro, è un qualcosa di esclusivo, un cammino per assaporare quattro duetti e due assoli in cui la capacità immediata di porsi nello stato d'animo altrui è foriera di una partecipazione dove lo spettatore più accorto è portato ad immedesimarsi. L'esecuzione musicale, inoltre, ha visto nell'ultimo pezzo di Preljocaj la presenza rassicurante di alcuni allievi del Conservatorio "Franco Vittadini" di Pavia (ai violini Gianmarco Andreoli e Martina Boschetti, alla viola Alessandro Margherita, al violoncello Adriano Cancro) per esaltarne l'estensione privata e raccolta. Lo spettacolo in toto, ricercato e sofisticato, sa coltivare il concetto di "elegantia", con l'accezione di gusto e cura, che porta con sé.

Michele Olivieri

Ultima modifica il Lunedì, 04 Febbraio 2019 19:40

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