di Mauro Resmini STEVEN SPIELBERG Il Castoro, Milano, euro 14.90, pp.184 (CINEMA - Alberto Pesce)
Dagli esordi di Duel (1972), Sugarland Express (1974), Lo squalo (1975) all''E.T. (1982) in un futuro senza data ammodernata storia di Pinocchio, dai tre capitoli del leggendario Indiana Jones alle prese con I predatori dell'arca perduta (1981) o nel Tempio maledetto (1984) o All'ultima crociata (1989), con Harrison Ford eroe tutto azione e psicologia elementar, sino a riletture della Grande Storia, l'Olocaust con Schindler's List (1990), lo schiavismo "all.colored" di Amistad! (1998), il duro immaginario bellico di Salvate il soldato Ryan (1998), i terroristici risvolti di Munich (2002) e il ritratto Lincoln (2012) che ha del mitico nell'aspirazione a cambiare il mondo, quelli di Steven Spielberg sono film affabulati con millimetrico incastro di fiabesco e tecnologico, non importa se talvolta con un immaginifico "amore di pancia, non di testa". Proprio muovendo su questa sua definizione, Mauro Resmini ne fissa la poetica che da una parte si traduce in una voglia di "annullare la distanza" tra schermo e spettatore, mediando racconto con un "linguaggio condiviso, esperanto di immagini che parli (e che sia vendibile) a tutti", e dall'altra ama filtrare il reale con un immaginario che sia "fantasia di un revival dell'età aurea del cinema classico". Su questa duplice falsariga, da Duel dove "ogni movimento è mappato, ogni azione comporta una reazione uguale e contraria" sino a Lincoln "somma di Schindler's List e Amistad, ma filtrati attraverso il pessimismo di Prova a prendermi e Munich", Resmini distende approfondite analisi dei lungometraggi spielberghiani, facendone emergere ossessive dinamiche e stereotipie di un processo creativo che sa adattare il talento all'argomento, intrecciando e mischiando plurime modalità, dentro "una magia ipnotica e primordiale del cinema" che coinvolge ed incanta.
Alberto Pesce
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