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B.A.C.H. - con Giuseppe Ettorre

Giuseppe Ettorre Giuseppe Ettorre

GIUSEPPE ETTORRE contrabbasso
PIERLUIGI DI TELLA pianoforte
Johann Sebastian Bach Suite n. 2 in re minore BWV 1008
Julien-François Zbinden Hommage à J.S. Bach
Luciano Berio Sequenza XIVb (versione per contrabbasso di S. Scodanibbio)
Claude Debussy Prélude n. 4 (Premier livre)
Les sons et les parfums tournent dans l’air du soir
Aldo Clementi B.A.C.H.
Vilmos Montag Sonata in mi minore
Giovanni Bottesini Grande Allegro “alla Mendelssohn”
Palazzo Chigi Saracini, Siena 2 agosto 2023

www.Sipario.it, 4 agosto 2023

Non è mai operazione facile racchiudere in un articolo l’estremo valore di Giuseppe Ettorre. Se gli amici lo chiamano Pino è perché la sua estrema umanità lo rende talmente avvicinabile da avere un diminuitivo che racchiude in esso l’essenza della persona. Ebbene per l’ennesima volta Giueseppe Ettorre ci stupisce per la sua inossidabile fede nella musica. Nel proporre un programma che parte da Bach, e già questo dovrebbe essere di sprono a tanti esecutori che spesso eludono il genio tedesco. La sua versione per contrabbasso della Suite numero 2 lascia stupiti per l’enorme apporto armonico che riesce Ettorre ad ottenere con la sua proverbiale ricerca sonora. E’ una ricerca fatta da sintesi e nel contempo da analisi, ovvero egli sa ben mescolare ciò che in Bach è regina di struttura, quella tipica dimensione che rimanda al medioevo per essere Cappella Sistina della musica. In poche parole Ettorre ha dato di Bach una sonorità rara, delicata, signorile, estrema. Ed è proprio in questa amplia forchetta di esecuzione che si muove il contrabbassista quando si cimenta nell’Omaggio a Bach (è il tema del concerto) composto da Zbinden, percorso ad ostacoli di una propria visione del pensiero bachiano reso, non fra inerpicanti percorsi, con una estrema e delicata grazia. Per non parlare della insuperabile Sequenza di Berio. In quello che era per il compositore di Oneglia una sorta di diario del proprio sentimento, la Sequenza che è adattata al suo strumento dall’indimenticabile Scodanibbio, diventa nelle lunghe e tese mani di Ettorre una ricerca a tutto tondo di quel sentire che era tipico di Berio. Una sorta di allenamento per la musica del futuro. Ma Berio probabilmente già intuiva che quello che aveva scritto sarebbe stato difficile comprenderlo ai suoi tempi, figuriamoci ora che la scena compositiva si è molto allontanata da quei modelli talmente antichi da essere contemporanei. E’ poi la volta di Pierluigi Di Tella che propone una delle pagine più belle scritte da Claude Debussy, il quarto preludio Les sons et les parfums tournent dans l’air du soir. In esso vi è una infusione di estrema malinconia, una sponda di sentimenti che l’orecchio comune può non percepire, ma la lettura che ne da il nostro pianista è talmente profonda da commuovere. Eppure sembra un breve Preludio ma è invece un breve trattato di come innamorare il pianoforte di un suono che se ben cavato, può essere simile a quello di un clavicembalo (con tutti i suoni sovrapposti tipici di questo strumento di sintesi). Di Tella passa poi ad interpretare un vero piccolo tesoro di Aldo Clementi, il suo omaggio a Bach, una girandola, una tensione emotiva continua che non si dissolve mai, anche nel finale. Sembra una voce gregoriana, con la struttura a note lunghe (anche se sono veloci ma nell’insieme fanno una e poche note) , qualche cosa che ricorda l’antico melisma. Clementi,  compositore composito, lascia grazie a Di Tella la porta d’accesso a un modo di suonare unico e raro. Nell’insieme ovvero Ettorre e Di Tella, la ditta come avemmo a definire in passato il duo, propongo una composizione di estrema bellezza, di tanta e tanta malinconica sintesi che è la Sonata in mi minore di Vilmos Montag. Sembra di trovarsi in un secolo immaginato, in un tempo in cui le rarefatte armonie indirizzano ad un possibile utopico di tanta bellezza che rimane appunto utopico se non fosse per la realizzazione del duo che trasforma il senso in reale bellezza. Infine la scrittura di Bottesini che omaggia Mendelsshon e che diventa un gran pezzo da concerto. Come nelle mani di Ettore e Di Tella un capolavoro come Parole Parole (incipit del festival chigiano di quest’anno) diventa quasi un tema belliniano per la trascrizione fatta molto bene ma per la passione con cui entrambi la interpretano. Infinte Ettorre lascia l’entusiasta pubblico ancora con una parentesi di Berio, perfetta chiusura di un concerto che di Bach ha tutto l’estro armonico ma soprattutto il rispetto per il tempo in cui un concerto è una forma di malia irripetibile. 

Marco Ranaldi

Ultima modifica il Venerdì, 01 Settembre 2023 10:44

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