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ELISIR D'AMORE (L') - regia Alessio Pizzech

L'Elisir d'amore L'Elisir d'amore Regia Alessio Pizzech

di Gaetano Donizetti
melodranna giocoso in due atti
su libretto di Felice Romani
interpreti principali: Raul Hernandez, Silvia Dalla Benetta, Alex Esposito, Damiano Salerno
Regia: Alessio Pizzech, scene: Massimo Checchetto, costumi: Cristina Aceti
direttore: Alessandro De Marchi
Bergamo, Teatro Donizetti 12 e 14 ottobre 2007

Corriere della Sera, 14 ottobre 2007
«Elisir d' amore» a Bergamo Una festa di colori

«È bordò, non è elisir», canta il dottor Dulcamara. Ma è falso, non credetegli. L' «Elisir d' amore», stappato venerdì al teatro Donizetti di Bergamo, è un giovane lambrusco: inebria, spumeggiante, e un poco stordisce. Il capolavoro donizettiano, diretto da Alessandro De Marchi per la regia di Alessio Pizzech, in replica oggi alle 15.30, ci immerge in una campagna padana anni Quaranta o Cinquanta, tra «Novecento» e «Amarcord». La cascina, le messi, gli abitini svolazzanti; e poi la festa sull' aia, per le finte nozze della sexy-fittavola Adina con il surreale sergente Belcore, tutto è travolto dalle irruzioni di un Dulcamara mago-imbonitore, con tanto di turbante rosso, e del suo sgargiante corteo di mimi, saltimbanchi, donne-sirena, travestiti, giocolieri e altri complici truffaldini. Così, la leggerezza fiabesca di quest' opera, il suo sorriso esplodono in un caleidoscopio circense, abbagliante nei suoi eccessi da avanspettacolo, sempre autoironico, ma pure assai invasivo. E che certo non maschera alcuni problemi musicali: i cantanti spesso fuori tempo rispetto all' orchestra o alla banda in scena; un cast di solisti in cui solo Dulcamara, il nitido Alex Esposito (nella foto), si stacca per prestanza vocale, bel timbro e precisione. Con quei tempi rapinosi e quella gestualità da diavolaccio di strapaese, anche le sue grandi scene, «Udite, o rustici», la «barcaruola» sic o l' impagabile finale, prendono un che di farsesco. Non sono comunque al suo livello l' Adina acidina di Silvia Dalla Benetta, i «do» gravi di Damiano Salerno (Belcore), lo squillo velato di Raúl Hernández, Nemorino, che sciupa «Una furtiva lagrima» con taglio molto sbrigativo. Chi invece beneficia dell' elisir è il regista, che davvero qui «move sic i paralitici, spedisce gli apoplettici», tanto è abile nel creare un movimento scenico vitale, quasi inesauribile. E siccome, fuori dal teatro, si stendono, a decine, le bancarelle di piadine romagnole, strudel e salsicciotti bavaresi, anche il banchetto di Adina sembra non finire mai...

Gian Mario Benzing

Ultima modifica il Lunedì, 22 Luglio 2013 10:34
La Redazione

Questo articolo è stato scritto da uno dei collaboratori di Sipario.it. Se hai suggerimenti o commenti scrivi a comunicazione@sipario.it.

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