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GIULIO CESARE IN EGITTO – regia Laurent Pelly

"Giulio Cesare in Egitto", regia Laurent Pelly. Foto Vincent Pontet "Giulio Cesare in Egitto", regia Laurent Pelly. Foto Vincent Pontet

di Georg Friedrich Händel
Libretto: Nicola Heym 
Direzione orchestrale: Herry Bicket
Regia:  Laurent Pelly
Giulio Cesare:  Gaelle Arquez
Curio: Adrien Mathonat
Cornelia: Wiebke Lehmkuhl
Sesto:  Emily D’ Angelo
Cleopatra:  Lisette Oropesa
Tolomeo: Iestyn Davies
Achilla: Luca Pisaroni
Nireno: Remy Bres
Palais Garnier, Parigi Dal 20 gennaio al 16 febbraio 2024

www.Sipario.it, 12 febbraio 2024

Per questo Giulio Cesare il Palais Garnier ha rispolverato la vecchia regia di Laurent Pelly del 2011. Perché quel Giulio Cesare fu semplicemente geniale. Il sipario si apre sulla sala delle sculture antiche di un vecchio polveroso museo. Il personale di servizio sposta quadri e statue con un muletto. D’improvviso un gruppo di erme si mette a cantare. Mentre le statue di Cesare, Cleopatra, Cornelia, Tolomeo ed altri si animano e prendono a vivere il loro dramma. La vita, evocata dal canto, li libera dalla morte museale e colma distanze temporali inaudite, perché la vita degli uomini è intessuta sempre delle stesse passioni, stessi slanci, stesse miserie. L’opera va cosi’ avanti per i suoi canonici tre atti in un gran trambusto di facchini, guardiani ed esperti che dirigono i lavori. Ma il destino museale dei personaggi non viene dimenticato: quando Tolomeo srotola davanti a Cesare il tappeto che contiene il dono che gli ha fatto, ovvero la testa del suo nemico Pompeo, ciò che rotola sul pavimento è una antica erma con i segni dei secoli.

Il Giulio Cesare è l’opera più popolare di Händel. Rappresentata ormai infinite volte. E’ un capolavoro della musica barocca, libretto e stile musicale molto melodico, molto italiano. La storia (Cesare che sconfigge Pompeo e poi Tolomeo, mentre nel frattempo si innamora di Cleopatra) si sviluppa per arie giustapposte. Arie e duetti che si inseguono lungo quasi 4 ore, del tutto assente il recitativo. Cesare è Gaelle Arquez, mezzosoprano. Anche Sesto ha una voce femminile, quella di Emily d’Angelo, soprano canadese: Händel aveva scritto la partitura pensando a due castrati, e a due castrati i ruoli venivano affidati per tutto il settecento. La Arquez risulta, in verità un po’ legnosa nel portamento, ma la voce è quella giusta per colore e vibrazioni. La D’Angelo ha voce flautata, artisticamente credibile nel ruolo di Sesto, giovane e sognatore. Cornelia è la contralto tedesca Lehmkuhl: voce pastosa, compatta, ha toccato, con la D’Angelo il vertice artistico della serata nel toccante duetto della fine del primo atto (Son nata a lagrimar....: un testo di poche parole declinate, alla maniera barocca, in tutte le possibili variazioni canore) in cui la madre e il figlio di Pompeo piangono la loro sventura. Una sola riserva: il cantare piegati o accovacciati o coricati sul pavimento certamente aiuta la concentrazione ma rende statica la recitazione. La soprano americana Lisette Oropesa (Cleopatra) è piena di verve erotica e fa pensare a Carmen, voce comunque sempre limpida e di grande ampiezza. Iestyn Davies, controtenore inglese, è Tolomeo, voce femminea, che aggiunge un pizzico di irrealtà ad un personaggio crudo, cosa che non guasta. Pisaroni (Achilla) è un buon basso, con il fisico del ruolo e gran presenza in scena, anche grazie alle sue dimensioni. Alla fine dell’opera, sull’ultimo duetto di Cesare e Cleopatra, si spengono le luci di scena. Poi, nel buio, si incrociano due lame di luce: sono i guardiani che, insospettiti, frugano con torce elettriche il palcoscenico. Tutto è in ordine. Le statue (i cantanti) sono al loro posto.

Attilio Moro

Ultima modifica il Mercoledì, 14 Febbraio 2024 06:18

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