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MARATONA BEETHOVEN - 
direttore Juraj Valčuha

"Maratona Beethoven", direttore Juraj Valčuha "Maratona Beethoven", direttore Juraj Valčuha

Juraj Valčuha, Direttore
Maestro del Coro, Gea Garatti
Esecuzione integrale delle Nove Sinfonie
in occasione delle Universiadi 2019
Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo
Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI
Soprano, Vida Miknevičiūtė, Mezzosoprano, Yulia Gertseva, Tenore, Saimir Pirgu, Basso, Goran Juric.
Napoli, Teatro San Carlo 22 giugno 2019

www.Sipario.it, 26 giugno 2019

E' incredibile come si possa stabilire che la bellezza del mondo sia racchiusa in un tempo che dura e finisce. E quando tutto finisce rimane nella memoria un suono indelebile che porta a ciò che probabilmente spingeva Beethoven a sublimare la sua stessa scrittura creativa. In quella che è stata definita una Maratona Beethoven vi è molto di più di una cronistica presenza di effetti ed affetti. Vi è un direttore d'orchestra che ha saputo sciogliere dei nodi profondi del sapere beethoveniano e trasformarli in note di sublime bellezza. Juraj Valcuha ha delle spalle molto grandi. Conosce benissimo l'idea di sinfonismo ed è insita in lui la certezza che per arrivare a toccare alte vette direttoriali non si possa prescindere dal senso dell'infinito beethoveniano. Valcuha che proviene dalla Sinfonica della Rai, è profondamente radicato in un tempo musicale che si interpone fra '800 e '900, ovvero fra l'estasi e l'ardore di un pensiero che avrebbe portato la mente creativa ad essere connessa con il futuro ipotizzabile, quello che forse solo filmicamente Kubrich ha percepito e narrato come tale. Blade Runner quindi è già passato e Beethoven è già presente, remoto forse ma presente. La sua operazione, di Valcuha intendiamo, è stata quella di aprire porte temporali sulla ricerca sonora di Beethoven. Certamente la chiave di lettura è proprio in quei nove tentativi di cambiare la strada del senso ritmico. Ed è proprio in quel continuo pulsare del suo racconto che Beethoven incanta unicamente come Bach. Qualsiasi struttura armonica creata da lui non ha pari su quelle strutture ritmiche che pervadono il percorso sinfonico. Un percorso percussivo quindi che è come un 8 capovolto, ovvero infinito. Il bello di Valchua è stato di utilizzare due orchestre e di far parare i conti in segmenti esecutivi. E' naturale che non staremo a fare la differenza fra le due compagini, sarebbe scorretto e avrebbe quel che di snobismo tipico di molti scrittori di musica. Non c'è paragone quindi che tenga nel titanico tentativo di Valchua di far arrivare al pubblico del Teatro di San Carlo di Napoli la maestosità della grandezza sinfonica di Beethoven. E quindi la costruzione di un percorso fatta più che per matrici sonore che per altro, ci ha permesso di poter ascoltare non in senso temporale ma in raffronti di ideali, le Nove sinfonie a coppie di due, tranne naturalmente la conclusione con la Nona. Il prodigio di Valchua sta proprio nell'aver compreso come pochi, l'importanza di porre il Beethoven delle Nove Sinfonie come un unico autore di significati e di significanti. Se è prodigioso ascoltare una versione Bachiana dell'ottava (il riferimento al Bach delle Passioni) è altrettanto coinvolgente risolvere la Quinta senza quell'impetuoso pubblicitario battito del "destino". Poiché la Quinta è probabilmente la Sinfonia più drammatica e forte scritta da Beethoven, dove il cosiddetto e pubblicizzato "destino" è solo nel limite di coloro che hanno bisogno di nominare qualche cosa che ha poco di terreno. Ed è qui che Beethoven ha avuto la meglio su tutti, tranne che su Bach del quale rimane la traccia del futuro. E non serve sentire i temi famosi per comprendere come Valchua, lo ripetiamo abbia inteso il pensiero beethoveniano in un filo di creatività e di vita, senza una dimensione strettamente temporale. Ed è quindi nel suo gesto innumerevole che Valchua disegna la sua idea di contemporaneo Beethoven. Non una maratona quindi ma una restituzione in un tempo contemporaneo che spesso non lascia tracce del passato. Ecco quindi la grandezza di un direttore d'orchestra che è un vero medium. Valchua proviene dal passato, dallo studio di grandi gesti e di scuole direttoriali solide e mature. Ma in se ha fortemente impresso il suo gesto, la sua circolarità creativa. E poi l'eleganza della compiutezza di un segno. Senza mai eccedere. Come succedeva nel passato di alcuni direttori che ci hanno regalato il futuro. Nelle mani appunto di coloro che rivivono con tanta determinata intelligenza creativa nel percorso direttoriale di chi oggi prova ad aprire le porte della bellezza e della grande professionalità come Juraj Valchua.

Marco Ranaldi

Ultima modifica il Sabato, 29 Giugno 2019 08:42

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