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RIGOLETTO - regia Ivo Guerra

"Rigoletto", regia Ivo Guerra. Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona "Rigoletto", regia Ivo Guerra. Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Opera in tre atti di Francesco Maria Piave
(da Le Roi s'amuse di Victor Hugo)
Libretto di Francesco Maria Piave

Musica di Giuseppe Verdi
Personaggi e Interpreti
IL DUCA DI MANTOVA Francesco Demuro (6/7)
RIGOLETTO Amartuvshin Enkhbat (1, 6/7)
GILDA Jessica Pratt (6/7)
SPARAFUCILE Andrea Mastroni
MADDALENA Anna Malavasi
GIOVANNA Alice Marini
IL CONTE DI MONTERONE Nicolò Ceriani
MARULLO Marco Camastra
MATTEO BORSA Francesco Pittari
IL CONTE DI CEPRANO Dario Giorgelè
LA CONTESSA DI CEPRANO Marina Ogii
USCIERE DI CORTE Omar Kamata
PAGGIO DELLA DUCHESSA Lara Lagni
Direttore d'Orchestra Julian Kovatchev
Regia Ivo Guerra
Scene Raffaele Del Savio
Costumi Carla Galleri
Direttore allestimenti scenici Giuseppe de Filippi Venezia
Maestro del Coro Vito Lombardi
Orchestra, Coro e Tecnici dell'Arena di Verona
Verona, Arena di Verona dal 1 al 27 luglio 2017

www.Sipario.it, 12 luglio 2017

Quali possono essere dei buoni ingredienti per mettere in scena un Rigoletto di Giuseppe Verdi in Arena?
Un baritono nel ruolo del protagonista che si faccia sentire, senza declamare ma cantare in mondo espressivo e con buon fraseggio e dizione chiara in italiano, un buon tenore come Duca che non ecceda nei suoni sguaiati e aperti, ma che svetti dove necessario e che sappia gestire la sua parte in relazione con gli altri ruoli. Altra componente, un soprano che sappia bene la sua parte certa dei suoi mezzi vocali perchè grandi effetti vocali Gilda non ne prevede in quanto il suo è un ruolo più lirico che di agilità, intimo e tragico allo stesso tempo. Altri ingredienti che fanno da collante alla messinscena sono i comprimari come se Sparafucile, basso e Maddalena, sua sorella, lo siano: il libretto esige che abbiano una loro forte personalità quali elementi chiave del dramma di Victor Hugo e coprotagonisti nel III atto finale. Il tutto deve fare una larga presa emotiva sul grande pubblico, proprio in virtù delle melodie appassionate e memorabili che sono parte della popolarità di questa opera: "Questa o quella per me pari sono", "Caro nome", "Pari siamo", "Cortigiani vil razza dannata", "Tutte le feste al tempio", "Bella figlia dell'amore" (concertato). Non ultimo, un allestimento che faccia da contenitore e da amalgama a tutti questi ingredienti, che non sia soverchiante sulla musica, sul libretto e sulle voci. Al mescolare il tutto un buon direttore d'orchestra che conosca la partitura, le voci che deve concertare e gli effetti sonori degli spazi areniani.
Nell'allestimento messo in scena all'Arena di Verona nella serata del 6 luglio 2017 in seconda rappresentazione, tutti questi elementi si compenetravano perfettamente con un risultato ottimale dal punta di vista scenico, musicale e della resa vocale.
Complice lo spettacolo affidato alla cura del regista Ivo Guerra che offre al pubblico un allestimento fedele al libretto e alle indicazioni della partitura che prende ispirazione dalla prima rappresentazione areniana di Rigoletto del 1928, come omaggio alle grandiose messe in scene dei primi festival lirici in un allestimento che debutta nel 2003 con grande successo, tanto da essere poi ripreso nel 2004, nel 2008 e nel 2013, in occasione del Festival del Centenario dell'Arena di Verona. La messa in scena si può definire elegantemente tradizionale, con elementi di modernità identificabili soprattutto nel movimento attoriale e nel trucco quasi espressionista dei figuranti divinità fluviali che ripercorrono le origini mitiche del Mincio e dei laghi mantovani; una scelta evidenziata sia dalla scenografia, per lo più pittorica, ad opera di Raffaele Del Savio che riproduce sulle gradinate areniane l'aspetto rinascimentale della città di Mantova, sia dai ricercati costumi cinquecenteschi ricreati da Carla Galleri.
In questo ambiente rassicurante per gli artisti che si alternato in cast diversi nelle diverse rappresentazioni, le loro certezze interpretative si stabilizzano in gesti abituali e rassicuranti con il risultato di sentirsi liberi di esprimersi sulla linea del canto.
Rigoletto era affidato al baritono mongolo Amartuvshin Enkhbat, debuttante in Arena, ma con una grande esperienza nel teatro di Stato della sua terra, sorprendente per la potenza e espressività della voce, con emissione e fraseggio chiari e distinti, pienamente consapevole del suo ruolo tra grottesco e il tragico e con ottima dizione italiana. Già confermato nel ruolo del buffone nella prossime stagioni 2018 a Parma, Napoli e Genova.
Certo del suo ruolo di Duca di Mantova, denotando un duca baldanzoso e strafottente, il giovane e promettente tenore sardo Francesco Demuro dotato di voce fresca, anche se non di grande volume per gli spazi areniani, e bravo nel legato e sicurissimo nella zona acuta. Giustamente sfrontato specie nel III atto, è sicuro nelle sue emissione acute tenendo giustamente le note lunghe e squillanti. Peccato che l'ingresso in "Questa o quella" è stata coperta da un errore tecnico audio che ha fatto perdere le prime battute dell'aria.
Protagonista indiscussa della serata è stata la Gilda di Jessica Pratt, ormai in un ruolo che ha consolidato e perfezionato nei suo anni di carriera ormai internazionale, dopo il debutto assoluto fatto in Italia nel 2007 nel circuito As.Li.Co .
La sua Gilda è libera da smancerie infantili, definisce un personaggio maturo e consapevole delle sue azioni. Qui in Arena ha esaltato di più l'aspetto lirico e intimo del personaggio con una linea di canto fluida e nitida. Gli si può perdonare gli eccessi di coloritura e di fioriture in "Caro nome" ma ha saputo calibrare voce e fiato per farsi sentire negli spazi più alti delle gradinate; nella toccante confessione di «Tutte le feste al tempio», la Pratt ha mostrato tutta la sua vera, natura sopranile con l'uso accurato dei sui mezzi vocali. E come sempre nel suo stile di artista, nei gruppi di assieme ha saputo essere di traino come nella scena del terzetto del III atto.
Omogeneo per qualità con i ruoli maggiori il basso Andrea Mastroni come Sparafucile, che con una bella voce tenebrosa e possente ha delineato un sicario che rammenta illustri interpreti di un passato, non più recente, mentre il mezzosoprano Anna Malavasi nel ruolo della sorella Maddalena ha saputo gestire il suo personaggio in tutta sicurezza. Bene il resto della compagnia, veterani areniani nelle parti di comprimariato: Alice Marini (Giovanna), Nicolò Ceriani (Monterone), Marco Camastra (Marullo), Francesco Pittari, (Matteo Borsa), Dario Giorgelè (Ceprano), Marina Ogii (Contessa di Ceprano), Omar Kamata (Usciere di corte), Lara Lagni (paggio) e coro preparato da Vito Lombardi.
Sul podio Julian Kovatchev: a lui spetta il merito di questo risultato, qualche riserva l'ha suscitata nella prima rappresentazione, ma in questa serata, coadiuvato forse dagli stessi artisti, ha saputo regalare veri momenti di emozione, esaltando l'orchestra dove la partitura verdiana lo concedeva e prestando grande attenzione al palcoscenico.
Alla fine il vero protagonista dell'Arena è il pubblico che non ha riempito completamente gli spalti, ma ha saputo decretare un larghissimo e sincero successo a questa rappresentazione.
Nota di ascoltatore: con il progressivo scendere dell'oscurità il suono in Arena si faceva più chiaro e forte e più avvolgente.

Federica Fanizza

Ultima modifica il Venerdì, 14 Luglio 2017 08:37

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