Commedia lirica in tre atti di Giacomo Puccini
Libretto di Giuseppe Adami, A.M. Willner e H. Reichert
Editore Casa Musicale Sonzogno di Piero Ostali, Milano.
Prima versione 1917
Direttore Alvise Casellati
Regia Stefano Vizioli
Scene Cristian Taraborrelli
Costumi Angela Buscemi
Luci Vincenzo Raponi
Coreografia Pierluigi Vanelli
Magda Mariangela Sicilia
Lisette Eleonora Bellocci
Ruggero Galeano Salas
Prunier Matteo Roma
Rambaldo Gëzim Myshketa
Yvette/Georgette Amelie Hois
Bianca/Lolette Sara Rossini
Suzy/Gabrielle Marta Pluda
Gobin/Adolfo Gilles Munguia
Perichaud/Rabonnier Renzo Ran
Crebillon/Maggiordomo Carlo Feola
con Yao Bohui, Anna Bordignon, Arianna Cimolin, Giuseppe Di Giacinto, Enrico Iviglia, Gianluca Moro, Nicola Pamio, Cecilia Rizzetto, Pierre Todorovitch, Francesco Tuppo
Orchestra, Coro, Ballo e Tecnici della Fondazione Arena di Verona
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Direttore Allestimenti Scenici Michele Olcese
Nuovo allestimento in coproduzione tra Fondazione Arena di Verona e Fondazione Teatro Carlo Coccia di Novara
In occasione del centenario della scomparsa di Giacomo Puccini
Verona, Teatro Filarmonico, 18 febbraio 2024
L'occasione del centenario della morte di Giacomo Puccini è l'occasione per riportare in teatro alcuni suoi titoli che, nonostante il riconosciuto successo, non sono del tutto decollati nell'ambito del repertorio consolidato del compositore toscano. A parte i due di esordio (Le Villi e Edgar) la sua La Rondine, su libretto di Giuseppe Adami, assieme agli austriaci A.M.Willner e H.Reichert, consolidati autori di operette, (prima rappresentazione all'Opéra di Monte Carlo, 27 marzo 1917) fatica non poco a trovare una sua collocazione stabile nelle stagioni liriche. Almeno quest'anno sono diverse le sue produzioni che si incontrano per i teatri italiani tra Torino, Jesi e Pisa, a Verona con l'allestimento a cura del Teatro Filarmonico in collaborazione con il Teatro Coccia di Novara e, a seguire, quella alla Scala di Milano, queste due ultime tra l'altro accomunate dalla stessa protagonista: il soprano Mariangela Sicilia come Magda. Una bella prova, quasi una generale, la prestazione di Mariangela Sicilia che ha saputo suscitare entusiasmo tra il pubblico della prima rappresentazione, domenica 18 febbraio, al teatro Filarmonico. Merito del successo anche il complesso del cast tutti in parte anche nei ruoli di comprimariato ben amalgamato e assortito. Un allestimento essenziale ma rievocativo per la regia di Stefano Vizioli, con scene di Cristian Taraborrelli e costumi Angela Buscemi, che ricompone una elegante Parigi da anni'50; ma per lo stile della foggia degli abiti da sera del primo atto, nelle componenti di arredo, pochi ma essenziali, nei fondali del primo atto che ripropongono le forme femminili di Modigliani e le componenti statuarie mobili, stile Brancusi, del secondo atto, per la scena del Bar Bullier, lo stile ci riporta più all'art decò lineare ed elegante. Del resto la stessa trama e lo stile musicale della composizione pucciniana astrae da qualsiasi collocazione cronologia nella sua trama di storia borghese che può accadere in qualsiasi epoca e luogo geografico. Certo qui c'è Parigi con la sua vita notturna, fatta di ritrovi e di grisette, ben ricostruiti dai balli degli equivoci apache con le loro donne ambientato nel Bar Bullier, dove gli amori si incontrano e si dissolvono nello spazio di una notte. Puccini voleva proporre una operetta come dalla proposta avanzata, al compositore, dal Carltheater di Vienna nel 1914, ma successivi ripensamenti e avvenimenti esterni, tra cui lo scoppio della Prima guerra mondiale, portano a trasformare il progetto in un opera, che vide la luce a Monte-Carlo nel 1917. Lo stile ambiguo che caratterizza l’opera ostacolò la ricezione di questa partitura di struggente, disperata malinconia celata sotto una superficie di raffinatezza. Viene spesso accusata di essere una composizione Kitsch, una via di mezzo non ben definibile per stile musicale con quanto era orecchiabile in quel periodo di inizio secolo. Si avvertono ballabili, walzer in stile viennese, tracce di jave parigine assieme a fox-trot: Puccini dimostra di saper assimilare attraverso l'elaborazione in melodia quanto perveniva dalla musica del suo tempo, melodie volutamente facili, orecchiabili, che il pubblico avrebbe potuto canticchiare. E del resto lo slancio melodico dell'aria "Chi il bel sogno di Doretta", la ritmica di entrata dell'opera pone subito l'ascoltatore in un altro ambito musicale che non sia quello del dramma lirico tradizionale e che, del resto, cominciava a farsi strada nel melodramma italiano. Certo non mancano le autocitazioni di ricostruzione d'ambiente tra un pò di Bohème, qua e là Butterfly e Tabarro, specie nei momenti d'assieme, poco struggimento drammatico, ma tutto scorre velocemente anche nel terzo atto, dove il sogno d'amore tra Magda e Ruggero si dissolve con un finale "ognuno a casa propria" senza struggimenti. Forse si può rimproverare a Puccini questo esito assai poco drammaturgico molto distante dalle nostalgie alla Rosenkavalier di Richard Strauss. Cast ben assemblato con Mariangela Sicilia che ha dato prova di essersi impossessata del personaggio protagonista, di amante mantenuta in cerca dell’amore vero, fin troppo esuberante nelle sue capacità di emissione, a tratti più verista che indirizzata ad una vocalità più intima da Novecento simbolista. A fianco, un interessante Ruggero di Galeano Salas, lui senza eccedessi di esuberanza sia vocale che scenica e ben addentro nel giovane perbene. Ben collaudata la coppia Eleonora Bellocci come Lisette, briosa e frizzante cameriera di Magda e Matteo Roma ben nel suo ruolo di Prunier, poeta scanzonato. Assieme alla coppia Magda e Ruggero daranno luogo a un bellissimo finale "Bevo al tuo fresco sorriso" che ci riporta a quel mondo da operetta d'autore in fase di dissolvimento con la Grande Guerra. Anche i ruoli comprimari si inseriscono puntuali e precisi. Su tutti Gëzim Myshketa, come Rambaldo, protettore di Magda, assieme alle amiche della protagonista Yvette/Georgette (Amelie Hois), Bianca/Lolette (Sara Rossini), Suzy/Gabrielle (Marta Pluda), con accanto Gobin/Adolfo di Gilles Munguia, e Perichaud/Rabonnier di Renzo Ran. Più complessa la gestione musicale di Alvise Casellati. Le sue intenzioni erano forse condotte nel far valere l'elemento drammatico nell'opera ma, specie all'inizio, conduce l'orchestra a soverchiare le voci. Si ricompone nel secondo atto dove con l'articolazione musicale più complessa pone sostanza alla struttura musicale, più corposa, ma tralasciando le varie suggestioni timbriche che fanno immaginare un Puccini attento a quanto circolava nella musica a lui contemporanea. Belli gli inserimenti del coro nei primi due atti gestito da Roberto Gabbiani. Come si diceva pubblico entusiasta che ha decretato la riuscita di un titolo che era da 22 anni che non veniva allestito a Verona: alla ricerca del Novecento perduto. Federica Fanizza