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ACROBATA (L') - regia Elio De Capitani

“L'acrobata”, regia Elio De Capitani “L'acrobata”, regia Elio De Capitani

di Laura Forti
uno spettacolo di Elio De Capitani
con Cristina Crippa e Alessandro Bruni Ocaña 
e Elio De Capitani in video
regia video di Paolo Turro

suono Giuseppe Marzoli

luci Nando Frigerio

assistente alla regia Alessandro Frigerio

assistente scene e costumi Roberta Monopoli

produzione Teatro dell'Elfo

con il patrocinio istituzionale dell'Ambasciata del Cile in Italia – Ministero delle Relazioni Estere

prima nazionale
al Teatro Elfo Puccini di Milano, Sala Fassbinder, dall'8 gennaio al 4 febbraio 2018

www.Sipario.it, 23 gennaio 2018

Aldilà dell'analisi dell'effetto che le nuove tecnologie possono avere sulle nostre vite, tema di cui il teatro si può occupare con profitto (ne ha parlato recentemente Giulio Sonno su Paper Street) esiste la più prosaica e certo non nuova tendenza a usare in teatro le videoproiezioni in modo da trascendere lo spazio scenico e l'attore stesso. Un buon esempio di questo uso è "L'acrobata" del Teatro dell'Elfo con la regia di Elio De Capitani. Sul palco della sala Fassbinder è montato un grande fondale di legno bianco che si prolunga, a destra e a sinistra, lungo due pareti laterali in corsa diagonale per tutta la scena, che arriva fin quasi a toccare l'estremità delle prime file. E' l'ostacolo plastico intorno al quale si muove Cristina Crippa, l'attrice protagonista, figura storica della compagnia milanese, alla ricerca di variate collocazioni (in alto, di fianco, alle estremità, al centro della struttura o dentro e davanti alle due porte scorrevoli, che ogni tanto si aprono nella superficie bianca e lasciano intravedere scorci di interni domestici o altri elementi d'arredo) che diano movimento a un testo in sé piuttosto statico. Ma è anche un grande schermo: la sorpresa del lavoro è data infatti dall'apparire, a un certo punto, su questa lunga parete di legno, di proiezioni che ne occupano tutta la superficie, ribaltando completamente lo spazio teatrale in un altrove che di volta in volta arricchisce la narrazione o con un corredo storico di immagini, un vero e proprio film documentario, che illustra le vicende del golpe che portò alla destituzione di Salvador Allende in Cile nel 1973 e alla presa del potere di Pinochet o con altre proiezioni puramente evocative, come quella del grande oceano e del suo ipnotico moto ondoso testimone della fuga della protagonista in Cile – lei bambina ebrea costretta a scappare con i genitori dall'Italia a causa delle leggi razziali del 1938. Ma l'invenzione più potente di uno spettacolo che soffre di un eccesso di didascalismo nella regia e di una forse troppo monocorde interpretazione della Crippa, è la materializzazione onirica, fantasmatica, del padre della protagonista: un uomo fuggito dalla Russia dei pogrom (interpretato con vigore dallo stesso De Capitani), che teorizza con spiccio vitalismo la necessità di stare sempre "pronti per partire, con bagaglio leggero", specie se si è coinvolti, viene da dire, come accadrà ai personaggi dello spettacolo, nei capovolgimenti di una Storia che può da un momento all'altro cambiare radicalmente il destino delle persone; e questa gigantografia in movimento salta da un punto all'altro della struttura bianca, giocando a nascondino, torreggiando sullo spazio, apparendo ora a figura intera ora in piano americano, in un bianco e nero d'antan, con un montaggio d'inquadrature pienamente cinematografico, che trasporta lo spazio della scena in un luogo che non è ancora cinema e non è più teatro; facendo però sentire in affanno il teatro quando, dalle apparizioni del patriarca, si torna alla scena dell'attrice sola, che appare invero un po' dispersa in quel mare di bianco. E' lui, il personaggio di De Capitani, l'acrobata del testo scritto da Laura Forti sulla base di una vissuta esperienza di famiglia; lui, ma anche la figlia, la protagonista, poi il figlio di lei, Pepo, e infine, ma, vedremo, con una diversa accentazione, il di lei nipote: tutti, tranne l'ultimo, in equilibrio precario tra fuga e impossibili ritorni; tra vitalismo e tragedia. Famiglia che vive in pieno tre drammatici eventi della grande storia e che ogni volta riesce a ricostruirsi. Dalla Russia all'Italia, dall'Italia al Cile e dal Cile alla Svezia, dove infine la protagonista approda, dopo che il figlio Pepo è morto in seguito al fallito attentato a Pinochet del 1986, di cui lui stesso è stato ideatore ed esecutore insieme a un drappello di militari esuli; e dove porta con sé il nipote, controfigura del figlio, a cui somiglia molto nel fisico (i due personaggi sono interpretati entrambi da Alessandro Bruni Ocaña), ma per nulla nelle scelte di vita.

Veniamo subito a sapere che il nipote lavora nel circo, e che vuole fare proprio l'acrobata. In questo personaggio viene a poco a poco come letteralmente materializzata la metafora che percorre in filigrana tutta la vicenda. Ed è con la figura del nipote che il testo vorrebbe forse far saltare i conti – con il gusto di ribaltare l'equazione "acrobata+acrobata+acrobata=acrobata" – mostrandocelo nel fallimento del suo tentativo di voler incarnare proprio quel ruolo che viene dal testo attribuito ai membri della famiglia, stavolta inteso però nella concretezza tecnica di una professione, in un simbolico rovesciamento dei destini familiari. Egli in verità si sente, veniamo a sapere, piuttosto un clown, un payazo, e nelle sue parole vediamo profilarsi l'accenno di una critica implicita al destino dei padri e una rivendicazione, sul finale, di un ruolo diverso per sé. Ma specie questa parte assume il sapore di un espediente, cui si aggiunge, in chiusura, un pistolotto in cui il giovane artista rivendica la propria diversità, manifestando una indocile, anche se affettuosa, presa di distanza rispetto all'aura eroica che circonda il padre. Ma qui il payaso sembra più la materializzazione drammaturgica di un gioco di rimandi interni al testo, nel tentativo di dare evidenza, con una sua finale negazione, quasi trionfante, al significato metaforico cui rimanda il titolo. Bravo comunque Bruni Ocaña nella doppia parte dell'eroe e dell'insicuro payaso.

Franco Acquaviva

Ultima modifica il Giovedì, 01 Febbraio 2018 08:52

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