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ANTIGONE - regia Luca De Fusco

Antigone Antigone regia Luca De Fusco

di Valeria Parrella
Regia di Luca De Fusco. Musiche di Ran Bagno. Costumi di Zaira De Vincentiis. Scene di Maurizio Balò
Con Gaia Aprea, Paolo Serra, Fabrizio Nevola, Giacinto Palmarini, Alfonso Postiglione, Nunzia Schiano, Dalal Suleiman, Antonio Casagrande
Prod. Napoli Teatro Festival.
Al Mercadante di Napoli dal 21 novembre al 9 dicembre, 2012 (e successiva tournée)

www.Sipario.it, 4 ottobre 2012

Il capitolo autunnale (climaticamente ancora agostano) dell' l'edizione 2012 del Napoli Teatro Festival ha inizio con uno di quegli spettacoli impropriamente definiti 'su commissione'. Indubbio è infatti che Luca De Fusco, direttore artistico della rassegna, affidò lo scorso anno a Valeria Parrella (scrittrice rivelazione con di "Acciaio") una ennesima, contemporanea drammaturgia dell' Antigone sofoclea. Che non avesse soggezione del mito o refoli di modernariato ruffiano. E quindi: non una 'modernizzazione' tirata per i capelli, né una nuova traduzione 'rigenerata' da un punto di vista eminentemente linguistico- filologico. La 'commissione' però si ferma qui, poiché la drammaturgia e la messinscena che ne scaturiscono direi che vivano (egregiamente) di vita autonoma e senza 'risentimenti' di committenza. Per suo conto, Valeria Parrella individua infatti, in questo (travagliato, deflagrante) inizio di millennio una sorta di emblematica fase storica per "mettere le mani fra le nervature della classicità" rispetto ad un testo 'abusato e travisato' in più di un'occasione ed opportunità. In genere ad abbellimento di cartellone e sperimentazioni un tanto al chilo.
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L'interrogativo semmai è un altro. Cosa può dirci di innovativo il sacrificio di Antigone in relazione al suo iniziale contrasto tra pietas umana (la tumulazione del fratello) e crudeltà del potere costituto (il diniego irremovibile di Creonte)? La risposta consiste nel ribaltamento dei 'doveri', che per entrambi i 'contendenti' vanno consideranti non derogabili, e ancor meno negoziabili proprio in ragione di quel conflitto antropologico che oppone la legge di natura a quella giurisprudenziale. Quasi come un uovo di Colombo, (ma affondando nella viva carne del dibattito bioetico che è cifra del nostro tempo) l'Antigone di Valeria Parrella affronta con composta solennità il tema dell'eutanasia. Motivo del contendere non è più la sepoltura di Polinice, ma il suo mantenimento in vita vegetativa.
Antigone lotta per sottrarre il fratello alla falsa esistenza cui lo ha costretto, da molti anni, una ferita in battaglia; laddove Creonte (qui è apostrofato, impersonalmente, il Legislatore) si oppone a questo estremo gesto d'amore, senza tuttavia potere arginare la determinazione di Antigone a realizzare il suo proposito, a un prezzo più alto di quella vita (non -vita) per cui si batte e dibatte.
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Evitato ogni intento di ricalco epico- naturalistico (percezione che ha inizio sin dai costumi disegnati da Zaira De Vincentiis) la regia di De Fusco 'imprigiona' l'avvicendarsi delle passioni, dei dinieghi, dell'insubordinazione programmata all'interno di uno spazio buio, claustrale, non evasibile, nel cui (angusto) habitat i personaggi vengono baluginati per serque di luminosità (progettate da Gigi Saccomandi), la cui millimetrica precisione incendia o incupisce dettagli di sguardi , abiti, posture al pari di fotogrammi cinematografici di scuola espressionista
La prevalenza del contesto è dunque di ordine ideologico (nel sui senso più alto e combattivo), ondulata su sospensioni oniriche, iconografiche, in cui la 'concettuale urgenza' del teatro civile fa a meno (volentieri) d'ogni esornativo psicologismo che non sia indispensabie alla tipologia umano di personaggi, concepiti con cocciutaggine 'a tutto tondo' , benché privi di quell'enfasi dibattimentale che (probabilmente) sarebbe stata il rischio maggiore di questa chiave di lettura. In cui la parola-parlata, che pur raggiunge tonalità incandescenti e tensive, non scade mai nell'artificiosità dell'enfasi e dell'alto lignaggio (letterario) da cui deriva (la tragedia greca)
Gaia Aprea nel ruolo di Antigone e Paolo Serra in quello del Legislatore, fedeli a un'idea di ragia che loro impone una forse eccessiva rigidità di 'status statuario', affidano l'aggressività del loro interloquire, senza mai guardarsi in volto, al virtuosismo (non invasivo) di una videocamera che riprende e proietta, in primo piano, il paradigma di uno scontro millenario, nostro contemporaneo, che non potrà mai idratarsi di vinti e vincitori. In soprassalto di coscienza riscattata dal dogma, dal beneficio del dialogo ad armi pari.

Angelo Pizzuto

Ultima modifica il Martedì, 23 Luglio 2013 09:38

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