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ATTRAVERSO IL FURORE - regia Massimiliano Civica

Attraverso il furore Attraverso il furore regia Massimiliano Civica

Tre sermoni tedeschi di Meister Eckhart
Tre storie di Armando Dirozzi
uno spettacolo di Massimiliano Civica
con Valentina Curatoli, Marcello Sambati, Diego Sepe
costumi di Grazia Materia per Viola; i Sermoni Tedeschi di Meister Eckhart sono pubblicati da Adelphi, produzione Armonia Festival In equilibrio di Castiglioncello, Compagnia Massimiliano Civica
Il Grande fiume, Motta Baluffi, 22 luglio 2012

www.Sipario.it, 25 agosto 2012

C'è ancora speranza se un gruppo di spettatori sfida la pioggia e in una notte d'estate fredda e madida si ritrova su un palcoscenico lungo le sponde del Po ad ascoltare tre attori che a un tavolo raccontano dell'indefinibile fame di Dio, raccontano dell'amore e del mistero del vivere, tramite i sermoni di Meister Eckhart, letti da Marcello Sambati e i tre dialoghi fra un uomo e una donna (Valentina Curatoli e Diego Sepe), scritti con incredibile incisività drammaturgia da Armando Pirozzi. Tutto ciò è accaduto con Attraverso il furore del regista Massimiliano Civica, spettacolo conclusivo del festival Il Grande fiume. La speranza di cui si diceva è quella del pensiero che feconda, della voglia di un gruppo di uomini – gli spettatori – di accogliere la convocazione sacra – perché separata dal quotidiano – del teatro, una risposta che domenica sera è stata premiata con un'emozione intensa, con uno spettacolo carico di intelligenza e strabordante di bellezza, con la sensazione di aver forse sfiorato il mistero insondabile che ci convince a vivere, malgrado la nostra certa condanna a morte. Nel riferire di Attraverso il furore il contesto è importante, un contesto che potenzia un lavoro teatrale che ha la forza di scavare nell'anima e che nella situazione di emergenza sulla riva del Po – per detta dello stesso Massimiliano Civica – ha trovato un'inedita e irripetibile unicità. Tutti sul palcoscenico a ridosso degli attori seduti ad un tavolo: Marcello Sambati con un leggio di fronte ad un capo della tavola, all'altro Diego Sepe e al centro Valentina Curatoli. Niente amplificazione, la voce nuda e sussurrata di un raccontare che per la prossimità del pubblico diviene confidenza, in sottofondo i grilli, il suono lontano delle campane, il frusciare dei pioppi, scossi da un vento che colorerà di stelle il cielo. Tutto intorno il buio e nel cuore della notte la luce di quel palcoscenico, un luogo/apparizione in cui si parla di Dio, in cui si dice di noi e del nostro interrogarci sul senso del vivere e sul nulla che ci circonda. E' questo che accade in Attraverso il furore, nell'annullamento del tempo e dello spazio in una notte d'estate lungo il Po, perché scrive Meister Eckhart, mistico e predicatore domenicano tedesco, coevo di Dante, «niente ostacola l'anima nella conoscenza di Dio tanto quanto il tempo e lo spazio. Tempo e spazio sono parti , ma Dio è uno. Dio non è né questo, né quello, come le molteplici cose terrene: Dio è uno». Da queste parole, dalla ricerca di Dio nella quiete e nel suo scivolare nel nulla prendono corpo le storie di uomini e donne, stoie indefinite, storie concluse o in svolgimento di cui Diego Sepe e Valentina Curatoli ci pongono dei frammenti e lo fanno con naturalezza e ieraticità al tempo stesso in cui un gesto, un batter di piedi, un alzar di ciglio divengono azioni che squarciano un velo, che sottolineano un'assenza, che fanno esplodere un'emozione per troppo tempo trattenuta. Un'inflessione della voce, il togliere dagli occhi una libellula, un sorriso o un chinar di capo dicono di un furore del cuore, furore raggelato nel narrare esistenze, incontri, storie che esistono indipendentemente dallo spettatore e da chi le ascolta, frammenti rubati ad una vita trascorsa, che emerge dal buio come scintilla che subito si spegne. E scrive Meister Eckhart «questa piccola scintilla è così affine a Dio, che è un uno unico, senza distinzioni, che porta in sé le immagini originarie di tutte le creature, immagini senza immagine e al di sopra dell'immagine». Noi intorno a quel tavolo compartecipiamo di quelle storie, ne siamo testimoni muti ed emozionati, tutti presi in una bolla di luce che rischiara una notte in cui alla fine le stelle compaiono come segno di speranza e l'applauso commosso è abbraccio fra attori e spettatori in una notte indimenticabile di fine luglio.

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Martedì, 23 Luglio 2013 09:38

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