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ANTONIO E CLEOPATRA - regia Luca De Fusco

Antonio e Cleopatra Antonio e Cleopatra Regia Luca De Fusco. Foto Salvatore Pastore

di William Shakespeare
regia Luca De Fusco
scene Maurizio Balò, costumi Zaira de Vincentiis, luci Gigi Saccomandi, musiche Ran Bagno, coreografie Alessandra Panzavolta
con Luca Lazzareschi, Gaia Aprea, Stefano Ferraro, Serena Marziale, Fabrizio Nevola, Giacinto Palmarini, Alfonso Postiglione, Federica Sandrini, Gabriele Saurio, Paolo Serra, Enzo Turrin
e con la partecipazione in video di Eros Pagni
coproduzione Fondazione Campania dei Festival - Napoli Teatro Festival Italia, Arena del Sole | Nuova Scena - Teatro Stabile di Bologna, Teatro Stabile di Napoli
Napoli Teatro Festival 2013, 9-10 giugno 2013
Roma, Teatro Eliseo, dal 28 gennaio al 9 febbraio 2014

www.Sipario.it, 24 febbraio 2014
www.Sipario.it, 12 giugno 2013
Lo spettacolo scespiriano firmato dal regista Luca De Fusco – recentemente in scena al Teatro Eliseo – è decisamente innovativo e tale da segnare una svolta nell'allestimento di un testo teatrale.
L'arredo è scarno fatto di gradini che portano al mausoleo di Cleopatra, e sul fondale nero i protagonisti appaiono a volte fluttuanti nell'aria: quando invece calcano fisicamente il palcoscenico il sapiente gioco di luci ideato da Gigi Saccomandi esalta la figura pressoché intera o limitata al busto... In alternativa i volti di Antonio e Cleopatra si fronteggiano occupando ciascuno metà fondale, o isolatamente per intero!
Antonio membro di un triunvirato assieme a Ottaviano e Lepido – quando quest'ultimo muore in battaglia – resta per forza di cose signore della metà di un impero che andava dalla Scozia al Reno, dalla penisola Iberica all'Italia all'Africa Settentrionale all'Asia! Antonio insediatosi in Egitto e irretito da Cleopatra, entra inevitabilmente in conflitto con Ottaviano, e le scene che mimano le battaglie terrestri sono risolte con realistici balletti eseguiti da operatori in tuta bianca con ottima resa scenografica, curata da Alessandra Panzavolta.
Persa la battaglia navale di Azio (31 a.C.), nonché le successive a terra anche per la defezione di gran parte delle sue truppe, Antonio secondo il costume romano si trafigge con la spada, e ormai morente ordina d'essere portato al mausoleo di Cleopatra (una Gaia Aprea ottimamente aderente al personaggio), che lo accoglie tra le braccia accarezzandolo amorosamente sul petto coperto dalla corazza istoriata – in una scena di grande impatto emotivo, forse la più bella dell'intero spettacolo, tanto da suggerire che avrebbe potuto essere romanticamente quella finale!
E che si trattasse di vero amore lo attesta Plutarco ne "Il tempo di Giulio Cesare" – Vita di Antonio - pag. 365 (Edizioni Club Libro / Milano / 1960).
Lo spettacolo invece procede con Cleopatra implorante ai piedi di Ottaviano, che respinge ogni richiesta e seduzione, inducendola alla morte tramite il veleno dell'aspide... Due fedelissime ancelle ne seguono la sorte.
Ma il vero trionfatore, nella pièce scespiriana che il De Fusco definisce "commistione teatro/video", resta l'attore Luca Lazzareschi quale Marco Antonio – possente nell'atletica figura e nella muscolatura del petto e delle braccia –, senza dimenticare l'eccellente interpretazione del drammatico personaggio.
Encomiabili sia la scenografia di Maurizio Balò che i costumi di Zaira de Vincentiis... Da segnalare l'opportuna partecipazione in video del corpo di Ballo del teatro San Carlo di Napoli: e la prima rappresentazione del testo è avvenuta proprio al partenopeo Teatro Mercadante nel giugno 2013, nell'ambito del "Napoli Teatro Festival Italia".
Non vorremmo apparire pedanti, ma ci sembra giusto segnalare che durante il "principato" di Ottaviano Augusto – 27 a.C. / 14 d.C. si è verificata la nascita di un certo Gesù di Nazareth! Evento ritenuto in seguito degno di costituire l'anno zero della storia d'Occidente: ne consegue che l'uomo detto Gesù è vissuto 14 anni nell'Impero Romano di Ottaviano Augusto e i successivi 19 nell'impero di Tiberio – suo successore.

Fernando Bevilacqua

Una dozzina di anni dopo il Romeo e Giulietta, Shakespeare si concede il bis con un'altra storia d'amore e morte incentrata su Antonio e Cleopatra. Nella prima sono due ragazzi al primo loro amore, che, per pura fatalità, giocando a morire poi muoiono veramente. Nella seconda sono due adulti scafati, esperti nell'ars amandi, che scelgono, per vanità o per restare nella storia, di morire deliberatamente. Antonio infilzandosi col suo gladio dopo aver appreso che Cleopatra s'è suicidata, ignaro che è solo per finta, Cleopatra in modo più plateale facendosi mordere da un aspide velenoso. Un dramma che Luca De Fusco, quasi da bravo film-maker e con accorgimenti multimediali già messi in atto in una sua precedente Antigone sofoclea, incornicia aldilà d'uno schermo trasparente grande quanto tutto il boccascena, dietro il quale, con opportuni giochi di luci, si svelerà una struttura piramidale composta da soli gradini. Un arcano che si renderà visibile verso la fine, dopo che per tutto lo spettacolo i personaggi appariranno illuminati a varie altezze in tutto tondo o in altorilievo, quasi come in un retablo in bianco e nero, con le gigantografie dei loro volti impressi in primo piano, come avviene ai giorni nostri in alcuni talk show televisivi. Grande lavoro hanno compiuto i truccatori per rendere i personaggi simili a grigie statue semoventi: capelli e boccoli rigidi, abiti e tuniche come scolpite addosso, toraci deltoidi e bicipidi degli uomini posticci a sagomarsi sui loro corpi, da farli somigliare a quei palestrati 300 di Leonida nel film di Zack Snyder. Indubbiamente la presenza continua in Italia di Bob Wilson, ha influenzato alcuni nostri teatranti e Luca De Fusco appartiene meritoriamente a questo drappello. Certo, il ruolo dell'attore risulta ridimensionato, diventa tout court il braccio della mente registica, un ingranaggio d'una grande ruota, l'esecutore di precisi indirizzi recitativi che via via possono svilire la sua posizione etica e la sua mission nel mondo dello spettacolo. Ma per dirla con Pirandello: Così è, se vi pare. Del resto, se si hanno i soldi, i budget per spettacolarizzare un testo teatrale, utilizzando effetti speciali, opportuni trucchi, accorgimenti tecnici, elettronici, musicali, coreografici e altro ancora, perché non farlo? Il rischio però è che, se non si tiene desta l'attenzione dello spettatore, meravigliandolo di continuo, facendolo entrare nel viluppo di quanto accade sulla scena, dopo un quarto d'ora si rischia d'annoiarlo e di fargli prendere la via dell'uscita dal teatro. Invero al Teatro Mercandante in questa "prima" assoluta dell'Antonio e Cleopatra, non mi pare che ci siano state fughe al buio, anche perché lo spettacolo, sia pure con qualche caduta di ritmo, era di buon livello, grazie pure alla presenza di Luca Lazzareschi e Gaia Aprea, due interpreti che bene hanno reso i rispettivi personaggi, profumando di morte e lasciando dietro di sé un'allure funerea, resa evidente dalle loro scultoree posture o quando adagiati su un sarcofago si univano in teneri abbracci. In evidenza il Cesare Ottaviano di Giacinto Palmerini, l'Eros di Enzo Turrin, l'Agrippa di Stefano Ferraro, il Demetrio di Fabrizio Nevola, l'Ottavia di Federica Sandrini. D'effetto le musiche di Ran Bagno, che potrebbero ben figurare nei film di Peter Greenaway, belle le luci di Gigi Saccomandi e secondo tradizione iconografica della Roma antica i costumi di Zaira De Vincentis.

Gigi Giacobbe

 

Ultima modifica il Lunedì, 24 Febbraio 2014 22:38

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