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BECKETT CATASTROPHE - regia Roberto Bonaventura

"Beckett catastrophe", regia Roberto Bonaventura. Foto Davide Scimone "Beckett catastrophe", regia Roberto Bonaventura. Foto Davide Scimone

Tre dramaticules di Samuel Beckett
Regia e ideazione luci Roberto Bonaventura
Con Donatella Bartoli, Alessio Bonaffini e Vincenzo Bonaventura
Aiuto regia Martina Morabito
Collaborazione scene e costumi Adriana Mangano
Produzione Castello di Sancio e Marvis Labl
Messina, Magazzini del Sale (stagione Teatro dei Naviganti), 19 febbraio 2017

www.Sipario.it, 21 febbraio 2017

Beckett Catastrophe. Questi fantasmi

Una lama di luce trafigge i rimpianti di una bambina mai nata. Un'opera d'arte richiede nuovi accorgimenti formali. Un libro ingoia il lettore in una vertigine escheriana. Tre dramaticules di Samuel Beckett, scherzi malati come ritratto di una natura matrigna. Una cappa di sfiducia e la sopraffazione del non detto a pervadere l'operazione di Roberto Bonaventura proposta ai Magazzini del Sale (stagione Teatro dei Naviganti) di Messina: un rosario laico, la sofferta supplica per un significato ultimo custodito da divinità mute.
Una donna in penombra, un lungo scialle giallo fino ai piedi, scarpe che attraversano la linea di demarcazione tra tenebra e tenebra; sullo sfondo solo una voce ultraterrena, immateriale: Passi è ordinaria tragedia della memoria in un mondo di vinti. Nelle parole della protagonista May/Amy (Donatella Bartoli) una sciagura innominabile fa da spartiacque ad una vita da reclusa; i quesiti della madre ottuagenaria, poi, sparigliano ulteriormente un mosaico di pezzi spuri, imperfetti. Resterà solo la luce, abbandonata, sempre più fioca prima della completa oscurità. Il rientro in sala modifica le prospettive: un volgare uomo d'affari (Alessio Bonaffini) contempla una scultura umana (Vincenzo Bonaventura) mentre un'assistente (la stessa Bartoli) prende nota delle variazioni da apportare all'opera. Brio e sottigliezze per Catastrofe, immediata satira di un potere che rende inerte/inerme la libera iniziativa: spogliato di ogni sicurezza domestica, l'uomo resta cristallizzato nella muta sconfitta, spettacolo per una sterile e sguaiata ignoranza. Ultima stazione della via crucis del genio irlandese con Improvviso dell'Ohio, gioco di specchi tra un libro e una lettrice, tra una storia scritta e la sua rappresentazione: ad ogni richiamo riparte un viaggio insensato che conduce al comune annientamento.
Scrupolo e metodo nel lavoro di Bonaventura, fedele alle indicazioni annotate da Beckett con quell'opportuno rispetto che non si ammanta mai di ortodossia. L'inevitabile coinvolgimento di Catastrofe scioglie tutti i nodi grazie alla vena di un Bonaffini spregiudicato nelle movenze, disinvolto nelle pose, ilare nella sofferenza: sarà il punto più alto della serata tra i fantasmi evocati dalla Bartoli in apertura e chiusura. Figlio della tensione, Passi premia invece i virtuosismi registici per un'ansia che tuttavia si disperde nell'ultimo passaggio, risolto con insolita fretta e disinteressato clamore. A rimarcare, forse, la natura apparentemente estemporanea di queste piccole opere del premio Nobel, schegge di una poetica che solo altrove si realizza pienamente: frammenti che lacerano una psiche già scarnificata, marchio di un inestinguibile peccato originale.

Domenico Colosi

Ultima modifica il Lunedì, 06 Marzo 2017 21:28

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