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BUKUROSH MIO NIPOTE - regia Claudio Boccaccini

"Bukurosh mio nipote", regia Claudio Boccaccini "Bukurosh mio nipote", regia Claudio Boccaccini

di Gianni Clementi
con Francesco Pannofino, Emanuela Rossi, Andrea Lolli,
Silvia Brogi, Maurizio Pepe, Filipo Laganà e Elisabetta Clementi
regia di Claudio Boccaccini
Teatro Orfeo – Taranto, 6 dicembre 2018

www.Sipario.it, 12 dicembre 2018

Un spettacolo non leggero... leggerissimo! "Bukurosh mio nipote", testo "sequel" della fortunata commedia precedente "I suoceri albanesi", sempre dalla penna di Gianni Clementi e con Francesco Pannofino ed Emanuela Rossi, vuole essere un particolare momento riflessivo sull'attuale società.

Lucio e Ginevra, genitori di Camilla, sposata ormai con l'albanese Lushan, tornano a casa dopo il matrimonio dei due giovani. Non appena passati tre giorni gli sposini ritornano litigiosi: nei luoghi sperduti "ai confini della Macedonia", così come Camilla li definisce, scelti per il viaggio di nozze, la giovane lamenta la mancanza di WiFi, banali comodità e ... del bidet. Tra la madre preoccupata per un'attività gastronomica molecolare che non funziona, il padre sempre più impicciato in faccende politiche fallimentari, e vicini di casa particolarissimi, il matrimonio rischia di prendere una brutta piega ... soprattutto per via dello strano nome che il futuro bambino che verrà, probabile protagonista di un futuro "sequel", si chiamerà cacofonicamente "Bukurosk", nome che però, a quanto pare, è parecchio in voga nella tradizione e superstizione albanese.

"Bukurosh mio nipote" si distende in due tempi con una recitazione collettiva dai ritmi serrati; anche se in un paio di zone, in un paio di uscite in particolare, qualche vuoto c'è ... e per la rapidità d'esecuzione quei vuoti si amplificano. Per il resto, da un punto di vista drammaturgico, rappresenta la struttura della classica "commedia all'americana", o meglio, della "sitcom all'americana", quella simile alle serie TV anni 80' e 90'; quelle che ci hanno abituati a divertirci spensieratamente con battute poco costruite, dirette e semplici; poi con l'aggiunta di tipici stereotipi: mal di pancia con presunta dissenteria e annessi "rumori da bagno", parolaccia lampo (magari alla romana), controsensi e parole storpiate semi/lascive. In più personaggi come: la vicina depressa assetata di sesso, l'amico buddista, chiacchierone e combina guai; moglie in astinenza che fa di tutto per far notare il sedere al marito, ecc. ecc. Quindi, per l'appunto, un'opera davvero leggera, anzi, come già detto, leggerissima, atta al divertimento e alla spensieratezza, senza troppe morali impetuose e senza tante pretese. Nonostante il testo voglia passare come moralizzatore su problemi, affanni e ossessioni vitali della società d'oggi (tipo il WiFi per Camilla), non contiene battute composte, complicate, costruite, "politiche" e di cervellotica interpretazione. Il tutto è trattato con massima leggerezza, senza colpire palesemente al cuore delle problematiche.

Nulla da dire sull'interpretazione delle colonne portanti dell'opera: Francesco Pannofino ed Emanuela Rossi, grandi voci del cinema e della televisione italiana ma, al contempo, concreta dimostrazione che dietro grandi doppiatori ci sono quasi sempre bravissimi attori (di teatro oltretutto, che non è dir poco). Intorno a loro nessuna distorsione, nessun intralcio davvero, altri cinque bravi attori si contendono il palco senza sconti, con scontri decisi e tempi impeccabili ... anche quando "giocano facile" con ruoli come l'albanese Igli, titolare di un'azienda edile, interpretato dal bravo Maurizio Pepe.

Nulla da evidenziare in modo particolare per tutto il resto, compresa la regia, per nulla anch'essa pretenziosa, così come l'allestimento scenico e il disegno luci. Degna di nota è invece la scelta delle musiche di scena, riverberanti di vita, sentimenti, lungimiranza e progressismo, come da sempre sono i testi di Paolo Conte.

"Bukurosh mio nipote" in sommi capi, nonostante sul finale, in modo un po' contrastante ai principi drammaturgici, cede al "dio web", tramutando l'intera famiglia (piccolo Bukurosh incluso) in un fenomeno social, è un'opera che ti salva la giornata. Essa infatti ti svuota e fa respirare, distraendoti dal mondo piacevolmente per due ore, senza pretese; donandoti in fine quello che oggi in pochi riescono a donare in questa società: un sorriso. Assolutamente terapeutica.

Valerio Manisi

Ultima modifica il Giovedì, 13 Dicembre 2018 01:30

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