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COME TU MI VUOI - regia Giancarlo Luce

"Come tu mi vuoi", regia Giancarlo Luce "Come tu mi vuoi", regia Giancarlo Luce

da Tommaso Pincio e Christian Raimo
con Giancarlo Luce ed Ermelinda Nasuto
costumi Mariella Putignano
disegno luci Franz Catacchio
Regia Giancarlo Luce

Napoli, Teatro Elicantropo 2 febbraio 2017

www.Sipario.it, 6 febbraio 2017

Un racconto di alienazione. Uno spettacolo con due personaggi, che però sono (sostanzialmente) due monologhisti. Ciascuno ovattato e insonorizzato nella propria solitudine; nella prigione cui la vita contemporanea, all'inseguimento folle di un impiego "dignitoso" e di una soluzione abitativa "adeguata", lo ha rinchiuso. Una gara di resistenza, che richiede esercizio e sacrificio: un allenamento costante, che isola ulteriormente, per il conseguimento di una perfetta forma fisica a prova di stress.
Come tu mi vuoi è la pièce - tratta da due racconti di Tommaso Pincio e Christian Raimo - dedicata al senso di frustrazione che attanaglia oggi giovani e meno giovani. Un lavoro sudato, nel vero senso della parola, che trasmette angoscia, fatica, sfinimento: efficacissima, in questo senso, la metafora della seduta di jogging (per il personaggio maschile) e di palestra (nel caso della ragazza). Un continuo sforzarsi, piegarsi e affannarsi, nell'illusione di ottenere un qualche risultato.
Due i drammi speculari, uno di fronte all'altro. Lei, 30 anni circa: gli studi finanziati dai genitori, le liste dell'ufficio di collocamento e la trafila delle agenzie interinali. La speranza che non può morire; gli ideali coltivati durante gli anni della scuola che non vogliono dissolversi; una vita di aspettative e sogni nel cassetto... Per cosa? Un lavoro che non si può neanche pronunciare, una qualifica che non trova espressione, un contratto indicibile e un presente che fa più paura dell'avvenire. Puntini sospensivi e poi silenzio: ecco tutto.
E poi c'è lui: il sopraggiungere dell'età "matura"; la sensazione (come una vocina perfida nella testa) di non aver costruito, ma solo sciupato tempo; la percezione di sé come di un essere grigio e informe. Un'immagine che si riverbera nello spazio intorno, quello dei palazzoni industriali, tutti identici e anonimi, dove si ammassano decine di irrisolvibili solitudini. La situazione è talmente disperata che puoi solo augurarti di essere notato (e folgorato) dagli alieni mentre fai jogging lungo la tangenziale.
Ma talvolta nell'isolamento si converge e, per pura fatalità, ci si trova. Non è un vero e proprio incontro; piuttosto, un imbattersi l'uno nell'altra, come uno schianto dopo il quale si schizza via più lontani di prima. Ancora più arrabbiati e abbrutiti, nella guerra per la sopravvivenza di tutti contro tutti. La vita torna quella di sempre, tra condomini freddi e uffici sterminati; i cosiddetti open space dispersivi, dove è fisicamente impossibile parlarsi (sempre che sia consentito). Ci sei solo tu, tanto per cambiare; tu e la tua squallida postazione.
Come tu mi vuoi è davvero uno spettacolo amaro, che regala un'ora di pensieri cinici e immagini spietate. I protagonisti (Giancarlo Luce, anche regista ed Ermelinda Nasuto) compiono sulla scena uno sforzo fisico notevole, ben rendendo la tensione del racconto. Per il resto, conquistano le luci (come giochi di significati) e alcune fascinazioni messe a punto dalla regia (sorprendenti le improvvise citazioni musicali). Per riflettere, mantenendo la giusta distanza.

Giovanni Luca Montanino

Ultima modifica il Lunedì, 06 Febbraio 2017 21:41

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