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CALENDAR GIRLS - regia Cristina Pezzoli

"Calendar girls", regia Cristina Pezzoli. Foto Giovanni De Sandre "Calendar girls", regia Cristina Pezzoli. Foto Giovanni De Sandre

regia di Cristina Pezzoli
di Tim Firth 
basato sul film Miramax
scritto da Juliette Towhide & Tim Firth
regia di Crisina Pezzoli
con Angela Finocchiaro, Laura Curino, Ariella Reggio, Carlina Torta,
Matilde Facheris, Corinna Lo Castro, Elsa Bossi,
Marco Brinzi, Noemi Parron, Titino Carrara
Teatro Italia Francavilla Fontana (Br) 13 febbraio 2018

www.Sipario.it, 14 febbraio 2018

Quando l'arte può salvare la vita. È proprio questo, si può dire, il filo conduttore marchiato a fuoco, già da embrione, di questa simpatica e incredibile storia passata negli anni dalla realtà, al cinema e poi al teatro. Parliamo di "Calendar Girls", la sceneggiatura che, agli inizi del 2000, fu scritta da Juliette Towhide & Tim Firth per la realizzazione dell'omonimo film di notevole successo e soprattutto sensibilizzazione sociale. Il film, diretto da Nigel Cole con, tra le tante, Helen Mirren e Julie Walters, divenne da subito un film di culto, e successivamente uno dei più replicati spettacoli teatrali del Regno Unito e del mondo, ancora oggi.
La sceneggiatura è ispirata da una storia vera, ad un reale accadimento avvenuto in una delle più importanti e antiche organizzazioni di volontariato femminile del Regno Unito: la Women's Institute, fondata nel 1915, nel Knapely, un tranquillo villaggio dello Yorkshire. Un gruppo di donne, fra i 50 e i 60 anni, decidono di trasgredire la normale prassi di realizzare un calendario con foto di antichi ruderi inglesi e fiori per la raccolta fondi, posando invece nelle proprie quotidiane attività lavorative; nulla di eclatante, finché non si scopre che il reale intento della folle fioraia e maestra di Taijiquan, Chris (Finocchiaro), artefice del "piano", è quella di farlo nude. Dopo la morte, infatti, di leucemia del caro John, marito di Annie (Laura Curino), una nuova carica spinge le donne ad intraprendere la coraggiosa, ma clericalmente avversa, peripezia fotografica. Con l'aiuto di un barelliere e giovane appassionato di foto (il bravissimo Stefano Annoni, che ricopre più ruoli), iniziano gli scatti che finiranno, per il mese di dicembre, in un esilarante nudo a forma di albero di Natale. Il successo dell'iniziativa, seppur avversa all'"istituzione", travalica immediatamente Knapely; la notizia e il trionfo del "Calendario Alternativo" passa dalle fiere, dalle ristampe, ai giornali per approdare, con la complicità di Chris, in TV. Qui, un isterico regista (sempre Annoni), chiederà alle donne di posare nude per un detersivo. Questo snaturerà un po' il sentimento dell'iniziativa, e chi aveva con fatica superato la propria barriera pudica per realizzare il calendario, si unirà alla vedova Annie nell'abbandonare la patetica evoluzione/involuzione dell'iniziativa. Nonostante tutto però, meravigliose lettere di liete dichiarazioni piovono sull'istituto, così come milioni di sterline che consentiranno in fine non di comprare solo un nuovo divano per la sala d'aspetto, ma addirittura di costruire un intero reparto all'ospedale.
Cast di altissima qualità davvero, a partire dalla bravissima Ariella Reggio, forte della sua interessante carriera e della contaminazione inglese raccolta sulla sua stessa pelle grazie ai tanti anni di esperienza nella BCC in Inghilterra. Affascinante e superba Corinna Lo Castro nel suo ruolo, che non passa assolutamente inosservata; appieno comunicativa Carlina Torta, nella perfetta interpretazione di una pudica pia donna. Nel complesso attori impeccabili in ogni ruolo, ci sarebbe da menzionarli tutti.
Angela Finocchiaro, seppur in questo caso interprete di una drammaturgia corale, non può che contraddistinguersi per il suo inimitabile e personale stile comico; caratterizzato fin dagli albori da riservati tempi comici e da quella cadenza milanese che le ha donato distinzione e successo, partendo dalle regie di Nichetti ai palchi di Zelig. Si può delineare oggi la Finocchiaro tra una delle più espressive attrici del cinema e del teatro italiano, conservatrice di una mimica facciale che in pochi spontaneamente possono vantare; accostabile serenamente ai grandi del teatro italiano quali Franco Franchi, Tino Scotti, Tina Pica, Valori e Valeri.
Belle le musiche, non invadenti e "folk" quanto basta, che riportano, non in modo preponderante, alle sonorità di "tradinnovazione" anglosassone. Regia talmente fluida da riuscire a nascondere diverse sorprese, quelle che di tanto in tanto spuntano durante il susseguirsi delle azioni. Un'azione alternata tra esterno e interno dal "sali e scendi" di un cielo nero, come fosse un secondo sipario, utile ad alternare una luminosa collina verde dalla stessa innevata, o l'alba dal tramonto.
Partendo da dei "semi" (che in fine fioriti si mischieranno con dei "seni") sono i girasoli a rappresentare per tutto il tempo l'ambiziosa felicità della buonanima di John; il loro colore giallo raggiante rappresenterà oltretutto il compimento e la speranza di un un'opera teatrale che, in questa riproposta diretta da Cristina Pezzoli, promette, già dal manifesto, una quota del diritto d'autore alla Leukaemia Research. Quindi: andatela a vedere, perché la tournée è ancora lunga. Oltretutto, questo spettacolo, dà un vero senso al "nudo", particolare che, in altri casi, sta decisamente degenerando.

Valerio Manisi

Ultima modifica il Giovedì, 15 Febbraio 2018 20:35

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