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CUCINA (LA) - regia Valerio Binasco

"La Cucina", regia Valerio Binasco "La Cucina", regia Valerio Binasco

di Arnold Wesker
versione italiana di Alessandra Serra
Con
Massimo Cagnina | Andrea Di Casa | Elena Gigliotti
Elisabetta Mazzullo| Aldo Ottobrino | Nicola Pannelli | Franco Ravera
e con
Francesca Agostini | Emmanuele Aita | Lucio De Francesco
Giulio Della Monica | Alexander Perotto | Aleph Viola | Ivan Zerbinati
Antonio Bannò | Giuseppe De Domenico |Noemi Esposito
Giordana Faggiano | Isabella Giacobbe |Martina Limonta
Giulio Mezza | Duilio Paciello | Alessandro Pizzuto | Kabir Tavani

Scene Guido Fiorato
Costumi Sandra Cardini
Luci Pasquale Mari
Regista assistente Simone Luglio
Musiche Arturo Annecchino
Regia Valerio Binasco
Produzione Teatro Stabile di Genova 
Teatro Eliseo dal 2 al 20 maggio 2018

www.Sipario.it, 4 maggio 2018

Allorché Wesker scrisse La cucina, diede vita ad un'opera corale fotografando la difficile convivenza fra persone, resa ancor più complicata dalle condizioni lavorative. E quale miglior luogo della cucina di un grande e noto ristorante dove, per eccellenza, si manifestano meschini interessi, malcelati egoismi, piccinerie comportamentali e narcisismi di ogni tipo? Lo sguardo di Wesker – recentemente scomparso – è sempre impietoso ma lucido nel denunciare il modo in cui la natura umana, con le sue aspirazioni, può facilmente essere influenzata dall'ambiente nel quale si trova a vivere ed operare.
Valerio Binasco, fra i più bravi e precisi registi che la scena teatrale italiana ci offre al momento, ha ripreso La cucina (in scena in questi giorni all'Eliseo di Roma) ponendo a se stesso una scommessa: riuscire a raccontare le esistenze dei singoli personaggi non rinunciando alla visione d'insieme della commedia.
C'è da dire che egli sia riuscito in pieno nel suo intento. Gli attori: ventiquattro, giovani (sotto i trent'anni) e provenienti dallo Stabile di Genova, ottimamente diretti (eccettuato qualcuno che in alcuni punti non scandisce bene le proprie battute), son tutti bravi e si dimostrano all'altezza dei rispettivi ruoli. La peculiarità di Binasco sta nel saper andare a fondo della psicologia d'ogni personaggio, e ne scandaglia tutti i particolari per farne emergere le contraddizioni così da renderlo ambiguo. È quanto accade, per esempio, col primo cuoco tedesco che agli occhi di tutti appare viscido e cattivo, salvo poi mostrarsi debole vittima di illusioni che egli stesso nutre per sopravvivere. Ma sarà poi davvero così? O si prenda il caso del pasticciere: all'apparenza il più mite e con alle spalle il fallimento del suo matrimonio: nello svolgersi della commedia, eccolo divenire insensibile e attento solo a che il suo ruolo non subisca intrusioni. Al contempo, è anche l'unico che si interessa ai tristi casi particolari del resto del personale che si divide fra cucina e ristorante. Ma dov'è la verità?
Questa rilettura de La Cucina è anche una denuncia dell'attuale mondo del lavoro (ormai invivibile per colpa dell'incapacità della politica). Binasco rende partecipe anche il pubblico di tale tragedia, e lo fa abolendo il sipario. All'ingresso in teatro la scena è visibile. Prima che lo spettacolo inizi, entra ed esce sotto gli occhi di tutti, vestendosi, un cameriere. Quando la rappresentazione sta per concludersi, mostrando uomini ridotti a miseri relitti, pian piano le luci in sala si riaccendono fino ad illuminare la platea. Come a voler dire che tutti, nessuno escluso, sono spettatori indifferenti di un momento storico preciso in cui pare impossibile riuscire a dialogare e a rispettare le reciproche diversità. E si rinuncia, così, a priori a far qualcosa – in termini di proposta di idee o con atti concreti.
Una rilettura, questa, che rende La Cucina una pièce vicinissima al nostro tempo e, per ciò stesso, ancor più interessante da vedere.

Pierluigi Pietricola

Ultima modifica il Venerdì, 04 Maggio 2018 14:12

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