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CIELO NON È UN FONDALE (IL) - di Daria Deflorian, Antonio Tagliarini

“Il cielo non è un fondale”, di Daria Deflorian, Antonio Tagliarini. Foto Giorgio Termini “Il cielo non è un fondale”, di Daria Deflorian, Antonio Tagliarini. Foto Giorgio Termini

di Daria Deflorian, Antonio Tagliarini
con Francesco Alberici, Daria Deflorian, Monica Demuru, Antonio Tagliarini
collaborazione al progetto: Francesco Alberici, Monica Demuru
testo su Jack London: Attilio Scarpellini
musiche: Lucio Dalla, Mina, Georg Friedrich Händel, Lucio Battisti; la canzone La domenica: Giovanni Truppi
assistente alla regia: Davide Grillo
disegno luci: Gianni Staropoli con la collaborazione di Giulia Pastore
costumi: Metella Raboni
costruzione delle scene: Atelier du Théâtre de Vidy
produzione: Sardegna Teatro, Teatro Metastasio di Prato , Emilia Romagna Teatro Fondazione
coproduzione: A.D., Odéon-Théâtre de l'Europe, Festival d'Automne à Paris, Romaeuropa Festival, Théâtre Vidy-Lausanne, Sao Luiz-Teatro Municipal de Lisboa, Festival Terres de Paroles, Théâtre Garonne, Scène européenne-Toulouse
con il sostegno del Teatro di Roma
collaborazione: Laboratori Permanenti/Residenza Sansepolcro, Carrozzerie|n.o.t/Residenza Produttiva Roma, Fivizzano 27/nuova script ass. cult. Roma
Milano, Piccolo Teatro studio Melato dal 2 al 6 maggio 2018

www.Sipario.it, 13 maggio 2018

Un cielo che fa da fondale perché il cielo non lo si guarda più (l'uomo oggi volge gli occhi solo in orizzontale e non in verticale verso l'alto tanto che dalla sua osservazione sono quasi scomparse stelle e luna, retaggio di un passato lontano), tanto buio, pioggia e nebbia da cui entrano ed escono quasi fluttuando nell'umido sospeso quattro attori bigi come i loro sogni e i loro pensieri, ciascuno con le proprie fantasticherie senza colori: passaggi senza traumi dal reale all'onirico e viceversa senza chiedersi dove finisca l'uno e inizi l'altro per dipanarli dall'intreccio che li aggroviglia.

E ciascuno di questi racconti franti, spezzati e dal tono sommesso ha un suo fascino ammaliatore, cattura, prende e si frange come un'onda da cui si aspetta il regalo di una bottiglia che disveli segreti e storie che non sono altro che il quotidiano con le sue incertezze e difficoltà, un vivere che vuole chiarezze e non contraddizioni deliranti e confuse.
In un ambiente in cui non c'è altro che un fondale scuro, nessuna trama, nessuna storia se non meditate riflessioni, foglie riarse e disseccate dalle difficoltà di crescere, capire e relazionarsi.

Questo simpatico e raffinato guazzabuglio ha il potere di attrarre e avvincere nell'attesa che improvvisamente saltino fuori i bandoli delle matasse in modo che si formino tanti bei gomitoloni chiari, netti e ben divisi che diano ordine e serenità alle considerazioni seriosamente scherzose e lievi dei quattro protagonisti della pièce: quattro abili attori capitanati dal duo Daria Deflorian e Antonio Tagliarini - dal 2008 un tandem che accomuna un'ottima attrice a un valido coreografo e performer i quali stanno mietendo successi anche fuori Italia - insieme a Francesco Alberici e Monica Demuru dalla bella voce.

Una disordinata pioggia di pensieri raccontata con genuina e disinvolta spigliatezza - espressione di una consumata capacità artistica direttamente proporzionale alla bravura di cui è maestra Daria Defloriani - e con estrema naturalezza immediata e semplice, la medesima che ha ciascuno di noi quando si trova da solo a raccontarsi il proprio vissuto giornaliero in quel labile crinale che porta dalla veglia al sonno, trasportando frammenti di pensato nei sogni, e viceversa.

Non importa che si viva a Roma o in qualsiasi altra parte del globo, l'importante è che non si considerino quei pensieri spezzoni cinematografici, ma si analizzino 'leggendo dentro' grazie a quella meravigliosa favilla che ci distingue dal resto del creato: l'intelligenza che permette a ciascuno di fornire decodificazioni diverse come quella di un maggior calore reale e metaforico della "squadra" di termosifoni in una visione ottimistica assimilabili a uomini in grado di dare calore al vivere guardando in modo diverso sé e gli altri.

Uno spettacolo che tiene desta l'attenzione, non stanca e induce con levità a estraniarsi dal fluire di parole dei singoli attori e dagli stacchi musicali per entrare dentro di sé a cercare qualche bandolo da dipanare velocemente lasciando come regalo agli artisti il nostro gomitolone di pensieri e alla fine uscire guardando in alto e immaginare nell'umido cielo milanese brandelli di firmamento stellato cui sorridere ora che si è sbrogliato un po' di noi stessi.

Wanda Castelnuovo

Ultima modifica il Lunedì, 14 Maggio 2018 02:26

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