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DESTINATARIO SCONOSCIUTO - regia Rosario Tedesco

Nicola Bortolotti e Rosario Tedesco in "Destinatario sconosciuto", regia Rosario Tedesco Nicola Bortolotti e Rosario Tedesco in "Destinatario sconosciuto", regia Rosario Tedesco

di Katherine Kressmann-Taylor
traduzione di Ada Arduini
adattamento e regia di Rosario Tedesco
con Nicola Bortolotti e Rosario Tedesco
e con il Coro di voci bianche "F. Gaffurio"
del Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano
direttore del coro Edoardo Cazzaniga
luci Giuliano Almerighi
produzione "Teatro dell'Elfo"
Teatro dell'Elfo, Sala Fassbinder, Milano 11-23 dicembre 2018

www.Sipario.it, 21 dicembre 2018

Come sosteneva Luca Ronconi, ogni opera che possiede una forte e prepotente carica comunicativa attraverso una metafora in grado d'imprimersi nella mente delle persone, può e deve essere teatrale. È il suo destino. Vedendo lo spettacolo Destinatario sconosciuto, vien da pensare a quanto affermava il grande regista.
Due amici e soci in affari, Max e Martin, che vivono negli Stati Uniti, paiono uniti da un legame indissolubile. Ma il vento della storia ha sempre l'ultima parola, anche sui sentimenti. Affatturato dalla retorica e dalla propaganda naziste, Martin decide di ritornare in Germania e di aderire al Nazionalsocialismo. Ciò che comporterà il suo progressivo allontanamento dall'amico sino a divenire – l'uno per l'altro – due perfetti estranei.
Se in Martin è l'ideologia a prevalere su una capacità di giudizio il più possibile oggettiva, in Max – ebreo – è la difesa della sua identità a dettare condotta e comportamento nei confronti dell'amico. Si innesca così una schermaglia che prosegue in modo netto, deciso, all'estremo: perché i due compagni finiranno col distruggersi a vicenda con diversi espedienti: Martin non difendendo Griselle, sorella di Max, giunta in Germania per una tournée teatrale; e Max inviando delle lettere al suo ex-amico che lasciano intendere un messaggio in codice e per le quali quest'ultimo verrà ucciso dopo – si suppone – esser stato prigioniero in un campo di concentramento.
In scena: Rosario Tedesco (Max) e Nicola Bortolotti (Martin). Il pubblico assiste, così, allo scambio epistolare che vi è fra i due. Tedesco e Bortolotti, difatti, recitano le lettere scritte dai rispettivi personaggi. Ma come rendere, teatralmente, il rapporto a distanza che in un carteggio sussiste? Attraverso sguardi che si incrociano da lontano; con tocchi fugaci dei corpi che, però, non durano più di pochi istanti; con passioni urlate e ragioni ribadite: entrambe inascoltate ma pronunziate da un lato all'altro del palcoscenico.
Ad annullare, idealmente, la distanza degli interpreti vi è il Coro di voci bianche "F. Gaffurio", che cantando musiche di Mozart, Klein e Weber tenta di risanare una frattura che, purtroppo, non potrà che condurre alla sciagura più impietosa.
La recitazione di Tedesco, dapprima distesa piana serena e levigata, man mano che l'azione drammatica procede diviene acuminata, aspra, ferrigna, impietosa, crudele, definitiva. A sottolineare mutamento di registro, il suo toccarsi il braccio con la mano: un gesto di chiusura, ad indicare uno spirito di vendetta ormai prevalente e a cui il personaggio di Max non può né vuole rinunciarvi.
Destinatario sconosciuto parrebbe riproporre la dialettica fra le leggi scritte e non scritte dagli dèi. In realtà, esso pone una domanda molto più pressante e drammatica: è, l'uomo, consapevole di ciò che pensa e dei suoi principi? E in che misura?
Ecco ciò che fa del romanzo di Katherine Kressmann-Taylor un'opera teatrale e che Tedesco ha saputo agghermigliare fra le righe e tradurre per le scene.

Pierluigi Pietricola

Ultima modifica il Sabato, 22 Dicembre 2018 00:54

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