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GABBIANO (IL) - regia Giancarlo Sepe

"Il Gabbiano", regia Giancarlo Sepe. Foto Manuela Giusto "Il Gabbiano", regia Giancarlo Sepe. Foto Manuela Giusto

di Anton Čechov
adattamento e regia di Giancarlo Sepe
Interpreti: Massimo Ranieri, Caterina Vertova, Pino Tufillaro,
Federica Stefanelli, Martina Grilli, Francesco Jacopo Provenzano

Scene e costumi: Uberto Bertacca
Disegno luci: Maurizio Fabretti
Musiche a cura di Davide Mastrogiovanni e Harmonia Team
Produzione esecutiva: Giampiero Mirra. Coproduzione: Diana Or.i.s. srl e Rama 2000 srl.
al Teatro Vittorio Emanuele di Messina dal 12 al 14 aprile 2019

www.Sipario.it, 13 aprile 2019

Sono gli scrittori e i poeti che ti indicano cos'è l'amore – diceva Massimo Ranieri all'inizio di questo strano Gabbiano di Cechov messo in scena in chiusura di stagione al Vittorio Emanuele di Messina da Giancarlo Sepe - Anche se subito dopo intonava con buona pronunzia francese Avec le temps on n'aime plus (Col tempo non si ama più) di Léo Ferré. Strana messinscena dicevo, perché conoscendo Sepe e i suoi precedenti spettacoli cechoviani nel suo romano Teatro La Comunità in Trastevere (Zio Vania, Le tre sorelle) mi sarei aspettato una lettura meno canterina e più orientata ad innovativo lavoro sugli attori. Che qui risultano pressoché decimati, ridotti solo alle figure di Irina, d'una sempre brava e dal chiaro verbo di Caterina Vertova, di Trigorin (Pino Tufillaro), di Nina (Federica Stefanelli) di Mascia (Martina Grilli) e del giovane Kostja di Francesco Jacopo Provenzano e sono scomparsi i vari Sorin (fratello di Irina), il fattore Samraey, il maestro Medvedenko, il medico Dorn. Ma è oltremodo presente Massimo Ranieri una sorta di fool che può essere il figlio di Irina, un viaggiatore super partes che vorrebbe conoscere uno ad uno i vari personaggi di questo Gabbiano, o un collante, con le sue chanson (dopo Ferré anche Brel, Piaf, Becaud), che cerca di chiarire e capire gli intrighi dei vari amori che si consumano in casa Sorin, qui condensata nella scena di Uberto Bertacca con un gigantesco pianoforte e da una mezza dozzina di quinte che hanno la forma di neri piloni autostradali. Il plot, come è noto, si consuma in questo luogo adagiato su un lago popolato da gabbiani, sportivamente presi a fucilate da Kostja, uccidendone talvolta qualcuno, accostabile al personaggio di Nina che lui ama non riamato. Kostja è un aspirante drammaturgo che sta mettendo in scena con esiti incerti un suo lavoro che ha per protagonista la giovane Nina, criticato oltremodo dalla madre Irina, attrice capricciosa e avara, interessata solo alle sue mises e alle sue toilettes, preoccupata solo a non farsi mollare dal suo vanitoso scrittore Trigorin. Lo spettacolo va avanti con Ranieri che canta, applaudito ad ogni fine esecuzione, duetta bellamente con la Vertova conscio dei suoi trascorsi teatrali con Strehler, Scaparro, Patroni Griffi etc.etc., lasciando disorientati alcuni spettatori, che (ignari) s'aspettavano che intonasse Se bruciasse la città, dileguatisi poi nell'intervallo e con il mini-cast residuo che cerca di soddisfare i propri affari amorosi. Con la Mascia di Martina Grilli che ama Kostja e invece impalmerà il maestro Medvedenko (assente), mentre il medico Dorn (anche lui assente) è amato senza successo da Polina Andreevna, moglie del fattore Samrev (entrambi assenti). Insomma Il gabbiano è un vaudeville degli incontri mancati e degli amori male assortiti perché Irina ama Trigorin che ama Nina che a sua volta è amata da Kostja che non ama Mascia che è amata invece da Medvedenko. Nei lavori di Cechov protagonista assoluto è il tempo nella sua astrattezza che sana ogni ferita, pure quella in chiusura del suicidio di Kostja con una pistola che non fa bang, mentre tutti i protagonisti non seguiranno le orme sagge del suo autore (forse questo vuole ricordarci Sepe) che aveva risolto il suo status di amore maritale dicendo alla moglie che lei poteva starsene a Mosca e che se voleva incontrarlo poteva raggiungerlo nella sua casa di campagna. È un dramma Il gabbiano in cui si abusa pure del vocabolo "talento", quello che manca alle due attrici Irina e Nina e ai due scrittori Trigorin e Kostya, quasi due generazioni a confronto. É un lavoro infine Il gabbiano delle "illusioni perdute" in cui solo il giovane Amleto-Kostja ci lascerà le penne, senza aver potuto vendicarsi della madre-Gertrude-Irina e dello zio-Claudio-Trigorin.

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Sabato, 13 Aprile 2019 17:30

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