con
MONICA GUERRITORE
MASSIMILIANO VADO
di Federico Fellini, Tonino Guerra, Tullio Pinelli
con (in o. a.) Alessandro Di Somma, Mara Gentile, Nicolò Giacalone, Francesco Godina
Diego Migeni, Lucilla Mininno, Valentina Morini, Claudio Vanni
scenografia Maria Grazia Iovine
costumi Walter Azzini
coreografie Alberto Canestro
light design Pietro Sperduti
regista assistente Leonardo Buttaroni
direttore allestimento Andrea Sorbera
adattamento e regia MONICA GUERRITORE
produzione Teatro della Toscana, Società per Attori, Accademia Perduta Romagna Teatro
Roma – Teatro Quirino Vittorio Gassman 16-21 gennaio 2024
Se la memoria non mi inganna, una ventina di anni fa Jean Baudrillard scrisse un libro: Il delitto perfetto, dove analizzava come la televisione avesse realizzato il crimine ideale assassinando la realtà, facendo scomparire il corpo del delitto, l’arma e il movente. Che centra questo con lo spettacolo Ginger e Fred per la regia di Monica Guerritore in scena al Quirino? Centra perché la riduzione del film di Fellini non si comprende bene se ha voluto uccidere l’originale oppure la sua teatralità, o se ha voluto semplicemente ricalcare il tema affrontato dal regista Premio Oscar denunciando l’appiattimento culturale che la tv – commerciale soprattutto – ha creato nel corso di questi lunghi ultimi decenni. In ciascuno dei casi menzionati, ci si è trovati di fronte a qualcosa per niente originale e senza riflessioni nuove sull’argomento. Che tv e media tout court ormai veicolino solo ciarpame che nulla ha a che vedere con la cultura, è un fatto scontato. Ma stando così le cose, perché farci uno spettacolo? Il film di Fellini, benché non sia fra i suoi capolavori, ebbe il merito a suo tempo di aver intuito e previsto la situazione che stiamo vivendo oggi, l’evo che Roberto Calasso chiamò – e giustamente –: l’innominabile attuale. Ciò detto, l’intuizione di Fellini la si sarebbe potuta adattare meglio: sia nella forma che nei contenuti. Magari puntando l’indice sul fatto che oggi i media non uccidono né mistificano una data realtà, ma ne creano di sana pianta una alternativa completamente scollegata dagli accadimenti. Quanto alla forma, l’idea di lasciare il pubblico per una buona mezzora abbondante dall’apertura del sipario in una penombra polverosa, è stata davvero poco brillante. Per non parlare della recitazione della Guerritore (Amelia Botticelli-Ginger) e di Massimiliano Vado (Pippo Botticella-Fred): entrambi poco incisivi, senza colori né sfumature vocali e mimiche. E sì che questi personaggi: artisti spiantati e sfortunati, ormai invecchiati, alla disperata ricerca di pochi minuti di popolarità in una televisione commerciale di proprietà di un imprenditore ignorante e cialtrone, di chiavi interpretative intense e più approfondite ne avrebbero potute offrire. E invece la Guerritore si è limitata solo, diciamo così, a riassumere, a trasporre il film di Fellini in una riduzione teatrale priva di un punto di vista di regia, così come di una chiave drammaturgica. Per esempio, oggi i Ginger e Fred felliniani chi sono? Fuor di metafora, i tanti ragazzi costretti a partecipare ai cosiddetti talent show per avere una popolarità e una continuità professionale in ambito artistico. E quanto ci sarebbe stato da dire sui social, che con la tv ormai vanno sotto braccio in termini di continuità (e certo non in senso elogiativo)? Omaggiare Fellini copiandolo senza tradirlo nella riscrittura come il mezzo teatrale richiede, ha voluto dire dar vita a qualcosa di asfittico e privo di ritmo. Esattamente ciò che è stato lo spettacolo diretto da Monica Guerritore. Pierluigi Pietricola