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 (IL) - regia Roberto Valerio

GIUOCO DELLE PARTI
 (IL) - regia Roberto Valerio

Giuoco delle parti (Il) Giuoco delle parti (Il) Regia Roberto Valerio

da Luigi Pirandello
adattamento Valerio, Orsini, Balò
con Umberto Orsini, Alvia Reale, Michele Di Mauro
Flavio Bonacci, Carlo de Ruggieri, Woody Neri
scene Maurizio Balò
costumi Gianluca Sbicca
regia Roberto Valerio
produzione Compagnia Orsini
in collaborazione con
Fondazione Teatro della Pergola
Roma, Teatro Eliseo dal 11 febbraio al 9 marzo 2014

www.Sipario.it, 13 febbraio 2014
Gazzetta del Sud, 23 marzo 2014

Umberto Orsini rilegge "Il giuoco delle parti"
La lucida follia di Leone Gala

All'apice della maturità artistica Umberto Orsini, che si appresta a festeggiare, il 2 aprile, i suoi primi ottant'anni sul palcoscenico della vita e sessanta sulla scena teatrale, in tandem con il regista e per anni compagno di scena Roberto Valerio, ha realizzato un progetto ambizioso: la riscrittura drammaturgica d'un testo composto nel 1918 dall'acuta penna di Luigi Pirandello "Il giuoco delle parti" (tratto da una precedente novella datata 1913 "Quando si è capito il giuoco") in scena fino al 9 marzo al teatro Eliseo di Roma.
L'attore e capocomico piemontese ha ridisegnato le linee del dramma per osservare i personaggi da una diversa prospettiva, più contemporanea e incisiva; ha rappresentato un ambiente suburbano dalle tinte sanguigne, lontano dal contesto borghese lasciando riaffiorare, tra le tavole d'un palcoscenico spoglio, dai contorni surreali e, a un tempo, inquietanti, quei fantasmi generati dalla mente di un uomo oramai vecchio e pazzo, ancorati ad un pernio che li tiene in piedi a recitare la loro parte.
Il faticoso ruolo di Leone Gala, impersonato da Umberto Orsini come quindici anni fa in una messinscena firmata da Gabriele Lavia, assume oggi nuovi contorni. La lucida follia che nella stesura originale si placa subito dopo il duello in cui l'amico e rivale Guido Venanzi perde la vita, viene, in questa nuova scrittura drammaturgica, a riprendere vigore, ad amplificarsi dietro la lente deformante del rimorso. Il personaggio che pare prendere il posto all'autore, acquisisce una consapevolezza a tratti cinica e inquietante che sfocia in un bieco masochismo. In realtà le creature pirandelliane sembrano plasmate dalla materia di quella stessa sofferenza che permette loro di esistere. Il carattere di Leone è, come dettato dal suo stesso nome, determinato e forte ma stanche sono oramai le sue membra. Egli riporta sul palcoscenico della vita, in un perpetuo altalenare tra presente e passato , le immagini oramai indelebili di quei personaggi che hanno popolato il suo microcosmo: una moglie, Silia, dalla quale è da qualche anno separato, che lo odia per il suo temperamento così distaccato e indifferente e un amico e amante della moglie, Guido Venanzi, un povero diavolo che cerca di succhiare l'amore da un guscio ormai vuoto.
Abbandonato su una sedia a rotelle e rinchiuso in un ambiente claustrofobico, un freddo e angosciante ospedale psichiatrico, il protagonista ripercorrerà le fasi di quel dramma in cui verranno convocati dalla sua stessa voce narrante, uno ad uno, come proiezioni di una mente lucida, i personaggi, ancora spaventosamente vivi e coi cuori palpitanti. Silia giunge al levarsi del sipario mentre echeggiano le note aspre e penetranti d'una marcia nuziale che ritorneranno ad accompagnare la scena dell'epilogo. Indossa il suo abito da sposa e con una sottile eccitazione appare sullo spazio scenico a raccontare l'oltraggio ricevuto per un mero errore di persona, da quattro giovani in cerca di una vicina di casa, donna di malaffare, una certa Pepita.
Traendo spunto da questo episodio la creatura diaboli Silia tenderà un tranello al marito; convincendolo a sfidare lo spadaccino Miglioriti per difendere il suo onore lo manderà al "macello". Il dramma si consumerà, passo dopo passo, sino al momento del duello, sino all'assassinio di Guido Venanzi ucciso al posto del marito perché così vuole la sua parte di amante. Tocca a lui difendere Silia. Leone Gala, illustre filosofo, ha capito il giuoco della vita e quello delle parti.
Umberto Orsini ha fondato una Compagnia intitolandola a suo nome con l'intento di lasciare un'eredità di questa preziosa arte costruita sulle esperienze artistiche con sommi registi come Visconti e Zeffirelli, sugli insegnamenti del maestro Luca Ronconi. La messinscena curata nei particolari da Roberto Valerio riflette con chiarezza l'essenza del testo. Intensa e sensuale come richiede il temperamento di Silia appare Alvia Reale Eccellente antagonista nei panni di un amante dominato dagli eventi è Michele Di Mauro. Convincente il Dottor Spiga impersonato da Flavio Bonacci. Disinvolto nel ruolo di 'Socrate' Carlo De Ruggieri. Determinato Woody Neri nei panni di Barelli.
Giusta la scelta scenografica a cura di Maurizio Balò volta a rappresentare con pannelli scorrevoli e scarne suppellettili l'essenzialità di un contesto a un tempo reale e metafisico, limitato e illimitato in cui far danzare presente e passato.

Patrizia Iovine

Per Pirandello, la verità, al pari di Gorgia da Lentini è inconoscibile e incomunicabile. Dunque non è mai una sola. Come ne Il gioco delle parti (1918) in scena al Teatro Verga, con un grande Umberto Orsini nella pelle di Leone Gala, in cui il più antico, usurato ma sempre vivo triangolo – lui lei l'altro – non può passare solo come una semplice storia di corna. Certamente il dramma potrebbe essere la raffinata vendetta d'un marito geloso nei confronti dell'amante della moglie: infatti mentre accetta la sfida di battersi con la spada con l'insolente marchesino Miglioriti che ha mancato di rispetto alla moglie ( figura non prevista in questa messinscena, così pure il drappello dei tre ubriachi, antesignani quasi di quei teppistelli Kubrickiani di Arancia meccanica ) lascia all'amante il compito di duellare e perire, perché è costui in quel momento a vestire i panni del "vero" marito. Tuttavia potrebbe essere il sottile gioco d'un marito disincantato e calcolatore che ha scoperto il senso della vita nel vedersi vivere o che ha capito tristemente l'impossibilità d'un rapporto a due o d'intenderlo in un modo diverso, così come dirà Leone Gala alla moglie Silia: «Noi non siamo mica separati. Viviamo in perfetto accordo, divisi...». Potrebbe persino essere un esempio di rapporto sado-maso oppure uno spettacolo "crudele" alla maniera di Artaud. Potrebbe infine essere, buñuelamente, l'aver capito i protagonisti che la libertà non esiste e che è solo un "fantasma". Potrebbe essere tante altre cose ancora, a seconda di chi vive la propria vita, appunto secondo Il gioco delle parti. Temi sempre attuali che la fresca e innovativa regia di Roberto Valerio ha reso lucidamente, spogliando il testo pirandelliano da quelle aure salottiere di "Teatro borghese" e calandolo in una realtà manicomiale, in cui i fatti sono già avvenuti e il protagonista li ri-vive in continui flashback. Un successo scandito oltre che dalla presenza su sedia a rotelle d'un carismatico Umberto Orsini, che con fine lucidità modula a suo piacere vocalità e sensibilità del paradigmatico personaggio, anche da un'ottima Alvia Reale, una Silia disperata, prorompente, fibrillante, erotica come una Lulu di Wedekind, avvolta nei raffinati abiti retro di Gianluca Sbicca, mentre echeggiano lontani motivi della Carmen bizettiana. Convincente e un po' rude Michele De Mauro nel ruolo dell'amante Guido Venanzi e lodevoli gli apporti di Flavio Bonacci, Carlo De Ruggieri, Woody Neri. Ottanta minuti filati, rispetto ai tre atti originari, con l'unica scena di Maurizio Balò, quasi un'ovattata sala d'ospedale, raffigurata come un dipinto di Hopper, in cui è ben visibile in alto un lampadario deco con tre fioche luci a palla: una "stanza della tortura" descritta già da Giovanni Macchia, che diventa per Orsini e compagni una "sala della follia", col protagonista collocato in un aldilà immaginario dove la ragione convive con la pazzia e ascolta smarrito gli ottoni d'una marcia funebre.-

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Lunedì, 24 Marzo 2014 09:13

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