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INVENTATO DI SANA PIANTA - regia Luca Ronconi

Inventato di sana pianta Inventato di sana pianta Regia Luca Ronconi

ovvero gli affari del barone Laborde
di Hermann Broch
regia: Luca Ronconi
scene: Marco Rossi, costumi: Jacques Reynaud, luci: Gerardo Modica, musiche a cura di Paolo Terni, traduzione: Roberto Rizzo
con Massimo De Francovich, Pia Lanciotti, Massimo Popolizio, Anna Bonaiuto, Giovanni Crippa, Giacinto Palmarini, Pasquale Di Filippo, Andrea Germani, Gabriele Ciavarra, Marco Brinzi, Paolo Garghentino, Andrea Coppone
Milano, Teatro Grassi, dal 5 marzo al 5 aprile 2007
Roma, Teatro Valle, dal 11 al 24 febbraio 2008

Il Messaggero, 23 febbraio 2008
Avvenire, 7 marzo 2008
Il Giornale, 8 marzo 2008
L'economia allegra del barone Laborden

Scritta nel 1934, rappresentata per la prima volta nel 1981, ha trovato messinscena italiana soltanto ora, con la regia di Luca Ronconi: Inventato di sana pianta ovvero Gli affari del barone Laborden, di Hermann Broch (produzione del Piccolo Teatro di Milano) è la commedia in scena al Valle ancora oggi e domani. Un testo spietato, frivolo, spregiudicato, fascinoso, malleabile, attualissimo. Storia del solito truffatore pieno di charme, che gioca con uomini e patrimoni alla luce della sempreverde finanza allegra, dà il destro a Ronconi di esercitare una volta di più la vena parodistica e surreale nella quale, non di rado, sbriciola situazioni "sicure" e attori "indiscutibili". Qui, fra l'altro, nel bellissimo ambiente a due piani di Marco Rossi (è un hotel le cui sale e stanze trascolorano dall'azzurro al violetto, dal giallo al verde, con spettacolari effetti minimal-iperrealisti), il gran cast del quale dispone si offre al compito di tutto cuore. Massimo De Francovich, Pia Lanciotti, Massimo Popolizio, Anna Bonaiuto, Giovanni Crippa, Giacinto Palmarini, Luca Criscuoli e Davide Zaccaro giocano da funamboli con le battute della traduzione di Roberto Rizzo e inclinano il "sopra le righe" della recitazione, alternativamente, verso il vaudeville e la più trita commedia borghese. La dinamica è cinematografica. Ne vien fuori il ritratto di una eternità corrotta, quella del mondo economico, immutabile per disinvoltura, efferatezza, assenza di principi etici, disequilibrio estetico.
Il pubblico, a tratti, si diverte, prescindendo dall'aristocrazia della messinscena. Così come si divertono, in particolare, alcuni degli interpreti, Crippa, ad esempio, che deve aver pensato, per il suo biondone di vello ondulato, a certi rampolli degeneri di gloriosa schiatta attualmente in circolazione. O Popolizio, che nasconde il suo protagonista sotto barba e baffi per farne un piccolo-grande Landru dell'agòne finanziario privo di regole.

Rita Sala

Ronconi svela Broch al Piccolo

Dopo l'escursione, non proprio esaltante, nel mondo goldoniano, Luca Ronconi torna a uno dei suoi amori di sempre, a quella drammaturgia tedesca e mitteleuropea del primo Novecento che gli ha fatto incontrare, con esiti talvolta eccellenti, Hoffmansthal, Arno Holz, Karl Krauss nonché Arthur Schnitzler. Ed è viva ancora l'eco del Professor Bernhardi che ottenne tanti Ubu. La scelta è caduta ora su Hermann Broch (1886 - 1951), l'autore di quella impagabile trilogia de I Sonnambuli e di quel magico romanzo che è La Morte di Virgilio. Sottile e spietato indagatore, l'ex industriale Broch - ebreo convertitosi al cattolicesimo - della crisi sociale dell'epoca borghese, che col teatro ebbe però un timido approccio.
Tre testi quasi sconosciuti, tra i quali questo Inventato di sana pianta ovvero Gli affari del barone Laborde che ha suscitato l'interesse di Ronconi, apparso per la prima solo trent'anni dopo la sua morte. Motivo forse l'esile intreccio e la costruzione drammaturgica non sensazionale, e però commedia che stuzzica per quel doppio fondo che possiede: al tempo stesso lavoro leggero, ironico, brillante ma anche, come è stato scritto, «teso come una filigrana sopra un vertiginoso vuoto esistenziale». Commedia poi che si presenta con caratteristiche aristoteliche, cioè unità di tempo e luogo. Quest'ultimo individuato in un moderno hotel che la scena di Marco Rossi a due livelli restituisce in forma totalmente astratta. Hotel di cui pochi sono gli ospiti: banchieri e finanzieri senza scrupoli e donne avvenenti e losche che li accompagnano. Tra loro compare lui, il barone Laborde. Il finto barone Laborde, che è sì un ladro, un falsificatore d'assegni, ma anche un «artista della truffa» che al momento del commiato, dopo naturalmente che la commedia ha continuamente lampeggiato di ironia e sarcasmo, lascerà di sé un'immagine gradevole.
Inventato di sana pianta è del 1934: e risente, anche nel suo taglio da sceneggiatura cinematografica, della leggerezza dei film di quel tal Lubitsch , che con le sue sofisticated comedy rese grande il cinema di Hollywood. E a Lubitsch sembra guardare Ronconi anche se poi lo spettacolo, certo non mancante di eleganza, non raggiunge lo stesso scintillio. L'ironia, specie nelle scene iniziali, si traduce in pesante, vecchia parodia. Cosa di cui risentono anche gli interpreti, i pur bravissimi, e ronconiani doc, Massimo De Francovich, Giovanni Crippa, la seducente Pia Panciotti e Anna Bonaiuto. E il bravissimo Massimo Popolizio che restituisce un Laborde simpaticissimo ma proprio perché troppo simpatico, troppo grand seigneur, finisce con l'andare sopra le righe.

Domenico Rigotti

RONCONI PORTA BROCH IN UN ALBERGO DI SCAMBISTI

Pochi tra i grandi autori del secolo appena trascorso vissero della felice ambiguità di Hermann Broch. Capace, nella sua breve parabola terrena (lo scrittore tedesco ci ha lasciato nel ’51 a soli sessantacinque anni), di trascorrere dall’analisi spietata dei meccanismi del capitale ai grandi interrogativi sul senso dell’umana esistenza sprofondata nel silenzio di una natura da cui è assente il palpito di Dio. Dalla trilogia dei Sonnambuli, dove l’ascesa e caduta della borghesia si compie nella parabola attribuita, nel titolo, ai superstiti del primo conflitto mondiale fino al lucido saggio testamentario della Morte di Virgilio in cui il grande poeta latino s’interroga sull’enigma dell’universo che è lecito scorgere attraverso il frammento isolato dell’arte, Broch continua a sedurci passando senza colpo ferire dall’elegia disperata tipica dei romantici all’apparente culto dell’economia. Come accade, tra l’altro, in questo Inventato di sana pianta che ora Luca Ronconi, dopo la sua recente esplorazione nei territori sconfinati del numero, ridotta da tempo la rivolta a pura Utopia, presenta al Piccolo. In una cornice scenografica che si rifà palesemente alle tre stanze in continua mobilità orizzontale sfruttata nel Silenzio dei comunisti, il regista com’è sua ben nota abitudine congela in un’atmosfera rarefatta la parabola di un geniale truffatore, da Broch ricalcata nel ’34 sul grande modello del Marchese di Keith scritto da Wedekind trent’anni prima. Il quale, approdato in un albergo del libero scambio non solo delle coppie ma delle quotazioni di mercato, riesce a conquistarsi la fiducia di un banchiere fallito evitando a se stesso e ai suoi nuovi complici il disonore senza scampo del suicidio prima di salpare verso nuove avventure. E qui veniamo al nodo focale di una rappresentazione, giustamente accolta da grandi applausi. Perché se la messinscena è impeccabile e del cast, ad eccezione della mediocre prova di Giovanni Crippa, non si può dire che bene, le cose cambiano quando ci si accorge con rammarico che il regista ha scambiato - per sua stessa ammissione - l’amarissimo doppio fondo di un testo che gioca a rimpiattino con l’idea della dissoluzione fisica e psichica dell’umanità per una commedia di Ernst Lubitsch. Che, nei suoi film, giocava con levità da biscuit sui qui pro quo di una seduzione amorosa del tutto aliena dai giochi mortali del Capitale. Ne è derivato uno squilibrio di fondo nel doppio maschile Popolizio-De Francovich agìto con una perizia da manuale ma acceso solo a tratti dal pathos tragico che traligna dalle squisite righe di Broch. A tutto vantaggio dell’acidula figurina sbozzata con estro da Pia Lanciotti e dell’inesauribile verve di Anna Bonaiuto che per fortuna fanno di tutto per farci dimenticare l’algebra.INVENTATO DI SANA PIANTA - di Herman Broch Piccolo Teatro di Milano. Regia di Luca Ronconi. Al Teatro Grassi fino al 5 aprile.

Enrico Groppali

Ultima modifica il Domenica, 11 Agosto 2013 09:30

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