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ILIADE - regia Maria Grazia Cipriani

Iliade Iliade Regia Maria Grazia Cipriani

da Omero
adattamento e regia Maria Grazia Cipriani
scene e costumi Graziano Gregori
suono Hubert Westkemper
con Giovanni Balzaretti, Elena Nenè Barini, Nicolò Belliti, Andrea Jonathan Bertolai, Elsa Bossi, Fabio Pappacena, Giacomo Pecchia, Antonio Pomponio, Giacomo Vezzani
produzione Teatro del Carretto
Teatro del Giglio, Lucca, venerdì 8 novembre 2013

www.Sipario.it, 9 novembre 2013

Un trentennale di carriera teatrale è un motivo più che sufficiente per giustificare la scelta di riproporre uno spettacolo del passato. E nell'operazione compiuta da Maria Grazia Cipriani e Graziano Gregori, i due fondatori del Teatro del Carretto, non c'è nulla della corriva speculazione che inquina spesso tali rivisitazioni autocelebrative. C'è piuttosto il desiderio genuino di ritornare su una pietra miliare del proprio repertorio (il repertorio, questo sconosciuto!, dirà qualcuno, meditando sulla coercitiva richiesta di novità che assilla il teatro di prosa nostrano); è il desiderio, urgente quanto ambizioso, che ogni artista più o meno segretamente coltiva: ritrovare l'esaltazione creativa che condusse agli esiti più alti, riuscendo, perché no?, a emendare vecchi errori.
Dopo un'anteprima a Cascina e il debutto di ottobre al Petruzzelli di Bari, la compagnia arriva nella natia Lucca allestendo un set imponente, carico di doppifondi illusionistici e attrezzerie manovrabili. Vista oggi, l'Iliade che nel 1988 ebbe tra i suoi numerosi ed entusiasti ammiratori pure Vittorio Gassman, sorprende proprio per la genuina artigianalità e l'opulenza visiva. Un contrasto di universi, di proporzioni, di taglie, di simboli, in cui l'artificioso e l'artificiale convivono e fanno convivere mezzi scenici destinati a incarnare sentimenti archetipici. Gli dèi ridotti a bambolotti chioccianti, o fanciulli stizzosi, sono una delle idee più potenti, così come lo scontro all'ultimo sangue tra combattenti deformati.
Va da sé che un'architettura poetica tanto complessa non poteva che essere sezionata, stralciata. Dopo l'essiccazione drammaturgica restano ampi nuclei narrativi; quasi del tutto escluse le vicende sentimentali, è invece in rilievo la vicenda di Patroclo, ucciso da Ettore (Giovanni Balzaretti, unico superstite del cast del 1988) e poi vendicato da Achille. Si tratta di una selezione chiara, di cui si intuisce la logica. Allo stesso modo, la scelta della più nobile delle traduzioni, quella versificata da Vincenzo Monti (incubo di generazioni di liceali), tutta elisioni e vetuste particelle enclitiche, è parte dell'approccio estetizzante adottato dal Carretto. In altre parole, la questione dell'"agibilità" del linguaggio, qui scomodissima per l'alterità e lontananza del testo omerico, è risolta percorrendo la strada che conduce alla rappresentazione di una sconcertante pulsione di morte, che non tradisce il senso più puro dell'eroismo come volevano intenderlo i Greci (si rileggano le pagine di Momigliano sulla "naturalità" della guerra presso gli antichi) e come si è salvato forse solo nel teatro tragico giapponese, cui questa Iliade a volte sembra avvicinarsi. Si spiegano così anche gli esaltanti virtuosismi stereofonici predisposti da Hubert Westkemper come una vera e propria suite rumoristica composta da voci registrate e suoni concreti; il disegno luci raffinatissimo, che sferza i colori bruni del legno e degli scudi con fendenti dorati; e il gusto per il fermo immagine, per le pose statiche, che pronunciano non parole bensì masse muscolari. All'unica donna in scena, Elsa Bossi nel ruolo di Andromaca piangente il marito e il figlio uccisi, è lasciato lo straziante commiato finale, salutato da un lungo applauso.
Il libretto di sala, utile quanto piacevole da sfogliare (attributi assai rari, come sa chiunque frequenti i foyer) è una benemerenza in più: il merito va attribuito a un'agguerrita truppa di studenti lucchesi e pisani.

Carlo Titomanlio

Ultima modifica il Sabato, 09 Novembre 2013 18:38

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