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LULU - regia Robert Wilson

Lulu Lulu Regia Robert Wilson

di Frank Wedekind
Regia, ideazione scene e luci di Robert Wilson
Musiche e canzoni di Lou Reed. Costumi di Jacques Reynaud. Compilazione testi e drammaturgia di Jutta Ferbers
Con Angela Winkler. Anke Engelsmann, Jürgen Holtz, Georgios Tsivanoglou, Ulrich Brandhoff, Alexander Lang, Markus Gertken, Marko Schmidt, Alexander Ebeert, Boris Jacoby, Jörg Thieme, Sabin Tambrea, Ruth Glöss
Prod.: Berliner Ensemble in collaborazione con Change Performing Arts.
Teatro Nuovo 5-6-7 luglio 2012. Spoleto55- Festival dei due Mondi

www.Sipario.it, 6 luglio 2012

E' una Lulu glaciale quella che Bob Wilson ha presentato al Teatro Nuovo di Spoleto nella 55ª edizione del Festival dei due Mondi, diretta sempre da Giorgio Ferrara. Una Lulu funerea, più vicina a quelle figure femminili dipinte da Delvaux e Bonnard che allo stereotipo con frangettone nero di Louise Brooks immortalato da Pabst nel suo film omonimo e che ha ispirato poi la Valentina di Crepax nelle strips su Linus. Una Lulu immutabile, avvolta nei suoi lunghi abiti liberty, faccia infarinata, sorriso appena accennato, pesante trucco (come tutto il cast alla maniera di Grosz e Dix), permanente ai capelli biondi plissettati sul capo, che all'inizio del secondo tempo appare da sola lungo un viale in fuga di cipressi cimiteriali con un sfilza di lampadari a gocce di cristallo che pendono spenti dall'alto, quasi una Gloria Swanson sul Viale del tramonto che aspetta solo d'essere pugnalata dal suo Jack lo Squartatore, interpretato da Sabin Tambrea lucido nella sua mise nera, capelli biondi scolpiti e impomatati, segaligno come un giunco, somigliante alla rockstar David Bowie, con in mano un pezzo di qualcosa e non una luccicante lama nera. Una Lulu che nella sua discesa agli inferi manifesta un amore di ghiaccio nei confronti di chi l'attornia e cerca d'averla (invano) tutta per se. E' una Lulu pure in bianco e nero, un omaggio forse di Wilson a quel periodo aureo del cinema muto quando la mancanza del sonoro veniva compensata da una mimica ben studiata dai protagonisti e gli sguardi e l'espressività del viso veniva amplificata con effetti grotteschi e il colore era ancora lì da venire. A differenza di tanti altri spettacoli di Wilson in cui la luce è l'elemento essenziale e i fondali s'impregnano di tutti colori dell'iride, qui i protagonisti si muovono su spazi astratti e/o stilizzati, ricchi di segmenti di freddo neon e di spot sparsi sulla scena, da ritrovarsi in alcuni momenti come all'interno di set cinematografici o teatrali che tendono a diventare per un istante rosso-fuoco, il medesimo colore che violentemente si staglia sul viso e il corpo della protagonista, in netto contrasto con i lunghi guanti verdi che le fasciano le braccia. Come già avvenuto per L'opera da tre soldi di Brecht e per Shakespeare's Sonette, Wilson dirige ancora una volta i formidabili attori del Berliner Ensemble, alcuni vere glorie del passato (come il "servo di scena" Ruth Glöss che ha recitato con Brecht) e rivisita un altro capolavoro dell'espressionismo tedesco, la Lulu appunto, avendo come collaboratori fidati il costumista Jacques Reynaud e il musicista Lou Reed, le cui composizioni in stile rock-camp vengono eseguite dal vivo da un quintetto di musicisti affiatati. Il risultato, come è nello stile di Wilson, è sempre di alto livello visivo, anche se s'intravede una certa ripetitività stilistica, forse una certa stanchezza nell'individuare espedienti scenici nuovi. Qui il personaggio della Lulu è vestito da una grande Angela Winkler che incarna l'archetipo violento della femminilità ma anche quello di donna contemporanea che anela alla libertà di essere libera. La sua vita sin da bambina orfana, rivela un carattere libertario e libertino che attiene al Teatro delle marionette e del Circo. Forme ossessive, come è noto, che percorrono tutta l'arte del '900. Lulu è l'icona della sessualità estrema. Nello stesso tempo è una sacra puttana e una donna antica che trascina con sé nella distruzione un corteo variegato di uomini, anche se il vero soggetto della distruzione è lei stessa, un po' quello che accade alla Lupa del Verga, alla Maria del Woyzeck di Büchner, alla Carmen di Bizet-Merimeé. Questa donna che non conosce ostacoli nel procacciarsi tutto quello che vuole, finisce poi miseramente accoltellata da un serial killer londinese, il terribile Jack, che nella prima rappresentazione del 1905 era interpretato dallo stesso Wedekind e i panni di Lulu erano vestiti da Tilly Newes diventata poi sua moglie e la sua attrice preferita. Quasi tre ore di spettacolo con intervallo salutati alla fine da applausi interminabili.-

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Sabato, 21 Settembre 2013 08:15

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