di Fedor Dostoevskij
Regia: Daniela Ardini
Scene: Giorgio Panni e Giacomo Rigalza
Interpreti: Vittorio Ristagno e Beatrice Rossi
Coreografie: Patrizia Genitoni
Produzione: Lunaria Teatro
Genova, Chiostro di San Matteo, giovedì 4 e sabato 6 agosto 2016
La scelta di portare in scena uno spettacolo come La mite, scritto da Dostoevskij nel 1876, ma ancora di stretta attualità, porta all'attenzione del pubblico la sensibilità delle scelte artistiche della Lunaria Teatro e della brava regista Daniela Ardini. Nell'evocativo chiostro della chiesa genovese di San Matteo, luogo scelto in risposta a precise indicazioni scenografiche, l'attore Vittorio Ristagno e la danzatrice Beatrice Rossi mettono in scena il flusso di coscienza (così lo definisce la stessa Ardini) di un arido proprietario di un banco dei pegni. Quest'ultimo riflette sul rapporto con la giovane moglie. Alla danza di Beatrice Rossi è affidato il compito di portare in scena gli interventi assenti nel testo originale. Ed è la danza a portare in scena il disagio della giovane sposa che traspare dalle parole dell'uomo. Attore e danzatrice si muovono in una scenografia volutamente essenziale, costituita da un tavolo e alcune seggiole di gusto nobile, a denotare lo sfarzo e l'apparenza che si rivelano incapaci di compensare una povertà interiore. La scena presenta inoltre diverse icone sacre, che attore e danzatrice muovono e alla quale sembrano chiedere un sostegno che fatalmente non arriverà mai. Ristagno è interprete di grande esperienza. Lo spettacolo mette ancora più in rilievo la sua grande capacità di interpretazione e concentrazione nel calarsi in un personaggio sul quale si richiude il senso dell'inadeguatezza, dell'autoassoluzione e del dramma. L'attore riesce a dare vita ad un uomo freddo, sadico, anche se non sa di esserlo. Sebbene il proprietario del banco dei pegni sia consapevole del rapporto di disuguaglianza esistente tra lui e la moglie, è incapace di amare oltre il suo egoismo. Pur sapendo che è la moglie a pagare il prezzo delle umiliazioni patite, non se ne cura. Molto brava è Beatrice Rossi, vera incantatrice incantata, capace di esprimere il dissidio di un personaggio dal cuore dolente. Malauguratamente i due registri, recitato e danzato, non dialogano né si compenetrano quanto il testo scenico prevede: attore e danzatrice, vestita di veli bianchi quasi fosse già uno spirito tormentato, mettono in scena fondamentalmente due rappresentazioni distinte. Gabriele Benelli